Dal Campidoglio avrebbe ricevuto solo “una cosa” e da “una sola persona”. E cioè rispettivamente il posto al vertice di Acea concesso dalla sindaca Viriginia Raggi. Agli atti dell’inchiesta sullo stadio della Roma c’è anche un’intercettazione in cui Luca Lanzalone si lamenta con un suo socio riferendo di una conversazione avuta con Gianni Lemmetti, assessore al Bilancio e Partecipate, che gli avrebbe chiesto un favore. Prima di arrivare nella Capitale, Lemmeti è stato assessore a Livorno con Filippo Nogarin, giunta con la quale ha collaborato lo stesso Lanzalone. “Gli ho detto, Gianni, vediamo di capirci allora, noi già vi stiamo dando una mano su un milione di cose gratis ed amore dei. Perché vorrei far presente, non ci pensa mai nessuno…però dico….noi abbiamo ricevuto una cosa da una sola persona che si chiama Virginia Raggi e che mi ha nominato nel cda di Acea”, dice Lanzalone intercettato. Nel corso della conversazione, l’ex presidente dell’Acea, sempre riferendosi al dialogo avuto con l’assessore, dice: “Gli ho detto, mi sembra anche eccessivo a questo punto che pretendiate da noi – si legge nelle carte – che dovremmo prendere non ho capito bene quali posizioni, non ho capito bene in forza di quali poteri avremmo, per non ho capito bene fare che cosa o favore di chi”. Insomma, una conversazione in cui il consulente sembra ridurre la sua influenza nei confronti del Campidoglio a differenza di quanto faceva nei dialoghi con Luca Parnasi – l’imprenditore arrestato al centro dell’inchiesta – o in alcune sue “missioni” a Palazzo Chigi dove si presentava come componente di un inesistente “comitato nomine” del M5s.

Il rapporto col Campidoglio e l’irritazione di Bonafede – Ha ridimensionato il rapporto tra il Campidoglio e Lanzalone anche la sindaca Virginia Raggi, che ieri è stata sentita per oltre un’ora in procura come persona informata sui fatti. “Non ha mai preso alcuna decisione, era solo un consulente del Campidoglio senza poteri”, sono le parole della prima cittadina ai pm. Per il tribunale di Roma Lanzalone era un consulente di fatto del Campidoglio e quindi un pubblico ufficiale, con “il potere di orientare le scelte”, scrive il gip nell’ordinanza. Di qui, l’accusa di corruzione. Ed è proprio sul ruolo dell’avvocato genovese che si è tenuta la testimonianza della sindaca, completamente estranea all’inchiesta. Davanti al pm Paolo Ielo, Raggi ha ricostruito la genesi dei rapporti con Lanzalone: a consigliarle il suo nome fu lo “staff enti locali”, cioè Alfonso Bonafede, ora ministro della Giustizia, e Riccardo Fraccaro, ora a capo del ministero per i Rapporti con il Parlamento. Tirato in ballo più volte dal Pd, il guardasigilli non ha rilasciato alcun commento – “Non commento indagini in corso”, ha detto – ma davanti ai suoi avrebbe mostrato “forte irritazione” di fronte ad alcuni titoli di giornali che parlano di “imposizione“, da parte sua, di Lanzalone al comune di Roma.

Lanzalone e la vicenda Atac – Dall’inchiesta, poi, emerge anche altro. Per esempio che negli ultimi giorni, tra l’altro, Lanzalone stava per inserirsi nella vicenda Atac. L’ex presidente di Acea puntava ad ottenere incarichi professionali anche nella vicenda del concordato sul futuro della municipalizzata del trasporto capitolino. Dalle carte allegate al procedimento emergono i contatti tra l’avvocato genovese e “tale Carlo” che viene descritto come “verosimilmente Carlo Felice Giampaolino (advisor legale per il concordato Atac)” . In una intercettazione del 22 maggio “Carlo (Giampaolino) tra l’altro afferma che il ricorso dovrà essere curato da Lanzalone o da un altro professionista con la sua caratura. I due commentano i problemi che potrebbero sorgere nel momento in cui sarà incaricata l’avvocatura del Comune di Roma per seguire le pratiche legali”. Nel colloquio, si legge nell’informativa, i due “parlano del concordato Atac e delle intenzioni del Comune e della sindaca. L’argomento è la proroga del contratto tra Atac e il Comune. Discutono dei dettagli tecnici e legali della proroga e dell’eventuale gara. Discutono dei dettagli tecnici del ricorso e Carlo dice che dovrà occuparsene Luca o uno come lui. Luca gli dice che il Comune gli dice che la farà seguire all’avvocatura”.

Gli interrogatori di garanzia – Intanto ieri l’avvocato si è presentato davanti al gip Maria Paola Tomaselli per l’interrogatorio di garanzia. Nella mia vita non ho mai compiuto nulla di illecito, respingo con forza ogni addebito”, si è difeso il consulente.  Al termine dell’interrogatorio il difensore ha presentato istanza di scarcerazione: il gip decidera all’inizio della prossima settimana. Alla luce della decisione del giudice non è escluso che gli indagati possano chiedere di essere ascoltati dai magistrati titolari dell’indagine. Analoga richiesta di scarcerazione è stata avanzata dai legali dell’ex assessore regionale del Pd, Michele Civita. “Aver chiesto aiuto per mio figlio è stata una leggerezza compiuta in buona fede”, ha detto l’esponente del Pd al gip. Nel corso dell’atto istruttorio, il consigliere regionale, ha respinto le accuse affermando di non aver mai favorito l’imprenditore Parnasi. “Ho chiesto se era possibile intervenire per mio figlio – ha aggiunto – tre mesi dopo che era concluso l’iter della conferenza dei servizi. Non ho mai violato la legge, le decisioni della conferenza di servizio erano pubbliche”. Si è avvalso della facoltà di non rispondere, invece, il vicepresidente del consiglio regionale del Lazio, Adriano Palozzi (in quota Forza Italia). E anche lo stesso Parnasi, che però – secondo il suo avvocato – si farà interrogare dai pm. “Il mio assistito – ha spiegato l’avvocato Giulio Tamburrini– risponderà alle domande del pm. In questo momento noi avvocati avevamo soprattutto bisogno di leggere gli atti con un attenzione poi Parnasi renderà un interrogatorio davanti al pubblico ministero a Roma” al quale “intende spiegare molte cose”.

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