Blindati dell’esercito di Caracas lanciati contro i manifestanti pro-Guaidò, a Caracas, dopo una giornata di scontri tra le forze governative e i ribelli fedeli al presidente dell’Assemblea nazionale che dalla base militare di La Carlota, dove è asserragliato, ha chiamato la Nazione a rivoltarsi contro il regime di Nicolas Maduro. Nel video diffuso dalla Bbc, si vedono i mezzi antisommossa che si lanciano contro la folla travolgendo le persone, alcune delle quali rimangono a terra. Il Centro sanitario ‘Salud Chacao‘ ha reso noto via Twitter che “l’attività repressiva delle manifestazioni” che sono in corso nella capitale ha per il momento un bilancio di 37 feriti. Da parte sua l’ong ‘Foro Penal‘ ha comunicato di aver appreso dell’arresto oggi di “almeno undici persone”.

Il governo aveva annunciato già in mattinata di aver intrapreso azioni contro un gruppo di militari traditori, dopo che Guaidò aveva chiesto a militari e società civile di mobilitarsi per la “cessazione definitiva dell’usurpazione”: i comandanti di tutte le aree territoriali del Paese “mi hanno espresso la loro totale lealtà nei confronti del Popolo, della Costituzione e della Patria. Vinceremo”, aveva dichiarato Maduro.

Fino alle 12 di martedì, le 18 italiane, si erano registrati solo alcuni spari e lancio di lacrimogeni a cui avevano risposto i soldati schierati con l’autoproclamato presidente ad interim, che indossano un fazzoletto blu a copertura del viso, e alcuni manifestanti con lancio di pietre. Il ministro della Difesa, generale Vladimir Padrino Lopez, aveva assicurato che nelle basi “la situazione è sotto controllo”, anche se poi, durante un collegamento tv, ha dichiarato: “Se dovremo usare le armi, le useremo“, aggiungendo che Guaidò sarà “responsabile” di “tutti i morti che ci saranno. Qui si stanno cercando i morti, lo spargimento di sangue nelle strade di Caracas, ma nel resto del paese tutto è nella completa normalità”. Intanto, Guaidò su Twitter ha annunciato che la rivolta non si fermerà fino a quando non sarà rovesciato il governo Maduro: “L’Operazione Libertà è cominciata, resisteremo fino a quando non avremo un Venezuela libero. Abbiamo parlato con i nostri alleati della comunità internazionale, abbiamo il loro sostegno in questo processo irreversibile per cambiare il nostro paese”.

All’alba l’inizio degli scontri – Quello che Maduro ha immediatamente definito “un tentativo di golpe” è iniziato all’alba, quando Guaidó ha ordinato ai propri uomini e ottenuto la liberazione dello storico oppositore del regime, Leopoldo Lopez, dopo aver esortato militari e popolazione civile a scendere in strada. Intanto, Facebook e Twitter sono stati bloccati in tutto il paese. Il comandante della base de La Carlota, il generale Alexis Rodriguez Cabello, ha anche dichiarato in tv che la presenza di alcuni membri della Forza armata nazionale bolivariana (Fanb) con Guaidò “è stata il frutto di un inganno. Hanno fatto credere ad alcuni militari di rango minore che sarebbero usciti per una missione speciale“. Molti di essi, sostiene il generale, “quando hanno visto la realtà sono rientrati nella base aerea”. Nessuna altra zona della città o del Paese è al momento interessata da scontri. 

Poco dopo l’annuncio di Guaidò, il ministro della Comunicazione di Maduro, Jorge Rodriguez, ha twittato: “Informiamo il popolo del Venezuela che in questi momenti stiamo affrontando e sconfiggendo un ridotto gruppo di militari traditori che sono posizionati nel distributore Altamira (uno svincolo di accesso alla città che si trova vicino alla base militare di La Carlota, ndr) per condurre un colpo di stato contro la Costituzione e la pace della Repubblica”. E ha poi aggiunto: “A questo tentativo si è unita l’ultradestra golpista e assassina, che ha annunciato la sua agenda violenta da mesi. Chiediamo al popolo di mantenersi in allerta massima per sconfiggere il tentativo di golpe e tutelare la pace. Vinceremo”.

Subito dopo, i militari di Maduro hanno dato inizio all’azione contro i ribelli del regime, lanciando gas lacrimogeni contro i manifestanti concentrati vicino alla base aerea di La Carlota. Secondo i media ufficiali, un gruppo ha cercato di penetrare nella base militare, ma l’operazione non avrebbe avuto successo. Alcuni manifestanti si sono impadroniti di due autoblindo che hanno messo di traverso sulla strada.

