Un anno dopo, la fotografia dell’Italia tripolare del 4 marzo 2018 non è affatto sbiadita. Anzi, lo schema di tre partiti medio-grandi (Lega, M5S e Pd) si è consolidato in questo primo anno dell’era gialloverde, anche se dentro la cornice tripolarista si registrano decisive novità. La prima, ovviamente, riguarda il grande balzo della Lega nazionalista e dalla natura pigliatutto (catch-all party). In base agli ultimi sondaggi, il nuovo partito carismatico di Matteo Salvini (uno vale per tutti) va dal 35,9% registrato da Ipsos per il Corriere della Sera al 33,4% di Swg per La7. Assumendo la punta massima di Ipsos, la Lega aumenta più di quanto aveva raccolto un anno fa: un +18,5% virtuale che va ad aggiungersi al 17,4% reale del 4 marzo 2018.

Allo stesso tempo, il Movimento 5 Stelle scende ben al di sotto della soglia di tenuta del 25%: 21,2% per Ipsos e 22,1% per Swg. In ogni caso la somma dei due “contraenti” di governo, assumendo sempre i dati Ipsos, supera abbondantemente il dato numerico della maggioranza di un anno fa: il 57,1% di oggi contro il 50,1% delle elezioni politiche. Insomma, l’esecutivo di Giuseppe Conte non ha rivali nel Paese nonostante i rapporti di forza al suo interno si siano completamente ribaltati. E la guida di questo tripolarismo non è più il populismo post-ideologico del M5S, bensì il sovranismo xenofobo di Salvini.

Questa, dunque, la prima riflessione dentro la cornice dell’Italia politica nata un anno fa. Diversa dal bipolarismo centrodestra-centrosinistra della Prima Repubblica, ma ancora lontana dal bipartitismo Lega-M5S vagheggiato da Luigi Di Maio in più di un’intervista come atto fondativo della Terza Repubblica. Non solo perché i pentastellati hanno subìto un’erosione consistente dei loro consensi (e tuttavia da verificare al banco di prova delle Elezioni europee del 26 maggio), ma anche perché il Pd ha mantenuto intatto il suo bacino di voti del marzo 2018: tra il 18,5% (Ipsos) e il 19,8% (Swg ). Di qui la fotografia di cui si è fatto cenno all’inizio. Tre forze medio-grandi tipiche di un sistema proporzionale completato dal crepuscolo berlusconiano di Forza Italia, data tra l’8,6 e l’8,8%, e i nanetti di Fratelli d’Italia, ancora sotto il 5% (al massimo 4,4%) come un tempo succedeva per il Pri, il Psdi e il Pli, i cespugli del pentapartito.

Da qui altre due considerazioni, dopo quella della salvinizzazione progressiva dei gialloverdi. Trascorsa la bufera post-elettorale di quest’anno, il Pd può concorrere a strappare il secondo posto ai grillini. E può aspirare a questo risultato anche in virtù della svolta alle primarie di domenica scorsa. L’elezione di Nicola Zingaretti, pur con il suo carico di nomenklatura preistorica e capibastone meridionali, porta con sé la vitalità ritrovata dell’opinione pubblica di sinistra che ha scelto i gazebo del Pd per dare un segnale contro i due Mattei: Salvini, sul fronte esterno; Renzi, su quello interno. E un Pd davvero de-renzizzato può ambire a recuperare una parte di quegli elettori delusi del centrosinistra che si sono rifugiati negli ultimi anni nell’astensionismo e nel voto di protesta.

La terza e ultima considerazione a distanza di un anno riguarda la crescente marginalizzazione di Forza Italia, ridottasi a una cifra. Il doppio forno salviniano ha consentito alla Lega di logorare sia l’alleato di governo sia la gamba azzurra del centrodestra. Il risultato è paradossale nella sua dimensione virtuale: oggi nel Paese c’è una maggioranza ipotetica di centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) ma il vicepremier nonché ministro dell’Interno non ha alcuna voglia di governare a Roma con Berlusconi e Meloni. Il suo progetto egemonico ha una chiara vocazione maggioritaria che punta ad assorbire nelle urne gli elettori forzisti.

Lo stato dell’arte a un anno dalle elezioni politiche è questo e fra due mesi e mezzo riceverà il timbro delle Elezioni europee. Il tripolarismo italiano ha una certezza, il governo attuale, e tre suggestioni teoriche: Pd-M5S; Lega-Forza Italia-FdI; Pd-Lega. Ma per verificarle, queste ultime, ci vorrebbe il voto anticipato.

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