Magistrato per vocazione, attore per caso e scrittore pungente per denunciare “Crimini contro le donne”. Fabio Roia è, a tutti gli effetti, un lottatore di giustizia. Il gentiluomo dei diritti offesi, ignorati, calpestati. Scende dal palco del teatro Manzoni dove ha interpretato praticamente se stesso, presidente della Corte al Processo alla Storia, format cultural/itinerante ideato da Elisa Greco. Sul banco degli imputati Steve Jobs,  interpretato dal poliedrico imprenditore Arturo Artom che per meglio calarsi nella parte indossava lo stesso pulloverino nero a collo alto, parlava e gesticolava come lui.


Elisa Greco e Fabio Roia

Ma colpevole di cosa? Di aver aver manipolato, alienato una generazione (in realtà anche più di una) di aver creato la sindrome da dipendenza da smartphone. Si chiama NOMOFOBIA, quella angoscia di rimanere fuori connessione, di perdere il contatto con la rete mobile e dunque con il mondo a tal punto da sperimentare sensazioni simili all’attacco di panico e creando stati di ansia strutturati. Sindrome che ha colpito nel Regno Unito il 53% dei possessori di cellulari, con dati in via di sperimentazione in Italia (ma si presume molto simili). Quanto le nuove tecnologie stanno plasmando il nostro vivere sociale? Il dibattito processuale è stato condotto con arguzia e ironia da Fabio Roia, Presidente di Sezione del Tribunale di Milano, fiancheggiato dal saggista Umberto Ambrosoli nel ruolo di avvocato difensore di Jobs. Ecco i capi d’accusa al padre di tutti gli iPhone.

A) del reato di cui all’art. 81 c.p. Lesioni personali colpose gravi continuate perché dal 29 giugno 2007, data della messa in commercio dell’iPhone dopo un battage pubblicitario durato mesi e quindi invadente e invasivo per il mercato, per colpa consistita nel non prevedere le conseguenze di un simile impatto sull’equilibrio e la cultura delle persone soprattutto giovani o comunque accettandone il rischio. Provocando un radicale cambiamento nelle abitudini, modi di comportamento, nelle relazioni sociali, creando dipendenza tecnologica attribuibile a un uso smodato, compulsivo ma prevedibile di iPhone e di iPad. Creando in particolare condizioni di dipendenza anche durante la guida dell’autovettura tanto che secondo i dati Istat il 24% degli incidenti stradali in Italia sono causati da un uso sconsiderato dello smartphone. E il 96% dei guidatori ammette di guardare ripetutamente il telefono mentre si trova alla guida. Negli Stati Uniti e in Europa in permanenza attuale.

B) del reato di cui all’art. 513 c.p. Turbata libertà dell’industria e del commercio perché sempre a far data dal 29 giugno 2007 si adottava una politica commerciale finalizzata ad una decisa trasformazione tecnologica della società senza alcun tipo di contemperamento con altre e diverse esigenze (sociali, culturali, lavorative, relazionali), si turbava il normale esercizio dell’industria e del commercio in diversi settori produttivi e commerciali (industriale, della distribuzione, dell’editoria, dei servizi) producendo una drastica riduzione del numero dei lavoranti sostituiti da agenzie tecnologiche. Negli Stati Uniti e in Europa in permanenza attuale.

Traduco il legalese alla mia maniera, in fondo se non si vendono più giornali la colpa è anche del caro Steve, cofondatore dell’Apple, stroncato da un tumore a soli 56 anni (su di lui la Pace). Alla fine la giuria popolare, formata dal pubblico, ha emesso il suo verdetto: Steve Jobs è innocente. Alleluia. Gongola soddisfatto Artom/Jobs: “Sarebbe stato come condannare la genialità di un uomo” e per festeggiare convoca tutta la Corte per pizza, tarallucci e vino al risto Camillo Benso, lì a due passi. Invitata anche Merly Streep, amica di lungo corso di Arturo. Sarà stata lei a dargli qualche suggerimento di recitazione?

A sipario calato processione nel dietro le quinte dove Roia stringe mani e firma copie del suo ultimo libro “Crimini contro le donne” (Franco Angeli). E’ una vita che si batte come un leone contro la violenza a domicilio. Molto prima che l’odioso termine femminicidio fosse inventato a uso mediatico. Per Roia è già crimine quando un uomo maltratta una donna, le fa violenza psicologica. Figuriamoci quando le mette le mani addosso. E’ grazie a lui se oggi esiste una legge contro il femminicidio. Anche se ammette: “Si può migliorare”. Il Roia pensiero si snoda su dati di fatto, il suo è un attacco dal didentro: ci sono magistrati e poliziotti che non fanno il loro dovere. Chi sono? Donne, correte a comprarlo. E soprattutto correte a denunciare quel farabutto che vi gonfia di botte. Coraggio, coraggio…

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