Il ministro della Difesa, però, cerca di trasmettere calma tra la popolazione comunicando che “tutte le unità militari dispiegate” in Venezuela “riferiscono normalità nelle sedi e basi militari”. Sul fatto che alcuni dei militari siano passati tra le fila di Guaidò, Lopez ha dichiarato che si tratta di “alcuni codardi. Resteremo fermi in difesa dell’ordine costituzionale e della pace della Repubblica, assistiti come siamo da legge, ragione e storia. Leali sempre, traditori mai

Le reazioni internazionali – La nuova tensione nel Paese è finita anche sulla scrivania di Vladimir Putin che ha discusso della situazione con il Consiglio di sicurezza russo, come riferisce il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. “Grande attenzione – ha detto – è stata prestata alla situazione in Venezuela alla luce delle notizie in arrivo di un tentativo di colpo di Stato nel Paese”. La Russia era stata criticata dagli Stati che hanno manifestato il proprio appoggio a Guaidò, compresi gli Usa, per il suo sostegno a Maduro e la scelta di inviare gli aerei di Mosca, con un centinaio di militari e 35 tonnellate di materiali a bordo, all’aeroporto Maquetià, poco fuori Caracas. Gli specialisti militari russi di stanza in Venezuela, però, non interverranno negli eventi in corso a Caracas, ha dichiarato l’ambasciata russa nel Paese sentita da Interfax: “Non sono il tipo di militari che conducono azioni di combattimento”, hanno specificato.

Anche la Casa Bianca sta “monitorando la situazione in corso”, ha comunicato la portavoce Sarah Sanders. Il segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, ha poi ribadito l’appoggio americano all’operazione lanciata dal presidente dell’Assemblea: “Oggi il presidente ad interim, Juan Guaidò, ha annunciato l’inizio dell’Operazione libertà. Il governo degli Stati Uniti appoggia pienamente il popolo venezuelano nella sua ricerca di libertà e democrazia. La democrazia non può essere sconfitta. #EstamosUnidosVE”. John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha dichiarato che quello in corso in Venezuela non è un colpo di stato ma è un tentativo di Guaidò, come presidente legittimo, di prendere il controllo del Paese.

L’agenzia Reuters riferisce sul proprio sito che Erik Prince, fondatore della Blackwater e influente sostenitore di Trump – ha predisposto un piano per schierare 5mila mercenari a fianco di Guaidò e rovesciareMaduro. Prince da tempo sta cercando investitori e sostegno politico tra le file dei supporter di Trump e i venezuelani in esilio. Ha avuto incontri in Europa e Stati Uniti, alcuni solo poche settimane fa.

Il primo parziale dietrofront tra i sostenitori di Guaidò è stato compiuto dalla Spagna, tra i primi Paesi a riconoscerlo come presidente ad interim. “Non appoggeremo un colpo di Stato in Venezuela”, ha detto la portavoce di Pedro Sanchez, Isabel Celaa. L’appello del leader dell’opposizione venezuelano a una rivolta delle forze armate non è piaciuto a Madrid che ha invitato a “evitare uno spargimento di sangue”: “Sosteniamo un processo democratico pacifico” e chiediamo “l’immediata convocazione delle elezioni”, ha concluso Celaa.

Numerose anche le dichiarazioni di appoggio a Guaidò, a partire da Luis Almagro, segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani, che su Twitter ha scritto di essere felice per “l’adesione dei militari alla Costituzione e al presidente incaricato del Venezuela, Juan Guaido. È necessario il massimo appoggio al processo di transizione democratica in forma pacifica”.

Anche il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha scritto sul social network che “oggi, il 30 aprile, segna un momento storico per il ritorno della democrazia e della libertà in Venezuela, che il Parlamento europeo ha sempre appoggiato. La liberazione del premio Sacharov, Leopoldo Lopez, dai militari nel rispetto della Costituzione è una gran notizia”.

Alessandro Di Battista ha invece lanciato un appello ai paesi europei: “Evitino di appoggiare l’ennesimo tentativo di golpe in Venezuela – ha dichiarato – Lo schema è sempre lo stesso: chi nazionalizza l’industria petrolifera diventa il nemico numero uno delle multinazionali del petrolio straniere. È successo in Libia e oggi succede in Venezuela”.

Dalla parte del presidente venezuelano si è schierato il suo omologo boliviano, Evo Morales, che ha espresso appoggio a Nicolas Maduro di fronte a quello che ha definito “un tentativo di colpo di Stato”. “Condanniamo energicamente il tentato colpo di Stato in Venezuela da parte della destra che risponde a interessi stranieri”, ha scritto Morales sul suo account Twitter. Tuttavia, il presidente boliviano confida nel fatto che la “valorosa Rivoluzione Bolivariana”, con Maduro ai suoi vertici, riesca ad imporsi “contro questo nuovo attacco” imperialista.

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