Come era ovvio e naturale il dibattito del dopo voto ruota su ciò che faranno gli eletti prima, e se del caso gli elettori dopo, del Partito Democratico di fronte al mexican standoff, al triello tra il buono, il brutto e il cattivo, ed ognuno a seconda delle sue simpatie politiche si scelga chi crede tra Eastwood, Van Cleef e Wallach.

Se Sergio Leone ci ha insegnato qualcosa è che il primo a tirare fuori la pistola è un uomo morto. Per questo molti sostenitori e molti commentatori sono già un po’ preoccupati perché la mano di Di Maio sembra essere corsa verso l’ipotesi dell’alleanza, per lo meno della proposta, con i residui del centrosinistra delle Seconda Repubblica. Per questo moltissimi sostenitori e moltissimi commentatori, come Ezio Mauro e Mario Calabresi, sono preoccupatissimi perché, nonostante il tentativo di Renzi di giocare una mano in cui a vincere è il Morto, sia nel Pd sia nei poteri forti, sempre molto considerati, e perfino al vertice della piramide generazionale di Repubblica c’è chi pensa con molta intensità a quella ipotesi.

Abbiamo visto che le regole della Germania o della Francia, come stupirsi, qui non valgono. A Parigi e a Berlino la “sinistra” è stata premuta e spremuta in tutti i modi perché si dichiarasse per il meno peggio e chi, come Melenchon non lo ha voluto fare, facendo quello che oggi fa il Pd, gode da noi di pessima stampa. Oggi, solo oggi, campeggia il notinmyname, l’identità, le idee, così agevolmente messe da parte per Verdini e Berlusconi, per Monti ed Alfano, per Lupi e Formigoni.

Naturalmente tutto questo, come nel triello, può avere un solo scopo: obbligare, nell’impossibilità di altri numeri, i populismi ad incontrarsi. Sputtanandosi. O a gettare la spugna e cedere, chi vorrà farlo, alle lusinghe e alle minacce dell’ennesimo governo del Presidente. Eh ragazzi, che volete farci, senza di noi non c’è governo ci siamo portati via il pallone, proclamava Renzi, con la faccia irridente che ha così rapidamente disgustato gli elettori italiani. E dunque siamo qui. Ad agitare l’unica minaccia che può credibilmente indurre il Pd a fare una scelta. Le nuove elezioni. L’angoscia per quegli straccetti rossi nel mare giallo blu. La paura di chi ha cinque anni di vita politica davanti e che potrebbe vedersela ridurre a tre mesi. Ma non sempre nuove elezioni spostano abbastanza gli equilibri per risolvere uno stallo. In Grecia funzionò, in Spagna no.

E allora ecco la modesta proposta che giro a Di Maio e Salvini. Vi vogliono uniti. Unitevi. Per quei due mesi che servono ad approvare la legge elettorale a doppio turno alla francese e non un giorno di più. Poi a rivotare con lo strumento, antico sogno della sinistra, proposto nella Bicamerale, quello che funziona così bene a Parigi e nei nostri grandi comuni. Chi ha il 50% al primo turno passa e poi due settimane dopo il triello diventa duello. Sappiamo bene tra chi. Toccherà agli elettori e non più ai partiti scegliere. Notinmyname? Bene, notinyourname!

Articolo Successivo

Di Maio: “Giochi di potere sulla pelle dei cittadini, italiani chiedono responsabilità”

next