Il referendum per la liberalizzazione del trasporto pubblico di Romaraggiunge il 16,3% di affluenza. E, all’interno di questa fetta, il Sì ottiene “solo” il 75% dei voti, senza far registrare il plebiscito che ci si sarebbe attesi. Alla fine, dunque, meno di 300.000 persone hanno votato per l’ingresso massiccio dei privati nel tpl romano, derubricando a “quasi flop” la consultazione cittadina promossa dai Radicali Italiani e sostenuta da Pd romano e Forza Italia. Su 2.367.636 romani aventi diritto, si sono recati alle urne in 386.785. Il quorum del 33% fissato – fra le polemiche – dall’amministrazione capitolina non è stato nemmeno sfiorato, e risulta lontano anche il 20% indicato da una buona parte dei commentatori come soglia minima per registrare il “segnale politico”, tanto atteso dai promotori. Traguardo tagliato, ad esempio, in occasione degli ultimi ballottaggi municipali (slegati dalle elezioni comunali).

IL SI “NON SFONDA” – All’interno di questa minoranza poi, vista la presenza del quorum, ci si aspettava almeno un 85% di Sì ai due quesiti referendari – nel secondo si chiedeva la liberalizzazione del tpl non di linea – e invece alla conta finale il voto positivo non ha superato i tre quarti, determinando un altro elemento di delusione. Con 1.322 sezioni scrutinate su 1424, infatti, l’ok alla liberalizzazione è arrivato da “appena” 260.907 elettori. Complice della scarsa presenza alle urne, va detto, c’è stata la scarsa informazione di una buona parte dei cittadini – di cui i promotori hanno incolpato il Campidoglio – molti dei quali apparsi disinteressati o inconsapevoli. In altri casi, però, chi ha scelto di non andare alle urne lo ha fatto consapevolmente, in alternativa ad un voto negativo o evidenziando il carattere ‘consultivo’ del referendum (che non avrebbe obbligato in alcun modo l’amministrazione a tenere conto dei risultati). Anche la chiusura anticipata dei seggi (alle 20 invece che alle 23) non ha giovato alla causa dei promotori.

RAGGI: “ROMANI VOGLIONO ATAC PUBBLICA” – Politicamente, si tratta di una grande soddisfazione per Virginia Raggi – la seconda nel giro di 24 ore dopo l’assoluzione arrivata sabato nel processo per le nomine in Campidoglio – che insieme a tutto il M5S capitolino si era schierata per il No, anche alla luce del piano di risanamento di Atac (la società romana del trasporto pubblico locale) avviato con la procedura di concordato preventivo in corso perso il Tribunale Fallimentare di Roma. Tutto ciò sebbene i Radicali abbiano definito il risultato odierno “consistente”. Non a caso, su Twitter, la sindaca ha commentato: “I romani vogliono che Atac resti pubblica. Ora impegno e sprint finale per rilanciarla con acquisto 600 nuovi bus, corsie preferenziali, più controlli, riammodernamento metro. Attenzione e rispetto per tutti i votanti”. Esulta anche il comitato ‘Mejo de No’, che tuttavia invita l’amministrazione a rimettersi al lavoro per migliorare “da dentro” il trasporto pubblico cittadino: “Il voto di oggi ci dice che senza un’idea di sviluppo, senza nuove metropolitane, senza investimenti e senza infrastrutture, cambiare gestione non serve a niente e può solo aprire spazi alla speculazione privata. Chiediamo quindi date certe per la conclusione della Metro C, i fondi per mettere in cantiere la Metro D e l’acquisto annuale di nuovi bus”.

MAGI: “SODDISFATTI. AL TAR PER IL QUORUM” – Di diverso avviso Riccardo Magi, segretario dei Radicali Italiani: “Il mancato raggiungimento del quorum è una sconfitta per l’amministrazione della democrazia diretta, per una sindaca che ha fatto fatica a dire una parola sul referendum. Nelle condizioni date siamo soddisfatti di come i romani hanno risposto”. C’è poi la questione quorum. “Il Campidoglio lo ha tolto per i referendum lo stesso giorno in cui ha indetto questo. A nostro avviso il quorum non c’è, quindi impugneremo la questione davanti al Tar”. Fra i 388.000 romani recatisi alle urne, anche l’ex premier Paolo Gentiloni, residente in Centro Storico: “Con le gare pubbliche il Comune resta padrone del trasporto ma la concorrenza migliora il servizio”, aveva detto l’esponente Dem, lasciando intendere la sua preferenza per il Si. Ai seggi, fra gli altri, anche Pierferdinando Casini, ex presidente della Camera da sempre eletto a Bologna (dove e’ nato).

LA DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA – Analizzando i dati dell’affluenza municipio per municipio, si può evincere come il coinvolgimento dei romani abbia seguito due criteri: quello politico e quello della presenza del tpl pubblico. Le percentuali più alte si sono registrate, infatti, nel I, nel II e nell’VIII Municipio (Centro Storico, Parioli e Garbatella), rispettivamente al 20, al 25 e al 19%, dove la presenza del Pd e del centrosinistra in genere – che voleva mandare un segnale di malessere all’amministrazione – è più forte; al contrario delle roccaforti grilline come i municipi V (Prenestino) e VI (Tor Bella Monaca), fermatisi al 14 e al 9%. Ma c’e’ anche un altro dato. Si è andato a votare di più, paradossalmente, nei quartieri maggiormente serviti dalla rete Atac, come nel Municipio VII (17%) ad esempio, territorio interamente attraversato dalla linea A della metro, o nel Municipio XII Monteverde (18%) ben collegato da tram e mezzi su gomma, mentre nei seggi periferici i seggi sono stati letteralmente disertati, quella stessa periferia in gran parte servita non da Atac ma dalla società privata Roma Tpl cui è stato appaltato da 8 anni il 20% dell’intera rete romana.

COME SI RIPARTE DA ATAC – E’ evidente che il risultato odierno darà ancora maggiore forza all’azione politica dell’amministrazione pentastellata, sebbene – come evidenziato dal comitato per il No – esprimersi contro la messa sul mercato dei chilometri di tpl non abbia equivalso a considerare sufficiente l’attuale gestione del trasporto capitolino. Anzi. Ora il rilancio di Atac passerà necessariamente dall’esito del concordato preventivo. Il 19 dicembre i creditori voteranno il piano industriale già accettato dal Tribunale Fallimentare, che spalma in almeno 30 anni i circa 1,5 miliardi di debiti accumulati nel corso degli ultimi 8 anni dalla società romana. Il Campidoglio si è impegnato ad acquistare (o prendere in leasing) circa 900 autobus nel giro dei prossimi 3 anni, un rinnovo di circa il 50% dell’intero parco veicolare. I privati non saranno esclusi da questo processo. Entro il 2020 andrà a gara il 20% oggi gestito dal consorzio Roma Tpl e un ulteriore 15% voluto per sopperire proprio le mancanze di Atac. E poi c’e’ il tema delle infrastrutture. Per rimettere a posto le linee A e B della metro ci vorrebbe 1 miliardo, il Comune investirà (con l’aiuto di Regione Lazio e Governo) poco meno della metà, mentre nelle prossime settimane si dovrà discutere come portare a termine la costruzione della linea C, oggi “limitata” a San Giovanni ma che entro il 2022 deve raggiungere il cuore della Capitale (Fori Imperiali).

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