Era il 3 febbraio e Macerata fu sconvolta da un raid contro sei stranieri. Il giorno prima un cittadino nigeriano era stato fermato per lo scempio sul corpo di Pamela Mastropietro, la 18enne romana scappata da una comunità e trovata a pezzi in un trolley. Oggi Luca Traini, il 29enne, che dopo l’agguato fece il saluto davanti al monumento dei Caduti, è stato condannato 12 anni. Ai giudici della corte d’Assise questa mattina aveva detto: “Scusate, ho sbagliato”. L’imputato è stato giudicato con rito abbreviato che prevede lo scontro di un terzo della pena ed era imputato per strage aggravata dall’odio razziale e porto abusivo d’arma. Oltre alla pena, che coincide con la richiesta della Procura, l’imputato dovrà scontare poi anche tre mesi di libertà vigilata e dovrà risarcire le parti civili con somme da quantificare in sede civile. In aula ai giudici leggendo frasi scritte su fogli aveva anche detto: “Non provo nessun odio razziale volevo fare giustizia contro pusher per il bombardamento di notizie sullo spaccio diffuso anche a causa dell’immigrazione: anche la mia ex fidanzata assumeva sostanze. In carcere ho maturato una nuova cognizione dei fatti”. È stata anche la “cessione di eroina da parte di nigeriani a Pamela” insieme ad altre notizie riguardanti “violenze su bambini e su donne” a provocargli “un tumulto interiore” che lo spinse a sparare. L’imputato ha fatto riferimento anche alla giovane romana uccisa e smembrata a Macerata il 30 gennaio, spiegando le ragioni delle azioni da cui poi si sarebbe ravveduto in carcere grazie a cure, assistenza psicologica e al conforto di varie persone.

La difesa di Traini: “È tranquillo. Faremo ricorso”
Luca Traini “non ha avuto una particolare reazione ed è rimasto tranquillo” in quanto “avevamo valutato anche tra le altre cose una sentenza di questo tipo” dice l’avvocato Giancarlo Giulianelli. Già da ora la difesa annuncia il ricorso in appello la cui impostazione dipenderà da come l’Assise motiverà la condanna. “La sentenza – ammette il legale che contesta però la configurazione giuridica di tutti gli addebiti, a patire dall’accusa di strage aggravata dall’odio razziale – ci sta per questo tipo di reati. La cosa più importante – ha proseguito – sono le sue dichiarazioni (di Traini; ndr): ha espresso idee con le quali conferma di avere sbagliato. Quello che ha scritto lo ha fatto per se stesso e per i suoi cari”.

L’accusa ha chiesto 12 anni, processo in abbreviato
L’accusa, sostenuta dal procuratore capo di Macerata Giovanni Giorgio, per l’imputato aveva chiesto 12 anni di carcere. Partendo da una pena di 22 anni, la Procura è arrivata alla richiesta di 12 anni tenendo conto delle attenuanti generiche per l’imputato e della riduzione di un terzo della condanna per il rito abbreviato. Traini, che si bardò con una bandiera tricolore, quando fu fermato dai carabinieri disse che voleva vendicare Pamela Mastropietro. Per la cui morte è detenuto il pusher nigeriano Innocent Oseghale. Per la difesa, Traini avrebbe una personalità borderline con presenza di una seminfermità. La Procura di Macerata ha fatto leva per l’entità della condanna anche sulle conclusioni del perito, Massimo Picozzi secondo cui l’azione del 29enne fu “un gesto organizzato compiuto da una persona capace di intendere e di volere, legato ad uno stato emotivo e passionale”.

Traini: “Bombardato da notizie su spaccio. Non sono matto”
Ho avuto “un’infanzia difficile” ma “non sono né matto né borderline – aveva proseguito il giovane -. Il mio gesto non è collegato al colore della pelle: un poco di buono può essere sia bianco sia nero”. “Grazie ai giudici e alle forze dell’ordine che stanno riportando la situazione alla normalità” ha continuato sostenendo di di aver agito per il “clima che si era creato con il ‘bombardamento’ di notizie sullo spaccio in città” e per “fare giustizia” anche per l’ex fidanzata che assumeva stupefacenti. All’inizio dell’udienza la Procura aveva depositato la relazione degli psicologi che hanno esaminato Traini durante la detenzione provvisoria nel carcere di Piacenza. Il 29enne, ora in carcere ad Ancona, era stato trasferito per qualche tempo nella casa circondariale emiliana dopo aver dato in escandescenze il 7 giugno scorso: poco prima aveva saputo che erano cadute le accuse di omicidio nei confronti di due dei tre pusher nigeriani (Lucky Awlima e Desmond Lucky) inizialmente arrestati per aver ucciso e smembrato la 18enne Pamela Mastropietro a Macerata – la ragazza aveva anche assunto eroina – insieme a Innocent Oseghale che è tuttora in carcere.

A fine udienza, prima che i giudici entrassero in camera di consiglio, aveva parlato il difensore, Giancarlo Giulianelli secondo cui l’azione del suo assistito non avrebber configurato il reato di strage né l’aggravante di odio razziale: “Sono stati presi di mira soggetti diversi, singoli episodi che non fanno una strage. Un conto dire che l’ho con l’altrui diversità, cosa ben diversa dire che ce l’ho con la sua propensione al crimine”. La difesa non concordava con la valutazione del perito sulla piena capacità d’intendere e di volere di Traini: “Soffre di disturbi di personalità”.

Per le parti civili: “Richiesta di pena lieve”
Per le parti civili la richiesta di condanna a 12 anni di carcere da parte del procuratore è stata troppo lieve. Le richieste di risarcimento danni avanzate nei confronti di Traini sono state dai 20mila ai 750mila euro chiesti da Jennipher Otiotio, nigeriana, una delle persone rimaste ferite più gravemente. Il suo legale, l’avvocato Raffaele Delle Fave, aveva contestato l’entità della richiesta di condanna e il parere favorevole dell’accusa alla concessione delle attenuanti generiche: “L’imputato merita il massimo della pena” aveva detto l’avvocato che ha ricordato poi una pronuncia del presidente di Corte d’assise Claudio Bonifazi, innescando un dibattito e il richiamo dallo stesso giudice. Anni fa inflisse dieci anni di carcere per possesso di 75 grammi di droga, ha affermato, rimarcando per Traini la necessità di una pena molto più alta. Ricordando i vari sconti di pena previsti nel corso della detenzione, calcolati per ogni sei mesi in carcere e la successiva semidetenzione, secondo l’avvocato Delle Fave, “si rischia che entro cinque anni l’imputato torni in libertà”. “La pena deve servire come espiazione ma anche come opportunità di ravvedimento – ha affermato l’avvocato Gianfranco Borgani (per due parti civili) chiedendo una “pena equilibrata” – in modo che il condannato capisca la gravità del reato commesso”.

Un risarcimento “di giustizia” aveva chiesto Nicola Perfetti, parte civile per il Pd la cui porta della sede venne danneggiata da uno dei colpi di pistola esplosi da Traini in via Spalato. “È la prima volta –  aveva replicato il difensore di Traini – che un legale di parte civile interviene per contestare l’ammontare di pena chiesto dal pm”. In replica il Procuratore aveva sollecitato comunque l’applicazione di “una pena non inferiore ai dieci anni di reclusione” anche nel caso ipotetico della derubricazione del reato di strage.

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