“C’è il dream team della Honda, i due italiani sulla Ducati, io e Maverick. Rins con la Suzuki. E fa sette. Aggiungete Bagnaia, Morbidelli, Crutchlow. Sono dieci piloti che possono tranquillamente vincere ogni gara, da qui a novembre”. Il riassunto lo ha fatto Valentino Rossi, uno che a 40 anni e alla 24esima stagione di mondiale probabilmente qualcosa di moto ci capisce: per tutti i piloti e gli addetti ai lavori la MotoGp 2019 che prenderà il via questo weekend in Qatar sarà una delle più equilibrate di sempre. È d’accordo anche Marc Marquez: chiaramente il sette volte campione del mondo resta l’uomo da battere, ma al di là delle frasi di rito e della pretattica che ha caratterizzato i test invernali, esistono davvero dei buoni motivi per credere che il dominio dello spagnolo possa essere quanto meno messo in discussione. C’è innanzitutto il suo nuovo compagno di squadra, quel Jorge Lorenzo che difficilmente si piegherà al ruolo di comprimario. C’è l’enorme lavoro fatto a Iwata (leggasi casa Yamaha) per preparare una M1 degna di questo nome. C’è anche un aspetto tecnico non di poco conto: da quest’anno la piattaforma inerziale sarà uguale per tutti i team. Tradotto: l’elettronica diventata ago della bilancia nelle prestazioni che ha permesso a Honda e Ducati di fare un passo avanti rispetto a tutti gli altri non dovrebbe più essere un fattore determinante. Se sarà così anche nella pratica inizieremo a capirlo nel deserto qatariano, dove alle 18 ora italiana sul circuito illuminato di Losail comincerà ufficialmente la nuova stagione.

Si diceva della pretattica dei test invernali: parte dell’incertezza è dovuta proprio al fatto che in questo inizio di 2019 tutti si sono prudentemente nascosti e quindi tutti, a turno, sono stati davanti. Si possono escludere l’Aprilia di Andrea Iannone che pare sì in ripresa ma è attesa da un altro anno di purgatorio, così come la Ktm: la casa austriaca che pure ha puntato su Johann Zarco è ancora sorprendentemente in ritardo. Tutte le altre quattro invece, Honda, Ducati, Yamaha, e ora anche Suzuki, sembrano avere i numeri giusti per giocarsi podi e vittoria. Tra le poche indicazioni arrivate dai test, c’è infatti un Alex Rins che si trova sempre più a suo agio nei piani alti della classifica con la sua GSX-RR oramai elevata a moto completa.

Il problema sono gli avversari: a partire da una Honda che ora in rettilineo viaggia quanto la Desmosedici. Nella prima notte di test, sempre in Qatar, Marquez ha toccato i 216 km/h contro i 215 di Miller e i 214 di Petrucci. A Tokyo in teoria doveva essere un inverno travagliato, con sia il campione in carica che Lorenzo in infermiera, invece i giapponesi hanno svolto, come al solito, un ottimo lavoro. La grande incognita è il rapporto tra i due spagnoli: la convivenza tra sportellate in pista e sorrisi fuori quanto potrà reggere?

A Borgo Panigale invece giurano di non essere intimoriti, nonostante nei test le Ducati non abbiano convinto fino in fondo. Andrea Dovizioso è ormai una garanzia di costanza, mentre Danilo Petrucci potrebbe essere la mina vagante utile anche a togliere qualche punto ai rivali. La GP19 è accreditata di un grande passo gara e anche se dovesse condividere il primato di potenza con altri, gli antichi dolori come la percorrenza in curva sono stati addolciti. Inoltre, se quando si parla di Honda non bisogna dimenticare Cal Crutchlow con il team factory che già ha dimostrato di poter essere competitivo, promettono sorprese anche i due della Ducati Pramac, Jack Miller e Francesco Bagnaia, il 22enne torinese al debutto dopo la vittoria del mondiale in Moto2.

Intanto Maverick Vinales continua a sfoderare sorrisi e ottimismo, mentre Rossi ha sì smesso di mugugnare ma resta molto più cauto. La verità probabilmente sta nel mezzo: il peggio è passato, però la Yamaha ha commesso troppi errori nelle ultime due stagioni per pensare di avere oggi una moto perfetta. Non a caso restano i problemi in accelerazione e in generale qualche decimo da recuperare sul passo gara rispetto agli avversari. Un assist alla Yamaha è arrivato però dal nuovo regolamento. Se la modifica più appariscente è l’introduzione del “Long Lap Penalty“, una nuova punizione che la Direzione gara potrà assegnare ai piloti, costringendoli a percorre un apposito allungamento della pista realizzato in una delle vie di fuga in asfalto che dovrebbe pesare intorno ai due-tre secondi, ce n’è un’altra che sarà più determinante.

La Dorna, società spagnola che gestisce il settore commerciale del motomondiale, ha infatti spinto per introdurre dopo la centralina elettronica anche della piattaforma inerziale (Imu) unificata: l’obiettivo ufficiale è contenere i costi, quello vero garantire moto più vicine e gran premi meno noiosi. La piattaforma inerziale è composta da una serie di sensori che misurano la posizione della moto nello spazio, l’angolo di piega, la velocità, la frenata, le accelerazioni-decelerazioni cui è sottoposta e altri parametri della moto in ogni settore della pista: invia questi dati alla centralina che li elabora insieme ai dati provenienti da altri sensori per fornire l’erogazione ottimale del motore. Yamaha aveva un pesante deficit nello sviluppo dell’elettronica rispetto a Ducati e Honda che nella pratica si traduceva soprattutto nel deterioramento precoce della gomma posteriore.

Se sarà solo un brutto ricordo lo si capirà presto. Ci spera anche Franco Morbidelli che è in sella alla Yamaha satellite del Team Petronas, dopo un anno d’esordio difficile. È il sesto pilota italiano in griglia: il dominio spagnolo (8 centauri sono iberici) è ora in discussione anche in termini numerici. Gran parte del merito va ancora a Valentino Rossi: sia Morbidelli che Bagnaia sono cresciuti allenandosi nel suo ranch di Tavullia e fanno parte della VR46 Academy. Dopo anni di Marcha Real suonata su tutti i circuiti, già l’anno scorso i successi italiani erano stati 22 nelle tre categorie. In MotoGp però ci aveva dovuto pensare il solo Dovizioso con 4 vittorie. Chissà che dall’equilibrio 2019 possano emergere nuovi vincitori anche per l’Italia. Oppure potrebbe tornare uno, anche se un po’ vecchio.

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