I premi ai medici Inps che risparmiano sulle prestazioni arrivano in Parlamento. Rispondendo a una interpellanza urgente sul caso sollevato dal fattoquotidiano.it, il governo li salva e li boccia al tempo stesso, mantenendoli in vigore ma impegnandosi a cancellarli col prossimo Piano delle performance, vale a dire tra tre anni. Nel frattempo, il Presidente dell’Inps Tito Boeri che li ha introdotti, piuttosto restio finora a trattare l’argomento, si prende la briga di scrivere una lunga lettera ai disabili e ai loro familiari per rassicurarli che “non c’è un privato interesse economico che si scontra con il dovere professionale di agire secondo scienza e coscienza; c’è invece un incentivo collettivo a essere più efficienti e scrupolosi nella programmazione delle visite di verifica della permanenza dello stato invalidante”. Il tutto, scrive ancora Boeri, per rispondere ad alcuni articoli di giornale su”presunte distorsioni nel sistema di misurazione e valutazione della performance dei medici dell’Inps”. Così, nel rimpallo delle posizioni, c’è il concreto rischio che gli incentivi definiti “una aberrazione” dallo stesso Ordine dei Medici alla fine restino. E diventino anzi un pericoloso precedente.

“Ho letto quella lettera, e la sua logica conclusione sarebbe che l’Inps proceda al ritiro immediato dell’incentivo”, dice al fattoquotidiano.it il presidente della federazione Filippo Anelli che non arretra, e annuncia anzi di aver chiesto al ministro della Salute Giulia Grillo la convocazione di un tavolo tecnico con l’Inps. Più delle rassicurazioni a parole, argomenta Anelli “se si vuole togliere anche solo l’ombra di un uso distorto o improprio dell’incentivo, non c’è come cancellarlo. Se la volontà di tutti è di non utilizzarlo per ridurre le prestazioni, quel tipo di indicatore va semplicemente tolto”.

L’ombra si trascina fin da marzo 2018, quando Tito Boeri firma la determina sul piano di valutazione della produttività dei medici che per la prima volta contempla un incentivo che funziona al rovescio: non è calcolato sui benefici apportati ai cittadini ma su quelli negati, il tutto giustificato come “contributo del medico alla riduzione del debito pubblico”. Domani, seguendo lo stesso criterio, si potrebbero premiare gli autisti della ambulanze che risparmiano sulle corse e sul carburante, i vigili del fuoco che consumano meno estintori e via dicendo. La questione – giova ricordarlo – nulla ha a che vedere con l’accertamento dei “falsi invalidi”, giacché gli incentivi previsti sono circoscritti alla revisione delle prestazioni “a termine”, vale a dire le pensioni temporaneamente concesse in attesa della loro programmata rivedibilità.

A sollevare i primi dubbi sui risvolti etico-professionali del “Piano delle performance 2018-2020” era stato lo stesso sindacato dei medici Inps (Anmi), dubbi rilanciati poi dal medico e blogger del Fatto.it Vittorio Agnoletto. Del resto sui “premi” ai medici hanno alzato un muro l’Ordine dei Medici (“Aberrazione”), le associazioni di invalidi, i sindacati e dal Ministro della Salute Giulia Grillo (“Revocare prestazioni per raggiungere obiettivi economici viola il codice deontologico dei medici”). “Una polemica sul nulla”, l’aveva invece bollata il presidente Boeri. E benché da allora non abbia concesso molto al confronto, negando interviste e congedando sbrigativamente i cronisti, adesso scrive direttamente alle famiglie una lettera di quattro pagine. Il testo è pubblicato sul sito dell’ente ed è di non agevole comprensione. Sembra parlare agli addetti ai lavori, al mondo medico e alla politica tutt’al più. Ben poco agli invalidi.

In ogni caso il gesto, clamoroso a suo modo, conferma che motivi di riflessione, di preoccupazione o almeno di confronto attorno ai nuovi “premi” ce ne sono eccome. Nella lettera Boeri sfuma decisamente il lessico rispetto a quello usato nella circolare di marzo: oggi parla di “visite mediche di controllo” come indicatore premiante, mentre nel Piano (in vigore) fa espressamente riferimento ad “annullamento prestazioni dirette di malattia”. Due cose molto diverse, perché nel primo caso sembra premiare la frequenza di uscite e controlli, sulla qual cosa nessuno obietterebbe, mentre il premio stabilito nero su bianco in delibera è solo e soltanto sulla intervenuta “revoca”. Alla lettera di Boeri ha fatto seguito la  contro-lettera nella quale lo stesso Agnoletto contesta punto per punto le argomentazioni usate dal presidente, invitandolo ancora una volta al passo indietro

E la politica che cosa pensa? Di fronte a una materia tanto complessa, che investe profili etici e deontologici della professione medica, diritti del cittadino e conti pubblici, l’esecutivo giallo-verde è sembrato in difficoltà. Sui “premi” finisce per tirar dritto coltivando una specie di “riserva” per il futuro. Non accoglie le richieste di “stralcio immediato” arrivate dal mondo dei medici e delle associazioni ma è costretto a riaffermare, nero su bianco, un principio che altrimenti sarebbe scontato: prima viene la salute dei cittadini, poi i conti dell’ente. Dopo alcuni giorni di silenzio, questa posizione è emersa in Parlamento il 16 ottobre scorso, a seguito dell’interpellanza urgente ai ministri della Salute e del Lavoro firmata dalla capogruppo del Pd Elena Carnevali: “Ci lascia increduli e sconcertati anche solo l’idea di legare l’attività del medico a un incentivo economico che premia la severità con cui si giudicano richieste di invalidità e malattia piuttosto che il diritto effettivo di ricevere le prestazioni”, ha scandito la prima firmataria.

A farsi carico della risposta è stato il Ministero del Lavoro che sull’Istituto vigila, per bocca del sottosegretario pentastellato Claudio Cominardi. Nel suo intervento, il braccio destro di Di Maio al welfare ha ammesso (bontà sua) che effettivamente esistono riserve di natura deontologica che dovranno essere approfondite, ma accoglie in sostanza le risposte già fornite da Boeri in una non agevole intervista-inseguimento realizzata da un cronista del Fatto.it. Quegli incentivi sarebbero “marginali”, con una incidenza sulla retribuzione totale del professionista dell’1,7%. “Vista poi la bassa incidenza degli indicatori in questione e dal momento che la valutazione avviene a livello regionale con il contributo di tutti i professionisti”, l’azione del singolo “sembrerebbe non incidere in maniera rilevante sul risultato finale della retribuzione attesa”.

Anche qui, il lessico è rivelatore. Il condizionale (“sembrerebbero”) tradisce una non trascurabile incertezza nel giudizio. Il sottosegretario, infatti, è costretto a una constatazione quasi elementare: “E’ fondamentale, prima di ogni principio economico o finanziario, garantire i valori di rispetto della vita, della salute pubblica e della dignità della persona, come da Costituzione”. Onde per cui l’incentivo avviato resta, come vuole Boeri, ma “il governo si impegna a vigilare affinché, nella futura programmazione, non sia più previsto l’indicatore in oggetto”. Ha gioco facile, l’interrogante Carnevali, a parlare di “soluzione pilatesca”.

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