Pietro Tatarella si dice “innocente” ma lascia il suo posto in Consiglio comunale a Milano. “Le contestazioni che mi sono state mosse sono infondate, ma ho deciso di dimettermi”, sono le sue parole, affidate al legale, l’avvocato Luigi Giuliano. L’ex vice coordinatore regionale di Forza Italia (sospeso ieri) e candidato alle Europee arrestato nella maxi inchiesta della Dda milanese con al centro tangenti, appalti pilotati e finanziamenti illeciti in Lombardia, è detenuto nel carcere di Opera dove nell’interrogatorio davanti al gip ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere per potere analizzare, come ha chiarito il legale, tutti gli atti. Come lui, anche tutti gli altri indagati finora interrogati non hanno risposte alla domande del giudice per le indagini preliminari di Milano, Raffaella Mascarino.

Ha scelto il silenzio anche Gioacchino Caianiello, l’ex coordinatore provinciale di Forza Italia a Varese, difeso dal legale Tiberio Massironi. Nell’ordinanza cautelare del gip è definito il “burattinaio” del sistema di corruzione, a capo di un vero e proprio “sistema feudale in cui tutte le scelte della politica nel Varesotto, ma anche in Regione, passano da lui. Nei primi interrogatori di stamani nel carcere milanese di San Vittore, quattro degli altri indagati finiti in carcere hanno deciso di non rispondere. Tra loro Alessandro Petrone, ormai ex assessore all’Urbanistica ed Ambiente del Comune di Gallarate (Varese) e ritenuto il “braccio destro di Caianiello, sul versante amministrativo ed istituzionale del Comune di Gallarate”. Poi Piermichele Miano, un professionista anche lui legato a Caianiello, Leonida Paggiaro, ritenuto nell’indagine uno dei corruttori soprattutto in relazione ad un ‘piano di governo del territorio’, e Alessandro Crescenti, accusato di corruzione e figurante nelle imputazioni assieme a Caianiello. Anche loro tre hanno scelto di non rispondere al gip, così come l’ex assessore di Gallarate Petrone che dopo l’arresto ha rimesso le deleghe.

IL DISOBBEDIENTE

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