Venezuela nel caos. Juan Guaidó, capo dell’assemblea nazionale di Caracas, il parlamento dominato dall’opposizione, si è proclamato presidente ad interim in attesa di nuove elezioni ed è stato immediatamente riconosciuto dagli Stati Uniti e da Luis Almagro, il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani che riunisce 35 Paesi delle Americhe. Il riconoscimento è arrivato in particolare da Brasile, Perù, Ecuador, Costa Rica, Argentina, Colombia, Paraguay e Messico. C’è anche il Canada di Justin Trudeau. Dalla parte di Nicolas Maduro la Bolivia di Evo Morales. Chiuso nel palazzo Miraflores, il numero uno destituito fa sapere che si difenderà ad ogni costo e chiama i suoi sostenitori: “Siamo qui per la volontà del popolo”.

Guaidó, 35 anni e noto già dal 2007 quando guidò le proteste studentesche contro Hugo Chavez, ha giurato a Caracas davanti a migliaia di persone e rivolto un invito alle Forze armate affinché si impegnino a “ristabilire la Costituzione”. E con uno slogan di obamiana memoria: “Sì, se puede” ha avviato un durissimo confronto con Maduro, 56 anni, al potere dal 2013 quando successe a Hugo Chavez. Per palazzo Miraflores bollato l’iniziativa del deputato è un “colpo di stato fascista”. Dalla notte migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade di diverse città: al momento, stando a diverse fonti, si contano 13 morti nel corso delle proteste e la ong Foro Penal Venezolano ha segnalato 43 persone arrestate e “vari feriti”.

Maduro: “Concedo 72 ore ai diplomatici Usa perché lascino il Paese”
Il segretario di Stato statunitense Mike Pompeo ha esortato le forze di sicurezza del Venezuela a “sostenere la democrazia. Ripetiamo il nostro appello ai militari e le forze di sicurezza del Venezuela perché sostengano la democrazia e proteggano i cittadini venezuelani. Gli Stati Uniti sono pronti a fornire assistenza umanitaria al popolo del Venezuela appena le condizioni lo permetteranno”. La risposta di Maduro non si è fatta attendere: “Siamo la maggioranza, siamo il popolo di Hugo Chavez. Siamo in questo palazzo per volontà popolare, solo la gente ci può portare via”. Il partito del presidente ha fatto appello ai sostenitori per riunirsi davanti al palazzo Miraflores per sostenere il governo. “Ci difenderemo a ogni costo, hanno intenzione di governare da Washington. Siamo in una battaglia storica, nessuno abbassi la guardia. Concedo 72 ore ai diplomatici Usa perché lascino il Paese”. “Dispongo di interrompere le relazioni diplomatiche e commerciali con il governo imperialista” di Washington, ha aggiunto. Secondo il giornale El Nacional funzionari della guardia nazionale hanno lanciato lacrimogeni in alcune stazioni metro di Caracas per disperdere i dimostranti anti-governativi.

Nel primo commento sui fatti mercoledì mattina, Maduro ha detto martedì che l’esercito “ha dato innumerevoli prove di disciplina, coesione e preparazione per affrontare qualsiasi minaccia dai nemici della patria” e in un breve discorso in tv, ha accusato il governo americano, attraverso il vice presidente Mike Pence, di aver ordinato “un colpo di stato fascista“. Per rappresaglia, ha ordinato una “revisione totale delle relazioni” diplomatiche con gli Usa. Pence, da parte sua, ha espresso sostegno al “popolo del Venezuela”, che “reclama libertà”.

Guaidó alle ambasciate: “Restate a Caracas”
Guaidó ha invece chiesto alle missioni diplomatiche presenti a Caracas di restare nel paese sudamericano. “In virtù dei poteri conferitimi dalla Costituzione, comunico a tutti i capi delle missioni diplomatiche e al loro personale accreditato in Venezuela che lo stato venezuelano desidera fortemente mantenere la loro presenza diplomatica nel nostro paese. “Qualsiasi disposizione contraria sarebbe invalida, dal momento che verrebbe da persone o entità che, a causa della loro natura usurpativa, non hanno l’autorità legittima a decidere sulla questione”.

Donald Trump: “Il popolo ha chiesto libertà” – Pochi minuti dopo il suo annuncio, Donald Trump ha diffuso una nota per annunciare il suo appoggio a Guaidó, sottolineando che “in questo ruolo come legittimo ramo del governo eletto dal popolo venezuelano, l’Assemblea nazionale ha invocato la costituzione del Paese per dichiarare illegittimo Nicolás Maduro e dunque il suo incarico vacante”. Il popolo del Venezuela, ha aggiunto il presidente degli Usa, “ha con coraggio fatto sentire la propria voce contro Maduro e il suo regime e ha chiesto libertà e rispetto per la legge”, sottolineando che “nel suo ruolo di presidente dell’Assemblea nazionale (Guaidó, nda) è l’unico ad essere stato legittimamente eletto”.  Rispondendo a una domanda il numero uno della Casa Bianca ha detto: Non stiamo valutando niente ma tutte le opzioni sono sul tavolo”.

