A Cop24, la Conferenza internazionale sul clima in corso a Katowice, in Polonia, qualche giorno fa sono arrivati anche i ministri per portare la negoziazione nella parte finale, ma il grande assente rimane l’accordo. Una situazione di stallo che farà probabilmente slittare la chiusura della conferenza di almeno un giorno e che di certo aggiunge preoccupazioni per gli esiti già traballanti della Cop24.

Dalla Conferenza dovranno uscire le linee guida per aggiornare entro il 2020 gli impegni nazionali fissati a Parigi e si decideranno gli aiuti ai Paesi più poveri e vulnerabili al cambiamento climatico. Un accordo però su questi aspetti non c’è, così come non c’è una posizione condivisa neanche sul rapporto speciale del panel di scienziati Onu Ipcc sugli effetti del riscaldamento climatico a 1,5°. Lo studio, chiesto dai Paesi firmatari dell’accordo di Parigi sotto l’egida delle Nazioni Unite, stabilisce che le emissioni devono essere ridotte almeno del 45 per cento a livello globale entro il 2030, ma quattro Paesi ora si rifiutano di riconoscere queste conclusioni: Usa, Arabia Saudita, Russia e Kuwait, i più grandi produttori di idrocarburi. Anche la Polonia, Paese che ospita la conferenza nel capoluogo della regione carbonifera della Slesia e ricava dal carbone l’80 per cento della sua energia, non vuole abbandonare la peggiore delle fonti fossili: il Paese “non può rinunciare al carbone”, ha detto il presidente polacco Andrzei Duda in apertura della conferenza.

Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, è tornato giovedì sera a Roma: “La negoziazione tecnica alla Cop24 di Katowice si è conclusa martedì di questa settimana – ha spiegato – Poi è iniziato il cesello tecnico. La presidenza polacca ha raccolto il lavoro dei dieci giorni precedenti dei vari tavoli, e ieri sera verso le 19 ha proposto la sintesi del lavoro di tutti i gruppi. Questa notte si è negoziato e si lavora ancora. Oggi avremo la nuova sintesi della presidenza. L’auspicio è di chiudere fra sabato e domenica“.

“Questa è una Cop importante – ha aggiunto Costa – che deve dare regole di gestione alla grande idea di Cop 21. Ci devono essere delle regole che chiariscono chi fa cosa, come le fa, i termini, i tempi, le modalità. La Cop24 deve stabilire queste regole, il cosiddetto Rulebook. Dice a ciascuno, paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati, cosa si deve fare: stabilisce i tempi, i modi e il meccanismo di interfaccia fra questi due mondi”. “Può sembrare molto tecnico, ma in quel modo riusciamo a dare attuazione davvero all’Accordo di Parigi“, ha concluso Costa. Il ministro dell’Ambiente nei giorni scorsi ha formalizzato la candidatura del nostro Paese a ospitare la Cop26 nel 2020 e ha annunciato l’obiettivo (che per ora è solo una promessa) di dire addio al carbone dal 2025.

“Siamo all’impasse in alcune aree”, ha detto ai giornalisti l’inviato speciale cinese sul clima Xie Zhenhua. “Dobbiamo evitare di deviare dai principi e dallo spirito dell’accordo di Parigi. Non possiamo accettare di tornare indietro“. I delegati di quasi 200 Stati sono ancora molto distanti su varie questioni, dall’adozione delle ultime scoperte scientifiche sul clima appunto, ai finanziamenti dei Paesi sviluppati a quelli più poveri e vulnerabili ai cambiamenti climatici per poter tagliare le emissioni. Una palude di fronte alla quale il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, nel profondo timore di una chiusura senza accordi, è tornato a esortare i Paesi a trovare dei compromessi, usando toni drammatici. “Sprecare l’opportunità di Katowice comprometterebbe le nostre ultime possibilità di fermare la corsa del cambiamento climatico. Questo non sarebbe solo immorale, sarebbe un suicidio”, ha detto Guterres. “È ora di raggiungere dei compromessi politici. Questo significa sacrifici individuali, ma che porteranno benefici a livello collettivo”, ha aggiunto il segretario generale, nel secondo appello rivolto ai Paesi nel giro di dieci giorni.

Mentre gli ambientalisti accusano i soggetti principali della trattativa, inclusa l’Unione europea, di non spingere abbastanza a favore di un accordo, altri appelli a risultati positivi della trattativa arrivano dai Paesi più a rischio. “Siamo i portabandiera dei più vulnerabili al cambiamento climatici”, ha detto Hilda Heine, presidente delle isole Marshall parlando alla Cop24. “Rappresentiamo un gruppo di nazioni, come la mia, che rischiano l’estinzione. Anche specie di ogni genere rischiano l’esistenza”. Il ministro dell’ambiente delle Maldive, Hussain Hassan, ha chiesto ai ministri presenti in plenaria di alzarsi in piedi: “Non c’è tempo da perdere rimaniamo in piedi per alcuni secondi per pensare a cosa accadrà se non riusciremo a salvare il Pianeta”.

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