di Ilaria Agostini, urbanista

Anche a Firenze lo slogan ambiguo della “rigenerazione urbana” si è imposto nella propaganda politica. Se, da una parte, “rigenerazione urbana” richiama la fine dell’espansione della città – ma ben attive pulsioni megapolitane (aeroporto, Tav) fanno dedurre che tale processo sia ancora in atto –, dall’altra, lo slogan indica l’avvenuta attivazione di nuovi interessi speculativi sul patrimonio insediativo storico, abbandonato, svuotato, desertificato a bella posta da amministratori asserviti.

Proprio in nome della “rigenerazione urbana”, a Firenze si vendono edifici pubblici a investitori esteri che ne fanno alberghi di lusso, mentre si depotenziano gli atti urbanistici, che restano scatole vuote. Va in tal senso la recente Variante all’art. 13 del Regolamento urbanistico che elimina l’obbligatorietà del restauro sui monumenti. In uno scenario che non sembra offrire vie d’uscita, uno spiraglio è rappresentato dalla proposta di legge per la tutela e il ripopolamento delle città storiche, contenuta nell’ebook Il diritto alla città storica (2019), a cura di Maria Pia Guermandi e Umberto D’Angelo, disponibile sul sito dell’associazione Bianchi Bandinelli.

I sei articoli della proposta di legge, redatti nello scorso anno da un intellettuale collettivo chiamato a raccolta dall’urbanista Vezio De Lucia, guardano al meglio dell’esperienza urbanistica italiana e la ricontestualizzano nel quadro presente, riattivando la correlazione tra la tutela degli abitanti e quella dell’ambiente di vita: per salvare, allo stesso tempo, le pietre e il popolo. A Bologna (1969) il principio fu quello di mantenere intra muros le classi subalterne istituendo un sistema di case popolari ottenuto tramite recupero edilizio: scelta che da una parte salvava le case antiche, mentre dall’altra, evitando l’espulsione delle classi popolari dai quartieri centrali, evitava la cementificazione periferica con quartieri ghetto per dislocati.

L’attuale Proposta di legge in materia di tutela delle città storiche – presentata recentemente a Roma e ora nell’ebook citato – dichiara “beni culturali d’insieme” da sottoporre a tutela ai sensi del Codice dei Beni Culturali gli agglomerati e gli edifici presenti nel catasto del 1939. Da tale status discende il divieto “di demolizione e ricostruzione e di trasformazione dei caratteri tipologici e morfologici degli organismi edilizi e dei luoghi aperti, di modificazione della trama viaria storica” (art. 2).

Ma il contenuto più innovativo della proposta è la previsione di un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, capace di avviare un processo di “ripopolamento”, sia nelle città d’arte, come Firenze prive di abitanti e vissute da “nomadi globali”, sia nei centri storici abbandonati dell’Italia meridionale. “L’utilizzo a favore dell’edilizia residenziale pubblica del patrimonio immobiliare pubblico dismesso” (art. 5, lett. b) potrebbe porre un freno alla devastante alienazione degli edifici pubblici.

Nella Firenze mercificata e turistificata, la riconfigurazione dell’ambiente di vita urbana può partire proprio da misure, quali quelle contenute nella proposta di legge sopra descritta, volte a garantire l’universale esercizio del diritto alla città, esteso anche alla città storica.

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