Un’automobile che era presente il 26 dicembre in via Novara, a Milano, dove sono avvenuti gli scontri tra ultrà interisti e napoletani che hanno causato la morte di Daniele Belardinelli, è stata sequestrata a Napoli. La vettura, un’Audi station wagon scura intestata in leasing al padre incensurato di un tifoso del Napoli, è stata posta sotto sequestro nell’inchiesta milanese condotta dalla Digos e coordinata dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri. L’ipotesi cui lavorano gli inquirenti è che l’Audi possa essere il veicolo che è passato sopra all’ultrà del Varese, uccidendolo.

Da quanto si è appreso, l’automobile è stata individuata attraverso l’analisi delle immagini degli scontri, anche se non sarebbe stata ripresa dalle stesse immagini la targa della vettura e, dunque, gli investigatori sarebbero arrivati al sequestro attraverso alcune testimonianze. Altre due vetture, poi, sono state individuate analizzando i filmati dei tafferugli e ora gli investigatori le starebbero cercando per arrivare al sequestro e verificare se siano coinvolte nell’investimento. L’ultrà del Napoli che sarebbe stato a bordo dell’auto sequestrata ha provato a negare la sua presenza nel capoluogo lombardo quel giorno, ma è stato smentito da alcune testimonianze. Nel frattempo, l’autopsia sul cadavere di Daniele Belardinelli non è ancora stata fissata e probabilmente sarà effettuata la prossima settimana. Gli inquirenti, infatti, stanno inviando una serie di informazioni di garanzia agli indagati nell’inchiesta anche con la contestazione, come atto dovuto, di omicidio volontario per svolgere gli esami autoptici e altri accertamenti tecnici.

Intanto, sono stati sentiti in Questura a Milano i due ultras che hanno accompagnato il 26 dicembre scorso all’ospedale San Carlo Belardinelli e sta aumentando il numero dei partecipanti alla rissa indagati (al momento i nomi iscritti potrebbero essere oltre 20), anche perché inquirenti e investigatori stanno facendo verifiche in queste ore sugli oltre 100 tifosi interisti (tra loro anche ultrà del Varese e del Nizza “gemellati” coi nerazzurri) e su un’ottantina di ultras napoletani. Venerdì pomeriggio nel carcere milanese di San Vittore è previsto l’interrogatorio di fronte ai pm di Luca Da Ros, il cosiddetto “pentito” dell’inchiesta che nei giorni scorsi ha chiamato in causa Marco Piovella, capo dei Boys della curva nord, arrestato, interrogato ieri dal gip Guido Salvini e tra i presunti organizzatori del blitz. Piovella, difeso dai legali Mirko Perlino e Carlo Melzi D’Eril, tra le altre cose, ha spiegato che il suo “amico” Belardinelli è stato “uno dei primi ad entrare in azione” nell’agguato ai napoletani, prima di essere investito da una o due auto.

L’ipotesi che l’uomo sia morto investito da una o due auto condotte da tifosi napoletani era emersa mercoledì, giorno in cui gli inquirenti hanno ascoltato Marco Piovella, il capo ultras della curva dell’Inter arrestato per il raid di Santo Stefano con l’accusa di rissa aggravata, lesioni e lancio di materiale pericoloso. L’uomo ha raccontato di aver visto una persona che veniva investita subito all’inizio degli scontri ma di non aver capito che si trattava di Belardinelli, di aver visto che era lui solo alla fine della guerriglia durata poco meno di 10 minuti e di averlo sollevato e caricato su un’auto, dopo che Dedè gli aveva anche detto “sto bene”.

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