“Rimozione di ostacoli non necessari”. Per l’Agenzia garante della concorrenza e del mercato è la buccia di banana su cui scivola la rivoluzione del 5G, frenata sul nascere nonostante dal 1° gennaio siano disponibili le nuove radiofrequenze aggiudicate in asta (dagli effetti biologici inesplorati). Nel bollettino di Capodanno dell’Agcm sono, infatti, elencati una serie di nodi amministrativi e di legge che possono stravolgere il business delle Telecomunicazioni e i piani di copertura sul 98% del territorio nazionale di milioni di mini-antenne a microonde millimetriche da piazzare ogni pochi metri sui lampioni della luce e pure nei tombini sotto i marciapiedi per irradiare il wireless di quinta generazione (pure su parchi e aree naturali).

Secondo l’attività di segnalazione consultiva sullo sviluppo delle reti 5G inviata a Luigi Di Maio – ma pure ai presidenti di Lombardia, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Marche e delle province autonome di Bolzano e Trento – questi “ostacoli” sono motivo di rallentamento nell’avanzata della nuova infrastruttura tecnologica, che vanificano “l’impegno che l’Italia ha profuso con riguardo alle tecnologie 5G, muovendosi in anticipo rispetto ad altri Paesi europei nell’assegnazione delle frequenze”.

In realtà, quelli che l’Agcm svilisce come impicci in ossequio alla concorrenza aziendale sul mercato non sono altro che alcune delle misure a tutela della salute pubblica recepite da regolamenti comunali, Regioni, Asl e Arpa all’indomani dalla Legge Quadro (tra le più cautelative d’Europa) che ora, stando ad alcuni membri della commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera (dove è stata audita la lobby delle Tlc), si vorrebbe scorticare in un’operazione anti-precauzionale per alzare l’emissione elettromagnetica del campo elettrico dagli attuali 6 V/m fino a 61 V/m.

Defilata rispetto alla partita 5G la ministra della Salute Giulia Grillo, sono i suoi colleghi pentastellati a spingere per una riforma “più elettrosmog per tutti”: tra la cosiddetta Intercommissione Innovativa (una delegazione composta di 70 tra senatori e deputati sensibili al 5G, come una scolaresca in gita premio, è pure andata in visita a Torino e Milano negli stabilimenti Tim e Fastweb) spicca, infatti, Paolo Nicolò Romano, ex tecnico di sala prove con diploma da tecnico industriale, che su Agenda Digitale scrivendo di 5G sostiene “che non vi sono rischi per la salute dell’uomo” e che “i limiti minimi e assolutamente non dannosi per l’uomo variano da 40 V/m a 60 V/m”. Questo nonostante la nuova tecnologia non abbia uno straccio di studio preliminare sul rischio sanitario e che dal 2011 l’Organizzazione Mondiale della Sanità annoveri le radiofrequenze come possibili agenti cancerogeni (ignorate pure le sentenze della magistratura che attestano il nesso telefonino=cancro, come gli invisibili malati di elettrosensibilità).

Se Romano cita la Commissione Internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (Icnirp) per smontare lo spauracchio elettrosmog, nonostante i conflitti d’interesse denunciati da ampia parte della comunità medico-scientifica internazionale (tra questi Dariusz Leszczynski dell’Università di Helsinki tra i massimi esperti a livello internazionale sul tema degli effetti biologici delle radiazioni elettromagnetiche e il noto oncologo svedese Lennart Hardell, il ricercatore più eminente al mondo sui rischi di tumore del cervello connessi all’uso a lungo termine dei telefoni cellulari), la sua collega Mirella Liuzzi in un recente summit di Huawei ha pubblicamente svelato una non meglio precisata collaborazione con l’azienda di Pechino (“sono particolarmente felice di essere presente a questo 5G summit – disse la giovane deputata – ringrazio Huawei Italia per l’invito e per l’organizzazione di una giornata che sarà di certo spunto di proficuo confronto e collaborazione”).

Collaborazione che diventa un caso, più unico che raro nell’Italia del 5G a 5stelle: banditi su ordine di Donald Trump in mezzo Occidente Huawei e Zte (l’accusa è cyberspionaggio del Partito Comunista Cinese), nell’era Di Maio siamo pure testa d’ariete in Europa di quella che pare una vera e propria battaglia di intelligence tra 007. Chissà che anche questi non siano ostacoli non necessari prontamente da rimuovere…

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