Nonostante la recente condanna alla fine del processo sulla Trattativa Marcello Dell’Utri torna a sperare di lasciare il carcere. La corte di Cassazione ha infatti annullato l’ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Roma che il 5 dicembre 2017 aveva giudicato compatibili con il carcere le condizioni di salute dell’ex senatore. Lo rendono noto i legali del fondatore di Forza Italia Simona Filippi e Alessandro De Federicis. “Ora la Cassazione – spiegano – invierà per un nuovo esame gli atti al Tribunale di Sorveglianza che dovrà rivalutare la compatibilità delle condizioni di Dell’Utri con il regime carcerario”.  Dell’Utri, affetto da cardiopatia, diabete e tumore alla prostata, dopo un ricovero al Campus Biomedico è tornato da pochi giorni nel carcere di Rebibbia. Dal 2014 sta scontando una condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno a Cosa nostra.

L’11 dicembre scorso i giudici del tribunale di Sorveglianza avevano spiegato che dal loro punto di vista  le condizioni di salute dell’ex parlamentare erano “buone” e nonostante le sue varie patologie la detenzione in carcere poteva ancora assumere carattere “rieducativo“. Di più: la pena carceraria dell’ex senatore non si presta “a giudizi di contrarietà al senso di umanità da più parti paventato, in quanto il quadro patologico non appare costituire una sofferenza aggiuntiva, derivante proprio dalla privazione dello stato di libertà“.

Il 2 febbraio nuovo pollice verso all’istanza di scarcerazione dello storico braccio destro di Silvio Berlusconi. “La posizione giuridica di Dell’Utri non è in alcun modo rassicurante: la sentenza in esecuzione ha accertato i suoi rapporti con i vertici di Cosa nostra dai primi anni ’70 al 1992. Allarmante appare la pregressa latitanza in Libano, avvenuta nel 2014, vale a dire poco meno di quattro anni fa, nonostante l’età, la patologia cardiaca e le altre affezioni già all’epoca presenti”, scriveva il tribunale, citando anche la richiesta di condanna a 12 anni di reclusione avanzata due settimane fa dalla procura di Palermo nel processo sulla cosiddetta Trattativa .

“Considerate le pendenze per reati molto gravi che potrebbero determinare nuove consistenti pene detentive – si leggeva ancora nelle motivazioni – e tenuto conto del recente tentativo di sottrarsi all’esecuzione penale, non si ritiene di poter escludere il pericolo di fuga, non trovandosi in condizioni fisiche impeditive della deambulazione e del movimento, e non essendo le malattie in fase avanzata e debilitante”. Per il tribunale di Roma quindi è possibile che altre future pene possano essere inflitte all’ex senatore, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia. Il 20 aprile ecco che la corte d’Assise ha condannato l’ex senatore a 12 anni in primo grado per violenza o minaccia  a un corpo politico dello Stato.

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