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Jobs act, incostituzionale il criterio di indennizzo per il licenziamento ingiustificato: “Viola articoli 4 e 35”

Secondo i giudici, la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione
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L’indennizzo previsto dal Jobs act in caso di licenziamento illegittimo è incostituzionale. Né basta a modificarne l’impianto il recente adeguamento previsto dal decreto Dignità varato dal governo Lega-M5s. E’ stata la stessa Consulta a rendere nota la decisione con un comunicato, in attesa che venga resa nota la sentenza, nel giro di qualche settimana.

Recita il comunicato: la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 3, comma 1, del Decreto legislativo n.23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte – non modificata dal successivo Decreto legge n.87/2018, cosiddetto “Decreto dignità” – che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato.

In particolare, secondo i giudici, la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione. Il Jobs act varato dal governo Renzi prevedeva un indennità di licenziamento compresa tra 4 e 24 mensilità, calcolata in due mensilità per ogni anno di servizio prestato. Criterio modificato, ma solo nei numeri, dall’attuale esecutivo che ha portato gli estremi di calcolo da un minimo di sei a un massimo di 36 mensilità, ma senza modificare il meccanismo.

Tutte le altre questioni relative ai licenziamenti sono state dichiarate inammissibili o infondate.

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