Il ministero dell’Economia e delle Finanze che ha in mano il 68,2% del capitale di Monte dei Paschi di Siena, ha bocciato le azioni di responsabilità contro i vecchi e nuovi vertici dell’istituto proposte dalla Bluebell di Giuseppe Bivona nell’assemblea dei soci tenutasi giovedì. Niente causa agli ‘ex’ Alessandro Profumo e Fabrizio Viola per la contabilizzazione ‘a saldi aperti’ dei derivati in Btp e nemmeno per l’ad Marco Morelli, la presidente Stefania Bariatti e i consiglieri Cappello, Kostoris e Turicchi, a cui si imputava di non aver accantonato adeguatamente i rischi legali. L’amministratore delegato Morelli ha illustrato all’assemblea i risultati del bilancio con il ritorno all’utile, che si è attestato a 279 milioni di euro, dopo il rosso da 3,5 miliardi del 2017 che era stato l’anno del ‘burden sharing’. L’assemblea ha approvato il bilancio del 2018 con il voto favorevole del 99,97% del capitale sociale presente, così come poi ha respinto le azioni di responsabilità con il 99,68%. Il Tesoro ha votato senza intervenire con una dichiarazione.

Il Mef  è rimasto quindi indifferente alle spinte provenienti dalla maggioranza, sia in ambienti M5s che in quelli leghisti, che avrebbero invece voluto il alla causa. Basti ricordare l’intervento del deputato Carlo Sibilia che lo scorso anno in assemblea sosteneva come il futuro governo avrebbe fatto causa a Viola e Profumo. O quella del responsabile economico della Lega, Luigi Borghi, favorevole a una rivoluzione nel cda. A commentare questo volta è il senatore Cinquestelle Gianluigi Paragone: “Grazie all’uomo del Mef in cda Mps, si salvano gli ex dirigenti Viola e Profumo. Grazie, Tria…“, scrive in un post su Facebook. Il presidente “in pectore” della commissione d’inchiesta sulle banche attacca il ministro anche sui risparmiatori truffati: “Il Tria e molla sulla pelle dei risparmiatori mi sta stufando! Se qualcuno pensa di fare il furbo col loro fondo si sbaglia!”.

L’assemblea dei soci Mps è servita a Morelli per ricordare come Monte dei Paschi nel 2018 si sia “rimessa in moto”. “Abbiamo riportato la gestione della Banca in un trend positivo“, ha sottolineato l’amministratore delegato. Ma Morelli ha anche ammonito sul futuro dell’istituto, in un quadro macroeconomico che si presenta “molto peggiore” del 2018 e che, complici anche i vincoli del piano di ristrutturazione, rende più urgente “una riflessione ovvia sulla tenuta nel lungo termine del modello di business di una banca come il Monte”. Le cui dimensioni e la cui capacità reddituale e di generare ricavi, ha sottolineato, “è radicalmente diversa” rispetto al passato, a causa del dimagrimento imposto dalla Ue e della perdita di clienti e masse legata alla crisi del 2016. E che oggi, sostiene appunto Morelli, è ulteriormente ostacolata dai “paletti” del piano di ristrutturazione, con effetti anche sul costo della raccolta e in un contesto di tassi e crescita ‘zero’. “Banche come il Monte – ha detto l’ad – nel medio e lungo termine hanno un tema strutturale di generazione di un ritorno superiore al costo del capitale. E’ un tema del settore”.

Anche per costruire prospettive più solide dallo scorso “settembre” all’interno del cda sono state fatte “riflessioni” su “vari scenari dal punto di vista delle aggregazioni e della diversificazione dimensionale. Dopodiché queste sono scelte che spettano” al Tesoro, al quale viene costantemente fornito “il quadro più esaustivo” possibile, ha spiegato Morelli. Ma il Tesoro, ha ricordato l’ad, è anche la controparte che dovrebbe farsi sentire con l’Unione europea. “Alla luce del cambiato quadro di riferimento, ci sono una serie di cose che devono essere riviste. La banca esprime opinioni sia a chi fa il monitoraggio del piano sia all’azionista”. Morelli, nel valutare i risultati di Mps del 2018, ha invitato tutti, incluso il governo, a ricordarsi “da dove è partita la banca alla fine del 2016, cosa ha percorso e dove è arrivata“. Nel 2018, ha rivendicato, “si è rimessa in cammino”, smaltendo 29 miliardi di crediti deteriorati (npl), stabilizzando e abbassando il costo della raccolta, segnando “una ripresa dell’attività commerciale“, riportando il costo del credito in linea con il mercato.

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