Offrivano ai migranti “tutta una gamma di servizi“, dall’attivazione di false partite Iva alla finta assunzione come collaboratori domestici, comprese dichiarazione dei redditi ad hoc, “finalizzati essenzialmente all’ottenimento” dei permessi di soggiorno. In cambio chiedevano un compenso fino a mille euro a persona. Viene definita dagli investigatori “una rete di ‘professionisti contabili‘ ed ‘addetti ai lavori'” quella colpita oggi dall’operazione della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza che, su disposizione del Tribunale di Palermo, ha portato all’arresto di nove persone per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Tra loro c’è anche un poliziottoSalvatore Giacobbe, che presta servizio presso l’Ufficio immigrati della Questura. Ai domiciliare poi sono finiti Gesualdo Meli, Antonino Di Majo, Gianfranco Ficano, Francesco Noto, Antonino Pisciotta, Paola Giannetto, Antonino Russo e Marco Celani. Raggiunto dal provvedimento di divieto di dimora a Palermo invece Thayaraj Arulnesan, membro della Consulta delle culture del Comune e titolare di un Caf, ritenuto degli investigatori “il riferimento per la comunità Tamil” della città e un uomo “attivo nel panorama politico” locale.

L’inchiesta coordinata dalla procura di Palermo è durata due anni. E’ emerso che la rete di professionisti, titolari di Centri di assistenza fiscale ed altre persone compiacenti procurava a soggetti extracomunitari, dimoranti nella provincia, i permessi di soggiorno o il loro rinnovo attraverso dichiarazioni dei redditi con dati fittizi o falsi contratti di lavoro. Ogni falso permesso poteva valere da poche centinaia di euro fino a mille euro.

“Gli immigrati, provenienti anche da regioni differenti ed in alcuni casi effettivamente dimoranti in territorio estero, attraverso un passaparola all’interno delle singole etnie giungevano a Palermo ed esternavano ai ‘professionisti contabili’ la loro necessità di avere una dichiarazione dei redditi ad hoc per il raggiungimento della soglia minimo di reddito prevista per proseguire il loro soggiorno in Italia. In alcuni casi, addirittura, il ‘reddito buono‘ veniva richiesto telefonicamente” è così sono stati intercettati, spiegano gli inquirenti.

Il fenomeno aveva assunto una tale dimensione “da allarmare i poliziotti dell’Ufficio Immigrazione” che, allertati i colleghi della squadra Mobile e in collaborazione con la Guardia di Finanza, “hanno dato avvio a controlli approfonditi sulle dichiarazioni dei redditi trasmesse” decidendo la revoca di gran parte delle richieste avanzate attraverso “la fitta rete di professionisti ed ‘addetti ai lavori’ che, dietro il pagamento di compensi che raggiungevano anche i mille euro, offrivano tutta una gamma di servizi, finalizzati essenzialmente all’ottenimento dei relativi permessi“, dicono ancora gli investigatori.

Il metodo consisteva in alcuni casi nell’attivazione di partite Iva per ditte individuali per soggetti extracomunitari, per la maggior parte censiti come venditori ambulanti. Oppure in altri casi venivano fatti risultare fittiziamente assunti come collaboratori domestici dagli stessi professionisti o da soggetti compiacenti. Sono numerosi gli imprenditori extracomunitari fasulli allo stato attuale censiti dai finanzieri e dai poliziotti, che, oltre a soggiornare illegalmente nel territorio nazionale si ritrovano anche con i contributi previdenziali versati solo sulla carta. visto che il loro versamento avveniva mediante compensazione di crediti d’imposta creati ad hoc nelle false dichiarazioni fiscali.

Sono in corso ulteriori accertamenti per quantificare i guadagni illegalmente ottenuti dai professionisti e dai vari Centri di assistenza fiscale. Il fenomeno criminale, accertato già dal 2015, va comunque riferito anche a periodi pregressi ed è da ritenersi, secondo i pm, ancora attivo con ricadute sia in termini di danno al bilancio nazionale che per la pubblica sicurezza, rappresentando un metodo sicuro per consentire a soggetti extracomunitari di poter rimanere illegalmente sul territorio nazionale.

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