“Qua la processione non cammina, la cera si consuma e la processione non cammina”. È il 16 marzo dello scorso anno quando Luigi Patimo, country manager della multinazionale spagnola Acciona Agua e fino a ottobre socio del sottosegretario leghista Armando Siri, telefona a Fabio Altitonante per sollecitare un nuovo intervento del consigliere regionale di Forza Italia per sbloccare la pratica edilizia della casa di sua moglie incagliata negli uffici del Comune di Milano. Un mese prima – secondo la procura guidata da Francesco Greco che ha chiesto e ottenuto i domiciliari per entrambi nell’ambito dell’inchiesta su tangenti e appalti in Lombardia – Patimo aveva finanziato con fini illeciti la campagna elettorale del candidato di Forza Italia al Pirellone. E quindi passa all’incasso: quei 20mila euro messi a disposizione dell’ex assessore regionale devono portare al via libera per i “permessi a costruire” nel bel villino di 11 vani “sottoposto a vincoli paesaggistici” acquistato da sua moglie nel giugno 2017 nei pressi di piazza Piemonte.

Dall’ex socio di Siri soldi per “fini di basso livello”
Una “dazione” la definisce il gip del Tribunale di Milano, Raffaella Mascarino, “strumentale a fini di ben più basso livello”. I soldi erano stati anticipati, attraverso 4 bonifici, da persone vicine all’imprenditore Daniele D’Alfonso, l’uomo che sfruttava la “rete” del consigliere comunale Pietro Tatarella per accreditarsi in ambito politico regionale e nel caso specifico interessato ad aprire un canale con Acciona Agua per le sue aziende. Della multinazionale attiva nel settore idraulico, Patimo è il numero uno in Italia. Barese, classe ’71, non è la prima volta che il manager finisce nel mirino degli inquirenti: come raccontato da Il Fatto Quotidiano negli scorsi giorni, è indagato dalla procura di Reggio Calabria per corruzione. Fino allo scorso 8 ottobre era in affari con Siri nella Profilo Srl, azienda creata nel 2004 di cui il sottosegretario e il manager avevano entrambi il 33,3 per cento di quote.

La “formidabile arma” di D’Alfonso
Adesso, per colpa della villa acquistata da sua moglie, l’ex socio del sottosegretario leghista è finito ai domiciliari. La vicenda dell’immobile occupa una corposa parte dell’ordinanza di custodia cautelare ed offre uno spaccato della capacità di penetrazione di Altitotante nella macchina amministrativa. In questo caso, del Comune di Milano. E allo stesso tempo tratteggia anche come D’Alfonso, anticipando i soldi per i presunti finanziamenti illeciti, aveva “in mano una formidabile arma” nei confronti sia Patimo, che gli era debitore, che di Altotante, “essendosi prestato ad eseguire le richieste del suo mandatario elettorale”, ovvero il consigliere comunale Tatarella.

“Fino al finanziamento, pratica sempre rigettata”
La vicenda inizia il 16 febbraio 2018, quando D’Alfonso – si legge nell’ordinanza – effettua 4 bonifici da 5mila euro per mezzo di quattro persone a lui vicine a favore di Altitonante. Finanziamenti, specifica il gip, che “venivano sollecitati con ansia dal Tatarella, servivano per pagare la spedizione dei bancali di materiale propagandistico utilizzato da Altitonante durante la campagna elettorale”. Tempo prima, ripercorre il giudice per le indagini preliminare, Patimo “ha presentato una domanda volta ad ottenere il permesso di procedere alla ristrutturazione di un immobile ad uso abitativo insistente su zona sottoposta a vincolo paesaggistico”. Ma la sua richiesta “era stata in passato reiteratamente rigettata”.

“Abuso d’ufficio” per 2 dipendenti del Comune
In virtù di quei 20mila euro intascati a febbraio, Altitonante – che dal 2006 al 2011 è stato componente della Commissione urbanistica del Comune – “non mostra alcuna remora ad esercitare reiterate pressioni” sui dirigenti di quel Dipartimento “per sbloccare la pratica del suo finanziatore” anche “al costo di compiere atti contrari ai doveri d’ufficio”. È per questo che contatta il dirigente della Direzione Urbanistica di Palazzo Marino, Franco Zinna, indagato per abuso d’ufficio con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria assieme a una dipendente del suo dipartimento Maria Rosaria Coccia, che era il tecnico addetto all’istruttoria della pratica per la villa della moglie del country manager di Acciona Agua. Entrambi finiranno in “rapporti privilegiati” con Patimo, che discute al telefono e negli uffici del Comune della sua pratica direttamente con loro grazie alla “mediazione” di Altitonante. Coccia, scrive il gip, “è perfettamente consapevole dell’anomala gestione della pratica” e della “violazione delle regole di trasparenza e, soprattutto, di imparzialità” determinati dai “contatti informali” tra Zinna e Patimo. Nonostante ciò “si mette a disposizione” ma “consapevole della scorrettezza dell’intera procedura cerca di essere quanto più possibile cauta e accorta”.

“Responsabile del procedimento tenuto all’oscuro”
Allo stesso tempo, però, appare ad avviso del giudice molto disponibile: “Analizzando le conversazioni intercorse tra Patimo e la Coccia si ha l’impressione di assistere ad un dialogo tra un dirigente ed una propria dipendente particolarmente solerte e tranquillizzante: nessuno, leggendo il tenore testuale dei dialoghi e dei messaggi scambiati, potrebbe pensare che gli interlocutori sono, in realtà, l’aspirante all’accoglimento di una pratica urbanistica ed il tecnico incaricato per seguire il progetto”. Evidentemente, si legge ancora nell’ordinanza, le direttive impartite dal dirigente Zinna alla sua sottoposta “sono state estremamente stringenti e sono state nel senso di “dedicare” l’attività della dipendente comunale alla trattazione della pratica di Patimo, con l’accortezza di tenere all’oscuro di questo canale privilegiato l’architetto Ceriani, responsabile del procedimento”.

“Macroscopiche violazioni, ma dirigente si piegò”
L’iter proseguirà non senza intoppi fino allo scorso gennaio, a causa di alcuni ‘errori’ dell’ingegnere incaricato da Patimo. Ad ogni lamentela del manager con Altitonante, il consigliere contatta Zinna per sollecitarlo, come si evince dalle decine di intercettazioni riportate nell’ordinanza. Nel corso dei mesi, è “evidente” la “consapevolezza” dei dipendenti del Comune di “recare, con il loro operato, un vantaggio ingiusto a Patimo (e alla di lui consorte)”. Zinna, sottolinea il gip, “dal canto suo, se ad un certo punto si rende conto delle macroscopiche violazioni di legge” che “l’iter della pratica implica e, addirittura, dei falsi documentali che sono stati commessi dal professionista incaricato dai privati e dalla stessa” moglie di Patimo (che fa il notaio) “non solo omette di fare rapporto, come la legge gli impone” ma “si piega alle ennesime sollecitazioni” di Altitonante “conducendo la pratica in porto”.

Twitter: @andtundo

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