Sul palco il futuro come lo avrebbe immaginato Gianroberto Casaleggio, o almeno così come il figlio Davide prova a raccontarlo: l’innovazione tecnologica, il sistema blockchain per la verifica delle operazioni in rete e pure il dialogo con quella parte della Chiesa che accetta il rispetto delle diversità. In platea il presente del Movimento 5 stelle: i parlamentari, mai così pochi, con i volti tesi di chi si prepara a una campagna elettorale per Le Europee che sarà durissima. Sum03, la terza edizione dell’evento voluto dall’associazione dedicata al cofondatore del M5s, è anche la prima per i 5 stelle al governo. Il debutto, nel 2016, fu il banco di prova per presentarsi con il volto serio delle istituzioni anche nel mondo del Nord. La seconda arrivò nel bel mezzo delle trattative per la formazione del governo e ci fu l’assedio, di giornalisti e simpatizzanti. La terza rimane sospesa in una specie di limbo: alla vigilia di una corsa per Bruxelles che segnerà, nel bene e nel male, una svolta, sono tanti i volti M5s del governo che hanno scelto di non farsi vedere: dal ministro Alfonso Bonafede al presidente della Camera Roberto Fico fino a Riccardo Fraccaro e Nicola Morra. C’è la ministra Giulia Grillo, quella più a rischio in caso di rimpasto. E poi naturalmente Luigi Di Maio, che non poteva mancare e che, come da qualche giorno ormai, ha deciso di alzare i toni contro la Lega prendendo le distanze da quelle che chiama derive di estrema destra. Non è una cosa di poco conto: per i suoi è un po’ come un “rompete le righe” lasciato intendere a mezza voce perché, spiegano, “più ci si avvicina alle elezioni e più è importante segnare le differenze“. Sperando che non sia troppo tardi.

(video di Simone Bauducco e Martina Castigliani)

Per i parlamentari il momento è molto duro: peggio della traversata per la formazione del governo, peggio di quando erano all’opposizione. Lo rivelano passeggiando dentro e fuori la sala dell’evento, tra un caffè e un panino e sotto l’occhio vigile degli addetti stampa. L’onestà, tra i loro pochi scudi, non basta più. E neppure la sbandierata inesperienza. “La verità”, spiega uno dei più vicini a Di Maio e soprattutto a Beppe Grillo, “è che la Lega ha tolto i filtri e ha iniziato a levarsi la maschera. In un primo momento ha lavorato per il contratto, ora sta rivelando la sua vera natura: i leghisti ci vogliono far tornare indietro di 50 anni. Basta pensare ai diritti, con quella messinscena di Verona e il sostegno alla famiglia naturale, ma pure gli slogan sull’immigrazione”. Anche per questo, spiega l’esponente del Movimento a ilfattoquotidiano.it, “è importante per noi oggi essere qui. Noi parliamo di temi e dei problemi veri dell’Italia. Che non sono sicuramente un barcone o l’arrivo dei migranti. La società è come succube di un incantesimo, ma finirà. E noi resistiamo. Il Movimento resiste”. Se lo ripetono, anche se mai come oggi è complicato. Mattia Fantinati, deputato e ex ministro del Turismo designato dai grillini che ha dovuto cedere il passo al nome del Carroccio, gira avanti e indietro mentre parla al telefono: “Che figuraccia indegna ha fatto la mia Verona”, è l’esordio da veronese doc. “Che vergogna”. Quel passaggio. il World Congress of Families del weekend scorso, ha lasciato una traccia dentro il Movimento: perché proprio loro sui diritti sono stati sempre più avanti di tutti e ora dover fare i conti con il lato peggiore dei conservatori non riescono a digerirlo. “E’ giusto che Di Maio alzi i toni. Noi vogliamo lavorare e portare a casa le leggi che abbiamo promesso ai cittadini, ma dobbiamo far capire che noi e la Lega siamo due cose diverse”. Dietro di lui campeggiano i manifesti con le frasi pronunciate da Gianroberto Casaleggio sulla sua idea di mondo. “Sono sicuro che oggi”, chiude Fantinati, “se Gianroberto fosse qui ci direbbe di osare di più. Di essere più visionari”. E nel concreto cosa significa? “Di essere più visionari”, ripete senza aggiungere altro. “Quando vai al governo ti scontri con una macchina imponente di burocrazia e spesso non fai ciò che vorresti”. Il sogno dei 5 stelle si è scontrato con la dura realtà dei compromessi, questo ormai lo sanno bene. Ma a dare sicurezza è quanto ottenuto finora. Ne è sicurissimo il senatore Vito Crimi, M5s prima di tutti e che ora a Ivrea ha portato anche i due figli: “L’ultima conquista è la legge sulla class action. L’avevamo detto e l’abbiamo fatto. Così vogliamo continuare e la campagna elettorale non cambierà le cose”. Ma non tutto è così facile: “Ci manca Gianroberto con la sua visione”, commenta invece il senatore Alberto Airola. “Lui non avrebbe di certo esitato a votare per mandare a processo Matteo Salvini. O almeno ci avrebbe spiegato che era sbagliato salvarlo dal procedimento”.

