Lo scontro tra Lega e Movimento 5 Stelle sulla questione delle trivellazioni ha prodotto un emendamento-compromesso nel Decreto Semplificazioni. Il provvedimento, a prima firma Castaldi (M5s), prevede al contempo la proroga delle coltivazioni in essere, ma anche lo stop per un massimo di due anni (e non più di sei mesi) dei permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi. A dare notizia del punto di incontro tra i due alleati di governo è stato il capogruppo M5S al Senato, Stefano Patuanelli. L’emendamento grillino, inoltre, prolunga da sei mesi a due anni il tempo per l’approvazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Ptesai), che dovrà definire “un quadro di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse”.

Nella fattispecie, per la durata dei 24 mesi che servono per adottare il piano, sono “sospesi” i procedimenti per il conferimento “di nuovi permessi di prospezione o di ricerca o di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi“. Stessa sorte per tutte le attività di prospezione e ricerca “in corso”, fermo restando “l’obbligo di messa in sicurezza dei siti”. Lo stop, tuttavia, non si applica ai procedimenti “in corso o avviati dopo l’entrata in vigore del decreto”, che riguardino la “proroga delle concessioni di coltivazione di idrocarburi in essere”. Confermata, inoltre, la possibilità nelle more del Piano di “rinunciare a titoli minerari vigenti o alle relative proroghe”, di “sospendere la produzione per le concessioni in essere” o di “ridurre l’area, variare i programmi lavori e le quote di titolarità“.

Non solo. Sempre per la durata della sospensione, non è dovuto il pagamento del canone dei permessi di prospezione e ricerca ed è anche sospeso – contrariamente a quanto previsto nella prima versione del testo – “il decorso temporale ai fini del computo della loro durata”. Anticipata dal primo gennaio 2020 al primo giugno 2019, infine, l’entrata in vigore dei nuovi canoni annui per le concessioni di coltivazione e stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana. Per la predisposizione del “Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee” è previsto lo stanziamento di un milione di euro per il 2020 e il 2021.

Il compromesso, quindi, a livello politico permette al M5s di mantenere la promessa relativa allo stop delle 3 concessioni rilasciate alla fine del dicembre scorso nel mar Ionio, al pari dello stop alle altre 36 pendenti dichiarato dal sottosegretario del Mise Davide Crippa. Nel nuovo emendamento, tuttavia, secondo il Coordinamento Nazionale No Triv spunta una nuova questione, ovvero quella relativa proprio alle proroghe. Il governo gialloverde – è il ragionamento del movimento – ha di fatto confermato quanto previsto dal decreto Crescita 2.0 partorito nel 2012 dal governo Monti, con la possibilità per le società petrolifere di continuare a estrarre anche a concessione scaduta purché abbiano semplicemente inviato la richiesta di proroga ai ministeri competenti. Con un effetto: il ministero può rispondere anche dopo anni, ma le società nel frattempo sono comunque legittimate a operare anche in regime di concessione scaduta. La questione, si ricorderà, era racchiusa in uno dei quesiti del referendum del 17 aprile 2016. Da allora ad oggi non è cambiato nulla e, grazie all’emendamento del governo gialloverde, nulla cambierà in futuro. Tutto ciò rappresenta un grande favore per le società petrolifere, che quindi possono continuare a utilizzare gli impianti anche senza proroga della relativa concessione, con tutto quello che significa in termini di eventuale smantellamento delle piattaforme, di ipotetico ripristino dei luoghi e di possibili nuovi, necessari controlli ambientali.

Nel provvedimento a prima firma Castaldi, inoltre, c’è anche un altro particolare non di poco conto. È quanto si legge al comma 9 (l’ultimo) dell’emendamento: “Le attività di prospezione, di ricerca e di coltivazione di idrocarburi relativi a titoli minerari conferiti dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le relative opere e gli impianti previsti nei programmi lavori, nonché le relative opere strumentali, non rivestono carattere d’interesse strategico nazionale e non sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili“. E fin qui, nulla da segnalare. Ma poi c’è l’ultima frase: “Resta fermo il carattere di pubblica utilità delle attività di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo”. Lo stoccaggio del gas era e resta di interesse strategico nazionale. Il voto sull’emendamento, così come sulle altre proposte di modifica presentate anche dai relatori, non è ancora arrivato e probabilmente non arriverà prima di domani, 22 gennaio. I lavori sui testi si stanno infatti allungando nelle Commissioni Affari Costituzionali e Lavori pubblici del Senato, tanto da lasciare prevedere un nuovo slittamento dell’Aula, attualmente ancora prevista per domani mattina alle 9.30.

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