Al Senato avevano fatto approvare un emendamento che aveva “annacquato” la riforma. Alla Camera cambiano idea e propongono un modifica che rende ancora più dura la legge sul voto di scambio. Dopo gli articoli del fattoquotidiano.it, Fratelli d’Italia ha depositato un emendamento a Montecitorio per punire anche i politici che ricevono voti dagli intermediari dei clan: non soltanto mafiosi con condanna definitiva, quindi, ma anche i colletti bianchi che spesso promettono sostegno ai politici in cambio di un qualche aiuto ad amici.  Che poi sono i mafiosi. “Ai fini del presente articolo è considerato appartenente alle associazioni di tipo mafioso non solo chi ne fa parte, ma anche colui che, pur non essendone formalmente appartenente, agisca con metodo mafioso, o sia comunque portatore di volontà dell’associazione stessa o di parte di essa”, è il cuore dell’emendamento depositato in Aula da Andrea Delmastro Delle Vedove.

L’emendamento di Fdi – “Come segnalato da più voci, fra cui quella del sostituto procuratore generale Nico Gozzo e come denunciato tempestivamente da Il Fatto Quotidiano, l’approvazione della proposta di legge di modifica in materia di voto di scambio politico – mafioso, rischia, al di là degli intenti, di favorire la mafia e i politici che scendono a patti con i clan. Con la formulazione attuale, il politico, per essere perseguito, deve interfacciarsi con chi appartiene al sodalizio. Non v’è bisogno di essere preclari processualisti, per comprendere che il vincolo della appartenenza non consente di reprimere e colpire tutti i fenomeni di voto di scambio politico – mafioso e, soprattutto, che la prova dell’appartenenza talora diventa “diabolica“, dice il deputato del partito di Giorgia Meloni. Che spiega di aver depositato un emendamento “per colpire fenomeni di voto di scambio politico – mafioso anche se nella promessa di voti ai politici agiscano non solo membri dell’associazione mafiosa, ma anche soggetti estranei, ma che agiscano con metodo mafioso o che siano, comunque, portatori degli interessi della associazione.In questo modo si colpisce, con durezza e senza malmetabolizzati  principi garantistici, i politici che intrattengono, a qualunque titolo e per il tramite di chiunque, rapporti di scambio politico mafioso con le associazioni criminali”.

Il pasticcio al Senato – La nuova legge era stata voluta dal senatore del Movimento 5 stelleMario Michele Giarrusso, poi approvato da Palazzo Madama e quindi – come ha raccontato il Fatto.it – modificato a Montecitorio dalla commissione giustizia. Al Senato, infatti, l’originaria riforma depositata da Giarrusso era stata alleggerita da un emendamento di Raffaele Stancanelli di Fratelli d’Italia, condiviso in commissione dallo stesso senatore del M5s. Una modifica minima che aveva inserito tre semplici parole. In origine il testo di Giarrusso recitava: “Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416 bis, in cambio dell’erogazione o della promessa…”. Con al modifica, l’ultima parte era diventata “da parte di soggetti la cui appartanenza alle associazioni di cui all’articolo 416 bis sia a lui nota“. Un cambiamento che era stato condiviso da parte dei senatori del M5s che infatti l’avevano votato. Ma che rischiava di neutralizzare l’intera legge, originariamente ideata per irrigidire il reato vigente. Per questo motivo, dopo l’approvazione di Palazzo Madama, l’associazione Libera aveva criticato la riforma definendola come “‘un’occasione sprecata“.

La modifica alla Camera – Alla Camera, però, la commissione ha deciso di mettere mano alla legge. Dopo aver audito il procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, e il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, i deputati del M5s hanno presentato ed approvato un emendamento per cancellare quel “sia a lui nota“. In più il reato è statto esteso anche a chi riceve voti da soggetti che agiscono “mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis”: serve a colpire chi riceve voti da presunti mafiosi non ancora condannati in via definitiva ma che comunque procacciano le preferenze secondo le modalità tipiche di Cosa nostra‘ndrangheta e camorra.
La nuova legge: pene più dure per chi è eletto – L’intervento di Montecitorio serve a correggere l’annaquamento di Palazzo Madama. Dove la legge aveva cancellato i cambiamenti apportati nel 2014 dalla maggioranza di centrosinistra e che – secondo la Cassazione – avevano reso il voto di scambio più favorevole al reo. In più la nuova legge inserisce due aggravanti: le pene sono aumentate della metà se il candidato votato dai clan viene eletto, mentre per tutti i condannati scatta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. In pratica la formulazione del reato lega il voto di scambio con l’associazione a delinquere di stampo mafioso. In questo modo si stabilisce un collegamento ontologico tra le due fattispecie criminali: non è un caso, infatti, che nel 416 bis tra i reati fine delle associazioni mafiose s’indica anche “impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”. Giurisprudenza a parte, però, il collegamento con il 416 bis ha soprattutto un effetto: l’inasprimento delle pene che che passano da un minimo di sei a un massimo di dodici anni, a un minimo di dieci e a un massimo di quindici anni di carcere. La riforma dell’articolo 416-ter è quindi passata all’esame dell’Aula della Camera. Dove Fdi ha depositato l’emendamento di Andrea Delmastro Delle Vedove che dovrà essere votato dalla maggioranza.
L’emendamento di Fratelli d’Italia
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