La tensione è forte anche tra i candidati alle Europee. Perché proprio in queste ore Di Maio sta decidendo i capilista e non tutti concordano con la decisione di mettere in cima nomi esterni e non quelli usciti vincitori dalle europarlamentarie. Uno che coltiva grossi malumori è Filippo Nogarin, sindaco di Livorno. Che durante il voto online si è trovato spostato in extremis dal fondo a metà lista, ma comunque dice di essere stato penalizzato. Si presenta a Ivrea, come ormai a quasi tutti gli eventi Rousseau, e tra le prime cose cerca un confronto in sala con Enrica Sabatini, tra le responsabili della piattaforma online: “Come è possibile che uno che ha fatto cinque anni il sindaco non sia valorizzato al momento dell’elezione online?”, le dice. “Il tuo profilo non era completo. Ma è colpa mia che non ti ho chiamato”, replica la Sabatini. Quindi il sindaco: “Non lo dico per me, ma per gli altri amministratori uscenti che hanno meno visibilità di me e che non possono essere penalizzati”. Un dialogo finito tra i sorrisi, ma un segnale che la tensione tra i 5 stelle che corrono per Bruxelles è molto alta. Anche se non per tutti. “Sono le regole”, dice l’eurodeputato uscente Fabio Massimo Castaldo. “E ognuno deve poi fare campagna per le preferenze, alla fine dei conti cambia poco”. Lo sa bene Ignazio Corrao, il primo nella circoscrizione Isole, e che oggi era già sul territorio a fare campagna.

Le Officine H di Ivrea da tre anni ad aprile per un giorno diventano il Transatlantico del Parlamento trasferito al Nord. Ma mentre al bar si sfogano i malumori e si mettono in mostra le occhiaie di parlamentari allo stremo, sul palco i relatori voluti da Davide Casaleggio parlano di un futuro più o meno lontano. “Mai come questa volta gli ospiti sono di grande qualità”, racconta un consulente aziendale che non si perde un’edizione ma che chiede di rimanere anonimo. “Ci sono personaggi da tutto il mondo. Però l’appeal è diverso. Nessuno vuole esporsi e mancano gli imprenditori”. Per tutto il giorno si alternano nomi diversi che però condividono quello spirito di innovazione su cui vuole lavorare Casaleggio. Da San Francisco c’è Pitichoke Mtinmikko-Blue, che parla di cibo e di coltivazioni al coperto con “controllo digitale e meccanico”; dalla Finlandia Marja Matinmikko-Blue chiamata per parlare di wireless e 6G; dal Mit di Boston Silvio Micali che illustra la tanto agognata certificazione blockchain che dovrebbe garantire l’indipndenza della piattaforma Rousseau. Ci sono poi i giornalisti: il direttore del Fatto Marco Travaglio e quello di Fanpage Francesco Piccinini che parlano di Rai; ma anche Massimo Fini e il premio pulitzer Jared Diamond. Spuntano anche due preti: Don Mauro Leonardi e Don Patrizio Coppola. Sono il volto dialogante della Chiesa con cui i 5 stelle, e lo stesso Casaleggio, vogliono rapportarsi: “Dove c’è amore c’è famiglia”, dicono condannando quanto avvenuto a Verona. “E’ la posizione del cardinale Parolin, che infatti non si è fatto vedere a quell’evento”. Ma non quella del Carroccio, che invece lì ha fatto la passerella. Tanti gli applausi per entrambi. Per Casaleggio l’importante era parlare di esempi: lo è, un esempio, Zeman, che ha parlato della sua idea di sport. Ma anche le città partecipate e in rete di Barcellona. O la proposta di riconoscimento facciale per i dipendenti contro i furbetti del cartellino proposta da Ivan De Masi. Intervistato da Luisella Costamagna compare anche Franco Bernabé. Tra le altre cose dice che “l’Italia non fa abbastanza per i poveri”. E che il reddito andava fatto.

La platea ascolta diligente per tutto il giorno. Un po’ come fece Beppe Grillo il primo anno (stavolta neppure ha provato ad annunciare la sua presenza). Sono per la maggior parte soci dell’associazione: “Mancano i giovani”, dice un consulente di Bergamo seduto tra il pubblico. “Parliamo anche di loro, ma qui non ci sono”. Modesto Volpe, dell’associazione operatori telefonia e telematica, è più preoccupato dei pochi rappresentanti di aziende presenti: “I 5 stelle devono capire che noi abbiamo bisogno di essere ascoltati. Abbiamo dato fiducia a tutti, perfino a Matteo Renzi. Fra poco il tempo finisce”. Ma non è immediato: “La loro fortuna è che non abbiamo alternative”. Dal palco il messaggio è diverso e lo manda il filosofo Marc Luyckx Ghisi: “Siamo all’inizio di un rinascimento mondiale. Ma attenzione!”, grida. “I primi che lo stanno annunciando rischiano di fare la fine di Galileo e Copernico: bruciati. Siamo a questo momento dove tutti i visionari sono trattati così. Poi vi diranno: l’abbiamo sempre pensato così”. Insomma, dicono, basta aspettare. Sperando che, appunto, non sia già troppo tardi.

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