“Non consentiamo la pubblicazione di inserzioni che includono riferimenti impliciti a scene di nudo. Ti consigliamo di usare contenuti che concentrano l’attenzione sul tuo prodotto o servizio, e non sulla nudità“. È la nota spersonalizzata con cui Facebook spiegava all’associazione Luca Coscioni perché ha scelto di censurare la locandina del suo 15° Congresso, in programma dal 5 al 7 ottobre a Milano, dal titolo ‘Le libertà in persona’. L’associazione, da sempre impegnata contro il proibizionismo e per la libertà di ricerca, ha infatti disegnato per il manifesto un’inedita ‘donna vitruviana’. Una figura femminile nuda, “coperta” nelle parti intime da una serie di elementi che simboleggiano i temi dell’Associazione: una foglia di marijuana sul pube, un neonato a coprire il seno, delle spighe di grano (presumibilmente Ogm) in una mano, la pillola abortiva e un microscopio nell’altra.

Evidentemente troppo per il social network, che mediante il suo algoritmo ha riconosciuto la figura di una donna seminuda e ha cancellato la promozione dell’evento, con annesso messaggio standard. Salvo poi scusarsi appena realizzato il malinteso, giustificandosi con l’enorme quantità di contenuti da controllare: “Il nostro team esamina ogni settimana milioni di inserzioni pubblicitarie e a volte purtroppo commettiamo degli errori. Questa immagine non viola le nostre policy”, fa sapere l’azienda.  La locandina, infatti, non voleva affatto “concentrare l’attenzione sulla nudità”, ma pubblicizzare un congresso di rilievo internazionale, a cui parteciperanno medici, scienziati e intellettuali di spicco. “Nella piena comprensione per il tentativo di escludere materiale che possa turbare eccessivamente i propri utenti, ci viene da chiedere chi mai potrebbe sentirsi disturbato dalla donna vitruviana coscioniana”, aveva scritto la Coscioni in un comunicato. “L’accaduto fornisce un nuovo spunto per il dibattito sulle scelte dei social network, operate attraverso algoritmi che non riescono evidentemente a distinguere contenuti osceni e manipolatori da semplici espressioni artistiche“.

Non è il primo caso in cui i criteri di selezione usati da Facebook fanno discutere: qualche tempo fa era stata bloccata addirittura un’immagine della statua del Nettuno in piazza Maggiore a Bologna, ritenuta “esplicitamente sessuale”. Ancora a luglio, Mark Zuckerberg si era trovato costretto a difendere la scelta di non bloccare i contenuti negazionisti dell’Olocausto. “Il nostro obiettivo non è quello di impedire che qualcuno possa dire qualcosa di non vero, ma impedire che le fake news e la disinformazione si diffondano sul network”, aveva detto.

E proprio su Facebook, rivolgendosi allo stesso social, si era fatto sentire il tesoriere dell’Associazione, Marco Cappato: “Gentile Facebook, spiace constatare che ci impedisce di promuovere l’immagine del XV Congresso. La sua scelta, che naturalmente non intendiamo ad personam, rende evidente un’altra libertà da conquistare: quella di conoscenza. Nella speranza che voglia riflettere sulla Sua decisione e rimuovere il blocco nei nostri confronti, aiutandoci a promuovere l’incontro di persone interessate come noi alla conquista di nuove libertà civili, provvederemo a “coprire” ciò che sarebbe invece necessario in Italia “scoprire” e magari insieme “creare”: nuove libertà civili”. E aveva annunciato a breve la nuova versione della locandina, “in linea con i dettami cinquecenteschi del social network”.

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