Criticare una banca in modo aspro e pungente (restando nei limiti della continenza) attraverso l’utilizzo di social, blog o siti si può. Lo ha stabilito un giudice in modo specifico risolvendo positivamente una assurda vicenda che ha coinvolto un piccolo imprenditore, destinatario di un’accusa infamante che gli attribuiva ben due capi di imputazione: diffamazione aggravata e tentata estorsione. Niente di sorprendente se il denunciante non fosse stato la più importante banca italiana, Unicredit. 

Si fa davvero fatica ad immaginare un topolino minuscolo che cerca di estorcere qualcosa ad un elefante di proporzioni bibliche, ma la vicenda è reale e fortunatamente ha incontrato un magistrato scrupoloso che ha letto carte ed eccezioni proposte dalla difesa per assolvere finalmente e in tempi brevi il malcapitato di turno. 

I fatti risalgono al 2014 ma sono attuali più che mai. Un piccolissimo imprenditore pugliese R.C., per denunciare le condotte discutibili della Banca, forse anche come antidoto per sdrammatizzare la gravità di una vicenda comunque dolorosa per la sua famiglia e la sua impresa, ha deciso di avviare una battaglia senza precedenti costruendo una sorta di brand contro la banca, diffondendolo ovunque sul web e sui social network (Facebook, Linkedin ecc). Da oltre 4 anni tutti i santi giorni pubblica un pensiero, una critica costruttiva, una riflessione ma anche delle vere e proprie mini inchieste, alcune delle quali hanno incassato un discreto successo di visualizzazioni e like. 

Il tutto sotto il nome di “UsuraUnicredit” e, abbandonando personalismi e sovraesposizioni, utilizzando uno pseudonimo “GIGI PALLINA”. E fa specie rilevare come innanzi ad un giudice siano state portate a sostegno dell’accusa forme elementari di satira come l’utilizzo di una pecora munita di elmetto. Insomma è stata ripristinata la verità ed il giusto equilibrio tra chi è degno rappresentante del più alto potere economico e finanziario e chi ha perso quel poco che aveva ma ha conservato grande entusiasmo, senso di rivalsa in chiave costruttiva, fantasia e determinazione. Ingredienti fondamentali di una ricetta che ha propinato una pietanza assolutamente indigesta per la grande banca sistemica che, con tutti i suoi uomini, mezzi, risorse, reti e organizzazione, nulla ha potuto per impedire che in questi anni potesse essere diffuso un vero e proprio anti-brand oramai indelebile sui principali motori di ricerca e social network. 

Lo stesso Facebook, a suo tempo addirittura interpellato per il tramite di apposita rogatoria internazionale (cfr. foto in gallery), non fu disponibile a fornire dati in merito alla vicenda proprio perché negli Stati Uniti non esistono i cosiddetti reati di opinione. Singolare inoltre come la stessa Unicredit, al fine di limitare l’onda negativa di questa campagna critica avverso la sua gloriosa immagine, si impadronì a suo tempo del dominio www.usuraunicredit.com lasciandolo ovviamente inattivo e ricorrendo legittimamente alla Wipo (Organismo arbitrale Internazionale sulla proprietà intellettuale) che ha riconosciuto, sembra paradossale, ad Unicredit la proprietà intellettuale del sito sull’usura!

Soldi sprecati perché i timonieri di questa aggressiva compagna di difesa dei diritti dei consumatori bancari non hanno, nel frattempo, limitato la loro presenza sul web. 

Un messaggio preciso per tutti gli imprenditori vessati dal sistema bancario. Se ogni imprenditore alle prese con un disservizio o abuso subito ad opera della propria banca, restando nei limiti della continenza e dotandosi di un proprio stile, sposasse questa nuova forma di protesta si potrebbe dare vita ad un vero e proprio “esercito invisibile” che le stesse banche, sempre molto attente al rischio reputazionale, potrebbero iniziare a temere. 

Oggi Usuraunicredit non è più soltanto una pagina, perché racchiude in sé le esperienze, le vicissitudini, le battaglie di oltre 50 imprenditori sparsi per tutta Italia che sostengono la mission. Che non sia l’inizio di una nuova era? Chissà se la rete in questo senso possa costituire uno strumento di rivalsa per il bottegaio di periferia contro la banca che perpetra gli abusi bancari? 

In questo mio lungo e costante viaggio lungo lo Stivale ho raccolto tante storie di persone che si trascinano in una vita infelice, che hanno paura di cambiare qualcosa nella loro esistenza: il timore dell’ignoto è più forte del disagio che provano. In molti casi, sanno già cosa li renderebbe felici ma non hanno la forza di andare in quella direzione perché preoccupati delle conseguenze.

A queste persone dico che aver coraggio non significa non aver paura. Significa avere la forza di guardare in faccia la paura e decidere di andare avanti lo stesso. Ma per farlo bisogna riconoscerla.

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