Gigione nazionale, con il lancio della proposta di legge sulle chiusure domenicali e festive, è in questi giorni nuovamente alla ribalta mediatica; a seguito di noti sondaggi che danno la Lega di Salvini in stacco fulmineo sui 5 stelle per punti percentuali di consenso elettorale, ecco che allora si riprende un tema annoso, che crea discussione, spaccature e consensi e sa spostare l’attenzione dal monopolio salviniano centrato solo sull’immigrazione. Un tema importante, che dovrebbe essere affrontato nella sua complessità ed estrema delicatezza e non utilizzato come fosse una palla da bowling lanciata a tutta velocità con l’unico obbiettivo di fare un po’ di rumore. E Gigi invece, al momento, lancia la palla. Si riprende la scena. Quanti birilli cadranno e quanti rimarranno in piedi?

La questione è stata affrontata sindacalmente su tutti i tavoli possibili da tempo immemore, soffocata certamente dal 2011 in poi grazie ai “tecnici”, ma mai abbandonata, anzi! Trovo piuttosto che il rilancio della questione a livello politico si debba proprio al fatto che sui territori e sui posti di lavoro, si sia continuata una battaglia strettamente sindacale che non è mai stata solo ideologica bensì ispirata dal basso, pratica e di senso.

La necessità è sempre stata quella di regolamentare un sistema che non ha mai retto e non ha prodotto risultati oggettivi di aumento occupazionale e fatturato. Piuttosto, i posti che si liberano non vengono rimpiazzati e si lavora sotto organico spremendo come limoni chi resta. La liberalizzazione selvaggia delle aperture e degli orari nella grande distribuzione e nel commercio ha portato solo aumento del disagio (sociale e lavorativo), dumping tra aziende, sfruttamento e precarietà per milioni di lavoratrici e lavoratori del settore che si sono ritrovati a firmare negli anni, già molto prima del decreto Monti, contratti individuali di assunzione con la specifica delle domeniche e delle festività obbligatorie.

I punti focali al centro della proposta sono festività e domeniche. E gli h24? Sul lavoro festivo non posso che essere categorica. La chiusura durante le festività è un atto di civiltà perché il commercio non è di fatto un servizio pubblico essenziale e i lavoratori di questo settore ne hanno le palle piene (con tasche troppo vuote) di spararsi tutte le feste al lavoro consapevoli del servizio totalmente superfluo che offrono. E allora io credo che su questo punto in primis la legge vigente vada superata senza se e senza ma, concretizzando finalmente le istanze sindacali che nel tempo si sono espresse anche attraverso azioni di sciopero, cause vinte contro la non obbligatorietà della prestazione lavorativa e campagne di sensibilizzazione come “La festa non si vende” della Filcams Cgil Nazionale.

Le aperture domenicali vanno assolutamente regolamentate e la discussione del “dettaglio”, quindi l’effettiva regolamentazione va riportata alle Regioni e ai Comuni all’interno di un confronto con le organizzazioni sindacali. Perché certamente un ragionamento in base ai territori e alle zone turistiche, nonché alle tipologie merceologiche all’interno del settore nel suo insieme, ritengo sia opportuno farlo, come sarebbe opportuno stabilire turnazioni eque per il lavoratori e il miglioramento delle loro condizioni retributive per il lavoro domenicale che verrà stabilito. L’e-commerce di conseguenza va regolamentato parallelamente e contemporaneamente.

E gli h24? Degli orari di apertura, Di Maio non parla. Se ne dimentica? Una mancanza ingombrante questa, all’interno della proposta, perché l’anarchia che si è sviluppata in questo senso ha prodotto solo precarietà, turni massacranti, arretramento oggettivo in materia di sicurezza sul lavoro e diversificazione contrattuale al ribasso per gli ormai noti (se pur invisibili, ricattabili e sottopagati) “scaffalisti”, che lavorano in appalto all’interno di molte tra le grandi catene di supermercati. Per cosa? Per comprarci il filo interdentale alle due di notte dopo la grigliata e la ciucca? Ma Gigi su questo sorvola e invece credo fermamente che sugli orari di apertura sia necessario mettere un limite al più presto.

Insomma, la palla da bowling sta facendo il rumore programmato ma non basta. Ora, il mio umile auspicio da lavoratrice è questo: siano convocate le organizzazioni sindacali, ascoltate le necessità che arrivano dai lavoratori del settore (e non solo da chi commenta su Facebook) e le istanze di anni di battaglie e scioperi. Sia riportata la discussione a un confronto pratico insomma, nel superamento della legge vigente in materia, nella tutela dell’occupazione e nel miglioramento effettivo della qualità del lavoro. Che si tradurrebbe anche in rieducazione sociale e in un servizio al cliente meno “spalmato” ma a mio avviso di maggiore qualità.

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