Vista dall’alto sembra una gigantesca marmellata: grumi di centrosinistra spalmati a destra e viceversa. Più di diecimila in corsa per un posto in consiglio comunale, esponenti del Pd candidati con la coalizione di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, mentre il simbolo dei dem scompare nelle città principali. Sissignore: dopo la sconfitta alle politiche il rilancio del Partito democratico parte da qui. Dalla latitanza alle amministrative. Distratti dalle trattative nazionali tra Lega e Movimento 5 stelle, i dirigenti del partito retto da Maurizio Martina non si sono accorti di un particolare: rinunciano a correre nei centri più grandi che in Sicilia sono chiamati a eleggere il sindaco.

Un candidato ogni 100 elettori – E dire che proprio l’isola, così come tutto il Sud, era un territorio da riconquistare dopo i milioni di voti regalati al M5s il 4 marzo scorso. In questo senso le amministrative del 10 giugno potevano essere una buona occasione: i candidati al consiglio comunale sono più di diecimila, uno ogni 138 elettori ha contato l’edizione locale di Repubblica. Alle urne sono chiamati 137 comuni siciliani, praticamente più di un terzo dei 4 milioni e mezzo di elettori dell’isola. Che alle politiche di tre mesi fa ha votato a maggioranza (il 48% cioè uno su due) per Luigi Di Maio. Se uno fosse un dirigente del Pd dovrebbe chiedersi: dopo il dialogo aperto dal capo politico del M5s con il leghista Matteo Salvini è possibile che qualcuno degli elettori siciliani abbia già cambiato idea? Può essere che una parte di chi ha scelto i 5 stelle sia rimasta delusa dall’avvicinamento al Carroccio e voglia tornare a votare per il Pd? Domande che però i dirigenti del Pd non si sono evidentemente ancora posti. Il risultato? Anche se qualcuno volesse davvero tornare a dare il suo voto al Pd, aprendo la scheda elettorale non ne troverebbe il simbolo. Su cinque capoluoghi di provincia chiamati alle urne, infatti, in tre casi la lista dei dem non è stata presentata.

Catania, la città del fondatore del Pd senza il simbolo del Pd – Succede per esempio a Catania, la città amministrata da Enzo Bianco, che del Pd nazionale è un fondatore. L’ex ministro dell’Interno si ricandida (è la quinta volta) ma è appoggiato solo da liste civiche: un po’ come era successo lo scorso anno al suo omologo palermitano, Leoluca Orlando. A Catania, però, succede anche altro. Succede per esempio che tra i candidati sindaco ci sia Riccardo Pellegrino, già aspirante consigliere regionale indagato per corruzione elettorale, noto per avere un fratello imputato per mafia. E anche per certe lamentele legate all’ordine pubblico nel suo quartiere: “Se in campo ci fossero state persone di spessoremafiosi, tutto questo manicomio non c’era”, diceva Pellegrino, che non è stato sostenuto da Forza Italia. Per provare a riprendersi la città tanto cara a Silvio Berlusconi, infatti, il centrodestra candida l’europarlamentare Salvo Pogliese, unico aspirante sindaco – oltre al pentastellato Giovanni Grasso – a contare sui simboli di partito. Ma anche su liste civiche. Tra queste c’è anche Catania in Azione, nata su input di Nicola D’Agostino. Chi è D’Agostino? In teoria un uomo di centrosinistra. Candidato alle politiche con il Pd, è deputato regionale di Sicilia Futura, il movimento creato dall’ex ministro Totò Cardinale per sostenere Matteo Renzi. Va bene che a Catania non c’è al lista del Pd, ma come mai nessuno ha chiesto a D’Agostino di evitare un sostegno tanto plateale per il candidato di Forza Italia?

Acireale, mister preferenza del Pd lontano dal Pd –  Una scena simile va in onda anche d Acireale, dove Luca Sammartino, il re delle preferenze del Pd, l’uomo nuovo del partito ingaggiato direttamente da Renzi , ha deciso d’impegnarsi direttamente alle comunali con una sua lista. Per sostenere chi? Ma ovviamente Michele Di Re, candidato del centrodestra e favorito alle elezioni dopo che nel febbraio scorso il centrosinistra ha visto finire agli arresti il sindaco Roberto Barbagallo. Che è vicinissimo – ironia della sorte – a D’Agostino, quello che a Catania fa la stessa cosa di Sammartino ad Acireale: appoggia la destra pur essendo di sinistra. Il bue che dice cornuto all’asino. Casi che nel caos generale sono diffusi in tutta l’isola. “Questa è una questione che merita un chiarimento congressuale definitivo perché questi comportamenti ipotecano l’esistenza stessa del Pd”, dice Fausto Raciti, segretario dimissionario del partito in Sicilia.

