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Polizia, Salvini contro il numero identificativo sui caschi degli agenti: “Sono già facili bersagli dei delinquenti”

Il ministro dell'Interno conferma il suo no all'introduzione di un codice per riconoscere le forze dell'ordine: "Da bambino giocavo sempre a guardie e ladri, a volte vincevo, a volte perdevo, ma sapevo sempre da che parte stare"
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“Il mio obiettivo è non mettere il numero sui caschi dei poliziotti, che sono già abbastanza facilmente bersagli dei delinquenti anche senza il numero in testa“. Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini conferma il suo no all’introduzione di un codice sul casco degli agenti. Una misura chiesta a gran voce per evitare casi di abuso ed eccessi da parte della pubblica sicurezza come successo, tra i casi più tristemente famosi, durante il G8 di Genova.

“Sono già facili bersagli anche senza il numero e comunque mi sembra che fossero disponibili ad avere una telecamera“, ha aggiunto Salvini facendo riferimento a un’idea già indicata nel contratto di governo: “Si dovranno dotare tutti gli agenti che svolgono compiti di polizia su strada di una videocamera sulla divisa, nell’autovettura e nelle celle di sicurezza – si legge al capitolo 23 del contratto, nella parte relativa alle Forze dell’ordine – per filmare quanto accade durante il servizio, nelle manifestazioni, in piazza e negli stadi”. Alla misura di un numero identificativo per gli agenti si era detto contrario, a suo tempo, anche Angelino Alfano: “Che facciamo, vogliamo fargli bussare a casa?”, aveva commentato la proposta nel 2013 l’allora titolare del Viminale.

Salvini ha anche fatto sapere che venerdì sarà a Genova per fare visita al poliziotto rimasto ferito nella sparatoria che ha portato alla morte del 21enne Jefferson Tomalà, ucciso dopo aver aggredito l’agente intervenuto con un collega per un Tso. “Mi dicono sia un atto dovuto, ma è fondamentale che chiunque indossi la divisa sappia che il Paese è con lui. Se devo scegliere io so da che parte stare, da quella della divisa“, ha detto il ministro intervenendo alla cerimonia di chiusura della Scuola di perfezionamento per le forze di polizia. “Da bambino – ha poi ricordato – giocavo sempre a guardie e ladri, a volte vincevo, a volte perdevo, ma sapevo sempre da che parte stare”.

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