Quattro di loro, tra cui il più giovane Mamadou – 14 anni, ne compirà 15 ad agosto – vengono dal Senegal, otto dalla Guinea Bissau, uno dal Sudan. Storie diverse con un unico denominatore: sono tutti soli. Sono i 13 minori a bordo della Sea Watch, la nave della ong tedesca ferma davanti a Siracusa cui il governo italiano non permette lo sbarco.

Il 25 gennaio la Procura dei minori di Catania aveva chiesto al governo di far sbarcare i minori non accompagnati: tenerli a bordo della Sea Watch 3 è “una grave violazione dei loro diritti”, aveva scritto il procuratore Caterina Ajello in una lettera ai ministri Salvini e Toninelli. “Hanno 17 anni e mezzo e per il momento non sono autorizzati a scendere a terra”, la replica affidata ad alcune fonti del Viminale. Oggi l’avvocato Carla Trommino, la garante per l’infanzia del Comune di Siracusa che due giorni fa aveva scritto alla Procura per chiederne lo sbarco, ha reso note le età dei 13 ragazzi a bordo della nave della ong ferma in mare con 47 migranti.

Sono partiti dalla Libia a metà gennaio con la speranza di approdare in Europa. Senza i loro genitori, o senza un parente che si prenda cura di loro. C’è M.B. che ha sedici anni appena compiuti e arriva dal Senegal, e poi B.B. che ha diciassette anni, anche lui del Senegal. M.J. ha sedici anni e viene pure dal Senegal. E poi S.B., che ha diciassette anni e arriva dalla Guinea Conackry. E A. F., anche lui della Guinea, che ha sedici anni. Come M.T.D. che ha sedici anni ed è della Guinea. Oltre al più piccolo, il quattordicenne M.T.D. del Senegal. Sulla nave c’è anche S.B. che deve fare a maggio diciassette anni ed è della Guinea. O J.Z. che ha sedici anni della Guinea. E I.T., anche lui sedicenne della Guinea. M.D. ha diciassette anni ed è del Senegal e H.M. è un sudanese di sedici anni. Infine M.F. D. di sedici anni della Guinea.

“La loro situazione psicologica è devastante – racconta lo psichiatra Gaetano Sgarlata, che oggi è salito a bordo con la delegazione di deputati e una mediatrice culturale, Alessandra Sciurba – Ho sentito 5 minori, è penoso vederli in questa situazione con la paura di essere riportati in Libia”. “Sulla nave c’è una situazione penosa – ha proseguito lo psichiatra – con gente ancora sequestrata, dopo tutto quello che ha subito, dopo il lungo viaggio per arrivare in Libia”. “In Libia hanno subito torture, vessazioni e ricatti di tutti i tipi. Una persona ha perso un occhio, c’è gente con tagli e dita ammaccate dai colpi ricevuti. Questa inutile vessazione che si sta dando tenendoli lontani dalla nostra terra è un fatto raccapricciante”.

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