La Commissione Ue taglia ancora le stime di crescita dell’Italia: nel 2019 il Pil cresce dello 0,1% e nel 2020 dello 0,7%. Nelle stime di febbraio erano rispettivamente 0,2 e 0,8%. “La crescita sommessa e l’allentamento di bilancio intaccheranno i conti pubblici, con deficit e debito che saliranno fortemente“, avvertono i tecnici di Bruxelles nelle previsioni economiche sull’Italia. Nella nuova stima il deficit sale a 2,5% nel 2019 e 3,5% nel 2020 (stima che non comprende l’eventuale aumento dell’Iva). Il debito invece schizza a 133,7% quest’anno e 135,2% il prossimo. Mentre la previsione sul disavanzo è in linea con quella del ministero dell’Economia nel Def (2,4% del Pil), la stima sul debito è molto più alta: il governo lo prevede al 132,6 per cento del Pil.

Le previsioni di primavera della Commissione hanno rivisto al ribasso anche il pil dell’intera eurozona, all’1,2% per il 2019 dal precedente 1,3. Alle difficoltà italiane si uniscono quelle della Germania – crescita 2019 prevista allo 0,5%, la seconda più bassa dopo la nostra – che soffre “i problemi specifici dell’industria dell’auto“. “I rischi” per l’economia europea “restano pronunciati“, con “l’ulteriore escalation dei conflitti commerciali e la debolezza dei mercati emergenti, in particolare la Cina“, è  il monito lanciato dal vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis. Sul fronte interno, invece, “dobbiamo stare attenti a una possibile Brexit senza accordo, all’incertezza politica e un possibile ritorno del circolo vizioso banche-debito sovrano“.

La crescita italiana è “molto contenuta” e ha “incidenza su conti. Ma non è oggi che parleremo del rispetto” del Patto di stabilità, ha detto il commissario Ue Pierre Moscovici. “Bisognerà tornarci su, ma la Commissione valuterà la conformità col Patto nel pacchetto di primavera pubblicato a giugno, e terremo conto anche dei risultati 2018 così come il programma di riforme presentato il mese scorso”. Bruxelles ha “avviato colloqui con il Governo, e in particolare con il ministro dell’economia, perché è importante, prima di avere una valutazione, avere una visione comune”. All’inizio di giugno la stessa Commissione europea dovrebbe pubblicare come ogni anno nuove raccomandazioni-paese. L’Italia è a rischio di procedura per debito eccessivo. Tuttavia, le prossime elezioni Europee e l’avvicinarsi della fine del mandato della Commissione Juncker lasciano presagire che Bruxelles vorrà essere cauta.

Le previsioni sul Pil dell’Ue “corrispondono alle previsioni già fatte nel nostro Def, quindi ce l’aspettavamo, mi pare che saranno confermate. Tengo anche presente che non si è tenuto conto, perché sono state chiuse prima, dei dati del primo trimestre del Pil italiano che non erano negativi“, ha detto il ministro dell’Economia, Giovanni Tria a margine del forum di Parigi. Per quel che riguarda le stime sul deficit della Commissione, “mi sembra che più che una previsione economica sia una previsione politica – ha aggiunto – Ma in ogni caso non drammatizzerei”.

Italia ultima per crescita, investimenti e occupazione
“La debolezza”, frutto della “contrazione” dello scorso semestre, “lascerà il passo a una tenue ripresa“, scrive la Commissione europea. I consumi dovrebbero essere aiutati dal reddito di cittadinanza, ma il “mercato del lavoro che si deteriora” danneggerà la spesa dei consumatori che tenderanno a risparmiare. L’Italia si attesta così come ultima in Ue per crescita, investimenti e occupazione, secondo le previsione economiche di Bruxelles. Nel 2019 si conferma fanalino di coda con il suo Pil a 0,1%, seguita dalla Germania (0,5%). E’ anche l’unico Paese Ue dove gli investimenti sono negativi: -0,3% sull’anno precedente. Anche se risalgono nel 2020, resta comunque ultima con un aumento di 0,9%. La media dell’eurozona è di 2,3%. Anche l’occupazione è negativa nel 2019 (-0,1%), unico segno meno in Ue.

