I migranti “sono spesso portatori di malattie contagio” e quindi vanno tenuti lontano dai bambini per la vaccinazione nelle Asl. A sostenerlo è il sindaco di Domodossola Lucio Pizzi. L’esponente del centrodestra sostiene di “aver ricevuto segnalazioni che lamentano l’uso promiscuo degli ambulatori per la somministrazione dei vaccini ai migranti”. Per questo motivo il primo cittadino ha scritto una lettera all’azienda sanitaria locale della provincia piemontese del Verbano-Cusio-Ossola: “I bambini non vengano vaccinati nella stessa stanza dei richiedenti asilo”, chiede il sindaco.

Pizzi si è rivolto al nuovo direttore generale Angelo Penna: “Mi viene segnalato con preoccupazione che nello stesso locale vengono vaccinati migranti richiedenti protezione internazionale e bambini in tenerissima età“, sostiene il sindaco. “I bambini piccoli non hanno completato il ciclo di vaccinazioni e sono quindi esposti, mentre i migranti non hanno alle spalle anamnesi che possono escludere situazioni di pericolo per la collettività, anzi sono spesso portatori di malattie contagio”.

Alle parole di Pizzi ha risposto l’assessora regionale all’Immigrazione e ai Diritti, Monica Cerutti: “Ritengo assurda la posizione del sindaco Pizzi che forse sogna di ricreare in Italia situazioni da apartheid. In un altro momento storico non avremmo dato peso alle sue parole deliranti, ma visto il clima che si respira nel Paese crediamo importante ricordare che anche un italiano potrebbe essere potenzialmente portatore di malattie contagiose, magari contratte dopo un bel viaggio all’estero“.

Dal canto suo l’assessore regionale alla sanità Antonio Saitta ha detto di “aver ribadito al direttore dell’Asl Vco, peraltro perfettamente in linea con questa posizione, che il diritto alla salute va garantito a tutti senza discriminazioni, ancora più odiose trattandosi di minori”.

Non è la prima volta che Pizzi prende iniziative di questo tipo nei confronti dei migranti. Nel 2017 aveva chiesto al Prefetto di poter imporre un coprifuoco ai richiedenti asilo e farli rientrare nei centri che li ospitano prima delle 20 “per garantire una maggiore sicurezza”. Una richiesta respinta dalla prefettura.

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