Oas: “Ha tutto il nostro riconoscimento” – Poi Trump ha fatto appello ad altri Paesi occidentali affinché anche loro riconoscano Guaidó come nuovo presidente assicurando che continuerà a “usare appieno il peso del potere economico e diplomatico degli Stati Uniti per spingere per il ripristino della democrazia venezuelana”. Tra i primi a seguirlo c’è stato il segretario dell’Oas: “Le nostre congratulazioni a Juan Guaidó come presidente incaricato del Venezuela – ha scritto Almagro su Twitter – Ha tutto il nostro riconoscimento per promuovere il ritorno del Paese alla democrazia”. Un alto funzionario dell’amministrazione Trump ha avvertito che verranno considerate “tutte le opzioni” se Maduro userà la forza: “Se scelgono di rispondere con la violenza, se scelgono di fare del male a membri dell’Assemblea nazionale – spiega, citato da LaPresse – tutte le opzioni sono sul tavolo per gli Stati Uniti a proposito dell’azione da intraprendere”.

Il giuramento: “Ora libere elezioni” – L’autoproclamazione del presidente ad interim è avvenuta a Caracas, dove il capo dell’assemblea nazionale, davanti a migliaia di sostenitori in piazza da giorni, ha alzato la propria mano destra affermando di “assumere formalmente la responsabilità dell’esecutivo”. Ha affermato di aver preso questa decisione “per ottenere la fine dell’usurpazione, un governo di transizione e libere elezioni”. Dopo il giuramento, ha chiesto di giurare anche ai presenti nella manifestazione di impegnarsi “a ristabilire la Costituzione in Venezuela”. Tramite i social ha poi rivolto un appello anche alle Forze armate chiedendo loro di aiutare nel ristabilire la Costituzione: “Oggi abbiamo un appuntamento storico con la nostra patria: civili, politici e militari, avremo l’opportunità di ritrovarci con il popolo in tutto il Venezuela – ha detto – Fratelli e sorelle, sappiamo molto bene che la violenza è l’arma dell’usurpatore, la nostra è invece la voce di milioni di venezuelani che incontreremo di nuovo in strada, in pace per il Venezuela”. Il ministro della Difesa venezuelano, generale Vladimir Padrino Lopez, ha dichiarato in un tweet che le Forze Armate del suo paese “non accettano un presidente imposto da oscuri interessi o che si è autoproclamato a margine della legge”, confermando il suo appoggio a Nicolas Maduro. “La disperazione e l’intolleranza stanno aggredendo la pace della Nazione”, ha sottolineato Padrino Lopez, secondo il quale “i soldati della Patria” non accettano la presidenza di Guaidò perché le Forze Armate “difendono la nostra Costituzione e sono garanti della sovranità nazionale”.

Lo scontro tra poteri – Da tempo Maduro considera “illegale” il lavoro dell’assemblea nazionale. E negli scorsi giorni due sentenze della sezione costituzionale del Tribunale supremo di giustizia hanno provato a ribaltare alcune decisione prese dall’assemblea presieduta dall’autoproclamato presidente ad interim. In particolare, il 5 gennaio i giudici avevano dichiarato “privo di validità” il giuramento dei nuovi vertici dell’assemblea, mentre nelle scorse ore ha ribadito che le iniziative adottate dall’Assemblea nazionale in sostituzione delle prerogative del potere esecutivo presieduto dal presidente “sono incostituzionali”.

Spagna chiede risposta comune all’Unione europea –Il ministro degli Esteri spagnolo, Josep Borrell, ha chiesto  che l’Unione Europea convochi una “rapida riunione” a livello ministeriale per affrontare la crisi politica in Venezuela, per “preservare l’unità di azione” dell’Ue. Parlando con i media a margine di un seminario, Borrell ha sottolineato che “non si possono prendere decisioni come questa a caldo, senza essere ben informati”, aggiungendo che “non prenderemo posizione semplicemente per andare dietro ad altri”. L’Ue non ha riconosciuto la liceità delle elezioni presidenziali venezuelane dell’anno scorso e dunque non riconosce la legittimità del secondo mandato di Nicolas Maduro come capo dello Stato, apertosi lo scorso 10 gennaio, ma non ha ancora preso posizione sulla proclamazione oggi del presidente dell’Assemblea Nazionale, Juan Guaidò, come presidente ad interim del paese sudamericano.  “Spero che tutta l’Europa si unisca nel sostegno alle forze democratiche in Venezuela. A differenza di Maduro, l’Assemblea parlamentare, incluso Juan Guaidò, ha un mandato democratico dai cittadini venezuelani” in un tweet il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. “Seguo con molta attenzione gli eventi in Venezuela. Contrariamente a Maduro, Guaidó ha legittimità democratica. Si devono rispettare le manifestazioni e la libertà di espressione di un popolo che è stanco di morire di fame e di soffrire gli abusi di Maduro” scrive in un tweet il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.

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