Trapani, il candidato senza quorum lascia il Pd  – Il Pd non c’è neanche a Partinico, grosso centro in provincia di Palermo, dove la presidente dei giovani dem si candida con una lista di centrodestra. E manca sulle schede pure a Trapani, il comune osservato speciale alle prossime amministrative. Lo scorso anno il capoluogo più a ovest dell’isola era stato travolto da una vera e propria bufera giudiziaria con i due candidati di centrodestra – l’ex sindaco Mimmo Fazio e il senatore Antonio D’Alì – finiti agli arresti domiciliari e al soggiorno obbligato. Nonostante tutto, l’ex primo cittadino era riuscito ad arrivare al ballottaggio, ma temendo di finire nuovamente agli arresti aveva deciso di ritirarsi. In lizza era dunque rimasto solo il candidato del Pd, Piero Savona: per diventare sindaco l’affluenza avrebbe dovuto raggiungere il 50%. “La scelta è tra me e un commissario”, diceva il candidato senza sfidanti. I cittadini hanno optato per un commissario. Oggi sono chiamati a scegliere tra cinque candidati, tutti o quasi sostenuti da liste civiche (a parte Giuseppe Mazzonello del M5s), compreso Giacomo Tranchida, già sindaco di Erice e Valderice, sedicente aspirante sindaco del centrosinistra. A sostenerlo, infatti, ci sono pezzi non secondari dello schieramento opposto: da Diventerà Bellissima, la lista di Nello Musumeci, a ex fedelissimi del forzista Gianfranco Micciché e dello stesso Fazio. E l’ex candidato Savona? Ha lasciato il partito. “Il Pd è morto – spiega – Smembrato, massacrato, diluito. L’anno scorso ci hanno lasciati soli. Per chi voto io? Prima voglio sapere con chi stanno Fazio e D’Alì. Io avrei potuto vincere se mi fossi accordato con loro. Ma non l’ho fatto”. Sullo sfondo, tanto per cambiare, i soliti rumors su indagini giudiziarie che lambiscono i palazzi della politica.

Siracusa, nessun Pd ma due Pd – A Siracusa, invece, il Pd non solo non c’è ma addirittura si sdoppia. Giancarlo Garozzo, primo sindaco renziano di Sicilia, non si ricandida e appoggia il suo vice Francesco Italia. Problema: il centrosinistra sostiene un altro candidato, Fabio Moschella. D’altra parte anche sul fronte opposto la coalizione si spacca e presenta addirittura tre candidati: Forza Italia ha Paolo Ezechia Reale, la Lega Francesco Midolo, Diventerà Bellissima Fabio Granata. Chiude Silvia Russoniello per il Movimento 5 stelle, una delle tre donne candidate sindaco nei capoluoghi di provincia: gli uomini, invece, sono 28. Alla faccia della parità di genere.

Quote rosa? “Le donne non ci devono rompere la minchia” –  E a proposito di donne in politica, l’ex deputato Pippo Gianni si ricandida sindaco a Priolo, altra città che ha visto finire agli arresti il suo sindaco, il recordman delle indagini Antonello Rizza. Sfiderà la grillina Maria Teresa Lauria. Arrestato nel 1994 per concussione e condannato in primo grado a tre anni, poi salvato dalla Cassazione, anni fa Gianni espresse il suo parere sulle quote rosa: “Le femmine non ci devono rompere la minchia”.

I dem nella città di Genovese – Paradossalmente il Pd si presenta alle elezioni nella città dove è più debole. A Messina, per esempio, dove il primo segretario del partito in Sicilia, e cioè Francantonio Genovese, ha lasciato i dem dopo l’arresto per traslocare insieme ai suoi fedelissimi in Forza Italia. Candida Dino Bramanti, ma il centrodestra ha anche altri tre aspiranti sindaco: Emilia Barrile, Pippo Trischitta e Cateno De Luca, il deputato arrestato tre giorni dopo le regionali. Si ricandida l’uscente Renato Accorinti, il sindaco scalzo che aveva ridato speranza alla città cinque anni fa, mentre i 5 stelle ci provano con Gaetano Sciacca.

M5s prova a mantenere Ragusa, ma Piccitto non si ricandida –  Il simbolo dei dem è presente anche a Ragusa, con Giuseppe Calabrese. La città iblea, però, rappresenta una prova fondamentale per il Movimento 5 stelle: il primo cittadino Federico Piccitto non si ricandida. Dopo mesi di lotte intestine i pentastellati hanno puntato sul presidente del consiglio comunale Antonio Tringali. Oltre ai dem dovrà sfidare Maurizio Tumino di Forza Italia, l’Udc Sonia Migliore, i due civici Peppe Cassì e Carnelo Ialacqua, il dissidente dem Giorgio Massari. Cinque candidati che in pratica cercano di scippare ai 5 stelle il primo capoluogo conquistato sull’isola nel 2013. Adesso potrebbe essere anche il primo ad essere perso. Una beffa per l’isola che ha regalato a Di Maio più di 53 parlamentari.

Twitter: @pipitone87

Aggiornato da redazione web il 27 marzo 2019 alle 18

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