“E’ improbabile che il mercato del lavoro sfuggirà all’impatto dell’economia stagnante, come indicano le sommesse aspettative di impiego delle imprese. Ci si aspetta che la crescita dell’occupazione si arresterà nel 2019″, mentre la disoccupazione sale all’11% “visto che è probabile che il reddito di cittadinanza indurrà più persone ad iscriversi nelle liste di disoccupazione e quindi ad essere contate come forza lavoro”, scrive la Commissione Ue. Un effetto voluto, come ha spiegato Pasquale Tridico, da marzo presidente Inps, in un’intervista al Fatto Quotidiano: “Aumenta il numero di lavoratori attivi che cercano un posto, diminuiscono gli inattivi, cresce il Pil potenziale, aumenta il cosiddetto output gap e, sulla base delle attuali regole contabili europee, aumenta lo spazio di manovra fiscale per il prossimo anno, nel 2020″.

“Nel 2019 – scrivono i tecnici di Bruxelles – il disavanzo dovrebbe aumentare principalmente a causa del rallentamento della crescita economica”. In particolare, si prevede che “l’andamento debole del mercato del lavoro ridurrà sostanzialmente i ricavi dalle imposte dirette. Questi ultimi sono ridotti anche dall’impatto differito delle misure fiscali passate. Tali sviluppi saranno solo parzialmente compensati da diversi cambiamenti nel regime fiscale introdotti dal bilancio 2019, che dovrebbe fornire un sostegno temporaneo per le entrate”, sostiene la Commissione. “La spesa pubblica aumenterà in modo significativo” invece per via dell’introduzione del reddito di cittadinanza e di Quota 100. “L’impatto ritardato dei nuovi regimi fiscali attuati nel 2019, l’aumento dei fondi per gli investimenti pubblici e la spesa aggiuntiva per reddito e pensioni dovrebbero essere solo marginalmente compensati da disposizioni rafforzate contro l’evasione fiscale e proventi temporanei dovuti da una nuova sanatoria fiscale”, conclude la Commissione.

Frena ancora la crescita dell’eurozona
Sui paesi dell’eurozona “continuano a pesare le incertezze globali” con il “recente rallentamento della crescita e del commercio” mondiale. Le previsioni economiche di primavera hanno rivisto al ribasso il pil dell’eurozona, all’1,2% per il 2019 dall’1,3% delle stime di febbraio e all’1,5% per l’Ue dal precedente 1,6%. “Dato che il commercio e la crescita globali si prevede restino più deboli quest’anno e il prossimo rispetto al rapido ritmo visto nel 2017, la crescita economica in Europa si appoggerà interamente sull’attività interna“. Anche perché, avverte Bruxelles, “la continua debolezza del settore manifatturiero gioca ugualmente un ruolo, soprattutto in quei Paesi che incontrano problemi specifici nell’industria auto“, come la Germania.

Le difficoltà della Germania: penultima dopo italia
Il crollo del Pil tedesco, che nel 2019 con lo 0,5% sarà il secondo più basso dell’Ue dopo lo 0,1% dell’Italia, porterà a una significativa riduzione del criticato avanzo strutturale dei conti pubblici della Germania, che sarà tagliato dall’1,7% del 2018 all’1% nel 2019 e allo 0,8% nel 2020. È quanto emerge dalle previsioni economiche di primavera, in cui si evidenzia anche il ruolo delle politiche fiscali di Berlino “moderatamente espansive”. Il brusco arresto del Pil tedesco, spiega Bruxelles, è dovuto al “forte impatto” della crisi del settore auto nazionale, ora “a un punto morto” dopo lo scandalo del Dieselgate, e alla ‘guerra dei dazi‘ a livello di commercio globale, dove il “protezionismo crescente” ha colpito “in modo disproporzionato” l’economia tedesca basata sull’export, con la sua “apertura e struttura industriale”. Solo grazie al “ruolo importante giocato dalla domanda interna” nello stabilizzare la crescita nel 2018, insieme all’aumento del potere d’acquisto delle famiglie, dei consumi e degli investimenti, la Germania ha potuto “evitare una recessione tecnica“.

In Europa calano disoccupazione e debito pubblico
Disoccupazione e debito pubblico continuano a calare nell’eurozona e nell’Ue nonostante il rallentamento della crescita. Il tasso scenderà nei 19 al 7,7% nel 2019 e al 7,3% nel 2020, ossia un livello inferiore a quello pre-crisi, mentre nell’Ue a 6,5% e poi 6,2%, dove già oggi è ai minimi storici. Anche il debito pubblico continua la sua discesa nel complesso di eurozona e Ue, rispettivamente a 85,8% e 80,2% nel 2019. L’inflazione resta invece debole, 1,4% per 2019-2020.

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