L’accerchiamento a Fayez Al Sarraj, l’uomo dell’Italia il Libia, non si ferma. Dopo l’appello lanciato da Khalifa Haftar alla presa della capitale con l’avvio della sua “Operazione per liberare Tripoli, il caos in cui è piombato il Paese nordafricano – che potrebbe avere forti ripercussioni sugli equilibri nel Mediterraneo, a partire dalla questione migranti – sarà al centro oggi di un incontro del Consiglio di sicurezza Onu, chiesto dalla Gran Bretagna, nel quale l’inviato speciale Ghassan Salamè farà il punto sulla situazione. “Siamo profondamente preoccupati dall’escalation militare e retorica in corso in Libia, che rischia seriamente di portare ad uno scontro incontrollabile – ha detto un portavoce della Commissione Ue – Chiediamo a tutte le parti di allentare la tensione e cessare tutte le provocazioni”.

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres – che il quale in queste ore è in Libia in vista della Conferenza Nazionale di Ghadames prevista per i giorni 14-16 aprile – è volato a Bengasi per un incontro con il generale, capo del Libyan National Army appoggiato dalla Francia e dalla Russia e fedele al governo di Tobruk. Il numero uno del Palazzo di Vetro, che nella capitale libica ha incontrato ieri mattina il premier del governo di accordo nazionale Fayez Al Serraj, patrocinato dall’Italia e ancora nominalmente appoggiato dalle forze di Misurata e Zintan, tenterà di convincere il generale a bloccare l’avanzata su Tripoli e ad arrestare un’escalation che rischia di far precipitare il Paese nella guerra civile. La speranza è che Guterres “possa convincere Haftar a ripensare la sua strategia di attacco, che non si rivelerebbe una passeggiata”, con le milizie di Misurata e Zintan ma non solo pronte al confronto sul terreno.

Nelle ultime ore la rivolta è arrivata nei pressi Zawiya, città costiera a 50 km a ovest di Tripoli, tra i principali punti di partenza dei barconi verso l’Italia. Alcuni combattenti leali all’Esercito di Haftar sono stati cacciati da un posto di blocco di cui si erano impossessati qualche ora prima a Sorman, 27 chilometri a ovest dalla capitale. A cacciare i pro Haftar dalla base a seguito di “un breve scontro a fuoco” è stata una milizia di Zawiya, che si trova una ventina di chilometri più a ovest di questo checkpoint. Secondo diversi media locali, i soldati della milizia della città costiera ha catturato oltre cento soldati fedeli al generale. Sui social sono state pubblicate le immagini dei militari arrestati nell’area di Wershaffana, nei pressi del checkpoint 27 riconquistato dalle forze del governo di Tripoli. Secondo altre fonti, un altro convoglio armato fedele ad Haftar ha preso posizione a meno di 30 chilometri dalla capitale.

Diversi media, tra i quali il Libya Observer, riferiscono che una nuova coalizione di milizie denominata “Regione occidentale” ha lanciato l’operazione “Wadi Doum 2” per contrastare l’attacco di Haftar. Il nome in codice deriva dalla pista d’atterraggio militare fatta costruire da Muammar Gheddafi nel nord del Ciad dove Haftar fu sconfitto e catturato da forze governative ciadiane nel 1987 quando all’epoca combatteva per il leader libico, ricorda il sito Libya Herald.

Anche la comunità internazionale muove i primi passi. La Russia, che appoggia apertamente l’uomo forte della Cirenaica, auspica che in Libia non ci sia uno scenario militare e che la crisi possa essere risolta con mezzi politici e diplomatici. “No, Mosca non è coinvolta in questo in nessun modo”, ha affermato il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, sottolineando che “le azioni delle parti non devono portare a un bagno di sangue, serve trovare una soluzione politica”.

Il Gran Mufti della Libia, Sadiq Al Ghariani, fa appello a “combattere contro le forze di Haftar”. “Il popolo libico dovrebbe resistere e combattere contro le forze di Haftar a Tripoli per porre fine ai crimini contro l’umanità a Derna e Bengasi”, ha affermato la più alta autorità religiosa del Paese secondo Al Jazeera. “Non è più un segreto che la missione Onu coopera con Haftar”, e l’Unsmil “è stata dispiegata per esacerbare i problemi non per risolverli”.

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