“Mi scuso per la mia incapacità di continuare a servire e per tutte le carenze durante il mio mandato”. Con un messaggio su Instagram il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, che è stato il principale negoziatore dell’accordo sul nucleare del 2015, ha annunciato le sue dimissioni. Rohani non le ha ancora accettate formalmente, ma Israele ha esultato per la scelta di Zarif. “Che liberazione!”, ha detto il premier Benyamin Netanyahu che ha aggiunto: “Finché ci sarò io l’Iran non avrà armi nucleari”.

Quelle del capo della diplomazia di Teheran sono dimissioni inattese, che hanno sollecitato ipotesi e speculazioni. Lyse Doucet, giornalista della Bbc, si chiede se siano una “tattica” o “l’uscita” di scena del diplomatico che era diventato “il volto sorridente” dell’Iran verso il mondo. Non mancano notizie che collegano i fatti delle ultime ore all’esclusione del ministro dall’incontro di ieri a Teheran tra la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, e il leader siriano Bashar al-Assad. Ad Ali Khamenei spetta l’ultima parola nelle scelte strategiche della Repubblica Islamica.

L’agenzia iraniana Fars cita una fonte anonima secondo cui Zarif si sarebbe dimesso per divergenze con l’ufficio del presidente Hassan Rohani. Stando alla fonte, il ministro non sarebbe stato informato della visita di Assad a Teheran. Poi ci sono l’accordo internazionale sul nucleare iraniano, il dibattito sull’adesione dell’Iran agli standard del Gruppo d’azione finanziaria internazionale (Gafi – acronimo in inglese Fatf) e le parole di Zarif pubblicate stamani da un giornale iraniano: le battaglie tra partiti e fazioni in Iran sono un “veleno mortale” per la politica estera.

Zarif non ha chiarito le ragioni della sua mossa. Nel suo messaggio di ieri sera su Instagram, si è scusato “per non essere in grado di continuare“. Poi, stamani, la pubblicazione dell’intervista al giornale Jomhouri Eslami: “Il veleno mortale per la politica estera è che diventi una questione di lotta tra partiti e fazioni“. Sullo sfondo, ma non troppo, c’è il dibattito che si trascina da mesi sull’adeguamento dell’Iran agli standard del Gruppo d’azione finanziaria internazionale. A inizio febbraio il capo della magistratura iraniana, Amol Larijani, ha tuonato: Teheran “non accetterà” le “condizioni umilianti” di Instex (lo strumento finanziario con cui le imprese europee potranno aggirare le sanzioni americane contro la Repubblica Islamica), tra cui l’adesione al Gafi.

La scorsa settimana il Gruppo d’azione finanziaria internazionale ha concesso altri quattro mesi a Teheran per rafforzare la legislazione in materia di antiriciclaggio e finanziamento al terrorismo. È la seconda proroga concessa alla Repubblica Islamica. Domenica Zarif aveva chiesto decisioni basate sui “fatti”: “Qualsiasi scelta facciano, la rispetteremo, ma è bene conoscerne le conseguenze”.

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