Una costante nelle aule di ogni scuola e università è la distesa di bottigliette di plastica usa e getta sopra ai banchi. Che poi diventeranno distese di bottigliette sopra alle scrivanie dei luoghi di lavoro. Noi italiani siamo i primi consumatori in Europa e terzi al mondo, di acqua imbottigliata (188 litri a testa consumati all’anno nel 2017). Uno spreco immane di petrolio (per 1 kg di plastica servono 2 kg di petrolio), combustibile per il trasporto (le bottiglie percorrono centinaia di chilometri per essere distribuite in tutto il Paese: nell’85% dei casi circa, lo fanno su gomma, con le conseguenti emissioni di CO2, e solo nel 15% su rotaia), uno spreco di acqua, derivante dai processi di imbottigliamento e uno spreco di soldi. Il tutto per bere un’acqua meno buona di quella che esce dal rubinetto: l’acqua del sindaco è più controllata, da organismi indipendenti, oltre al fatto che il Pet delle bottigliette può rilasciare ftalati se conservata a lungo e a temperature alte, come d’estate. Dulcis in fundo, i milioni di tonnellate di rifiuti.  Ma tanto si riciclano! Dicono in molti… Sbagliato. Secondo alcuni dati, nel 2015 in Europa sono state prodotte oltre 49 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Ma solo il 5% delle nuove plastiche immesse nel mercato proveniva dal riciclo.

Una buona raccolta differenziata è importante, il riciclo esiste, va migliorato e incentivato ma non può essere la soluzione al problema della plastica. La plastica (determinate plastiche, soprattutto PET) si riciclano, ma oltre a richiedere molta energia, non si riciclano all’infinito, circa due volte, poi a fine vita questo materiale torna in discarica o viene incenerito, producendo cenere tossica, polveri fini e altri inquinanti.

L’unica soluzione, e ormai gli scienziati sono concordi, è sostituire l’usa e getta con materiali più durevoli, da riusare più e più volte. Pochi giorni dopo il grande sciopero globale del 15 marzo, gli studenti dei Licei di Faenza, con una spontanea ed auto organizzata raccolta di firme, hanno chiesto alla loro scuola di eliminare i distributori di bevande, sostituendoli con erogatori di acqua alla spina, dai quali attingere con borracce o al limite con bicchierini compostabili: i ragazzi firmatari (quasi 900) ora aspettano la decisione del consiglio d’Istituto. Secondo Marevivo, associazione ambientalista, promotrice dell’appello: “Basta plastica monouso negli istituti scolastici”, se 10 istituti decidessero di dire basta alla plastica usa e getta, verrebbero risparmiate all’ambiente circa 1 milione di bottigliette in un solo anno. Immaginiamoci se tutte le scuole lo facessero. Sul sito Marevivo si può  scaricare  un regolamento con le buone regole per diventare plastic free. Tra i primi istituti ad aderire, gli istituti di Agrigento “Quasimodo” e “Bersagliere Urso” di Favara, ma molti altri stanno seguendo l’invito.

Si cerca di dare una svolta anche alle università: dal 2018 l’Ateneo di Bologna ha avviato il progetto Plastop che prevede distribuzione gratuita di borracce a studenti e personale in occasione di alcuni eventi, per poi venderle a prezzo calmierato presso gli store ufficiali di Ateneo. Vengono installate case dell’acqua, per erogare all’esterno acqua naturale e frizzante direttamente dalla rete idrica, oltre agli erogatori da interno di acqua filtrata con un sistema di carbonazione.

Da Bologna a Roma, dove l’università Roma Tre ha distribuito gratuitamente 30mila borracce di acciaio, con  l’iniziativa “The message is the bottle”. Anche l’Università di Catania si è posta l’obiettivo di distribuire 2500 borracce al personale dell’ateneo e 9mila borracce alle matricole, e sta attivando sessanta punti di erogazione di acqua naturale e frizzante, fra cui una casetta dell’acqua.

Non solo scuole superiore e università, ma anche scuole medie: un bellissimo esempio è la scuola media Don Milani di Terracina, uno dei virtuosi esempi di “scuola zero waste”: no distributori di bevande, in compenso borracce per tutti e tanti progetti e sensibilizzazione contro i rifiuti.

Nei luoghi “educativi” (non solo scuole, ma anche biblioteche, aule studio…), i distributori di bevande imbottigliate non dovrebbero essere solo affiancati da erogatori alla spina, ma andrebbero eliminati. I distributori di “junk food” (merendine confezionate e poco salutari) andrebbero sostituiti da piccoli bar con prodotti a km zero e a basso impatto; si potrebbero installare distributori di caffè e tè del commercio equo e solidale, che erogane bevande etiche su bicchierini compostabili oppure su tazzine portate da casa. Dalle mense dovrebbero sparire piatti e bicchieri in plastica usa e getta, e restare solo caraffe, stoviglie e bicchieri lavabili o al limite compostabili.

E finché tutto questo non avverrà, i ragazzi che hanno scioperato per il clima, il grande movimento dei Fridays for Future, dovranno protestare e boicottare l’usa e getta, a scuola, in biblioteca, ovunque. La battaglia per il clima è fatta da piccoli grandi azioni, e  va portata avanti, cocciutamente, ogni giorno.

Articolo Precedente

Liguria, il Finalese è un parco che non si è fatto e che non si farà più

next