Si è chiuso con la conferma delle sette condanne per oltre 50 anni di carcere comminati in primo grado il processo d’appello legato al cosiddetto racket delle case popolari del clan Spada di Ostia. Gli imputati rispondevano, a vario titolo, di minacce, violenze, sfratti forzati da alloggi popolari e una gambizzazione. Il tutto aggravato dal metodo mafioso, riconosciuto dai giudici, con cui il gruppo teneva sotto scacco un pezzo di litorale romano. E’ la quarta sentenza che riconosce la mafiosità del clan del X Municipio.
Dopo una camera di consiglio durata più di tre ore, i giudici d’Appello hanno confermato le condanne emesse in primo grado nell’ottobre del 2017: Massimiliano Spada 13 anni e 8 mesi di carcere, Ottavio Spada 5 anni, Davide Cirillo 6 anni e 4 mesi, Mirko Miserino 6 anni e 4 mesi, Maria Dora Spada 7 anni e 4 mesi, Massimo Massimiani 11 anni e Manuel Granato 6 anni e mezzo.
L’inchiesta, denominata “Sub Urbe“, era partita dalla gambizzazione di Massimo Cardoni, detto Baficchio, ferito con due colpi di pistola nel 2015 a Ostia. Dalle indagini venne fuori la violenta contrapposizione tra il clan allora emergente degli Spada e la perdente compagine dei Baficchio-Galleoni, che aveva portato alla gambizzazione. Una lotta tra clan condita da minacce, intimidazioni, sfratti e occupazioni forzose di case popolari. Proprio alcuni esponenti dei Baficchio erano stati “sfrattati forzosamente” da case popolari che occupavano nella zone di Ostia Ponente subendo minacce. Alcuni arrestati si erano impossessati di varie abitazioni e in alcuni casi chiesto soldi alle famiglie per rimanere.
Grida si sono levate nell’aula del Tribunale di Roma dopo la lettura della sentenza. Uno degli imputati presenti in aula ha urlato contro i giudici: “Buffoni, quando esco da qui spacco tutto“. In aula anche una ventina tra amici e parenti dei condannati, alcuni dei quali dopo il verdetto hanno gridato contro la corte: “Vergogna“.
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