Consob accusa Saipem di aver effettuato “errori rilevanti” da circa 1,3 miliardi nelle svalutazioni dei bilanci 2015 e di non averli corretti nei conti 2016. Così, dopo oltre un anno di indagini, l’autorità di vigilanza dei mercati mette indirettamente in discussione l’operazione con cui, alla fine del 2015, la Cassa Depositi e Prestiti è diventata socio di Saipem acquistando il 12,5% del capitale dall’Eni. E lo fa all’indomani della tornata elettorale, nonché in prossimità della scadenza del mandato degli amministratori di Cdp e di Saipem. Peraltro in una situazione in cui anche Consob non è a ranghi completi: il neopresidente Mario Nava non è ancora operativo e l’autorità di vigilanza è affidata temporaneamente dalla renziana Anna Genovese.

Con queste premesse, la vicenda Saipem ha tutte le carte in regola per trasformarsi nel casus belli capace di mettere in discussione il rinnovo dei vertici della società di ingegneria e della stessa Cdp, le cui nomine Matteo Renzi ha tentato invano di anticipare a prima delle elezioni. Le accuse della Consob nei confronti della società guidata da Stefano Cao sono del resto molto gravi. Secondo l’autorità di vigilanza, mancano all’appello nei conti 2015 “alcune svalutazioni (per un ammontare complessivo pari a circa €/mld 1,3), operate dalla società su “immobili, impianti e macchinari” nel bilancio consolidato 2016 – che – avrebbero dovuto, almeno in parte, essere rilevate, per competenza economica, nell’esercizio precedente”, come si legge in una nota di Saipem. Inoltre, l’autorità ha anche accusato il gruppo di non aver tenuto in debito conto le modifiche dei profili di rischio dei Paesi in cui opera, oltre che l’impatto del “venir meno del consolidamento di Saipem nel gruppo Eni”. Per Consob, come puntualizza la nota Saipem, “la rilevanza degli errori e la significatività delle carenze riscontrate, possono determinare, altresì, la non conformità delle rendicontazioni in oggetto ai requisiti di attendibilità, prudenza e completezza” sanciti dai principi contabili internazionali.

Il punto però è che il bilancio 2015 è proprio quello sulla base del quale sono stati fatti gli accordi con cui l’Eni ha ceduto alla Cassa Depositi e Prestiti il 12,5% di Saipem per 463 milioni. Mettere in discussione le svalutazioni significa entrare indirettamente a gamba tesa su quella che è stata un’operazione di sistema varata dalla Cdp in un momento di forte difficoltà per il cane a sei zampe. Senza contare che proprio in quel periodo Saipem aveva avviato una pesante pulizia di bilancio svalutando 906 milioni nel 2015 e 2,3 miliardi nel 2016. Da allora per l’azienda era iniziata una complessa fase di rilancio industriale su cui hanno pesato anche le inchieste giudiziarie sulle presunte tangenti pagate in Algeria. Rimettere in discussione i dati 2015 significa quindi minare la credibilità del management e del consiglio.

Non a caso, Saipem ha immediatamente respinto l’accusa di “violazione anche del principio relativo alla corretta rappresentazione della situazione aziendale” presentata da Consob. Ha ricordato che i suoi bilanci sono stati puntualmente certificati senza rilievi dai revisori della Reconta Ernst & Young e ha minacciato di ricorrere al Tar del Lazio contro l’autorità di vigilanza. Ma, come si legge nella nota, “pur non condividendo il giudizio di non conformità del bilancio consolidato e d’esercizio al 31 dicembre 2016 reso da Consob”, l’azienda guidata da Cao pubblicherà entro tre settimane una situazione economico-patrimoniale pro forma consolidata al 31 dicembre 2016 che tenga conto dei rilievi formulati da Consob.

Intanto, il consiglio di Saipem si è riunito per la proposta di bilancio 2017 i cui dettagli saranno resi noti martedì 6 marzo e che potrebbero anche essere gli ultimi dell’era Cao. Con l’assemblea 2018, prevista il 3 maggio, scadrà il mandato dell’attuale consiglio Saipem, ma i soci di maggioranza, Eni e Cdp, dovranno depositare la lista per il prossimo consiglio entro il 6 aprile. Una manciata di giorni dopo, il 16 maggio, si terrà invece l’assemblea per l’approvazione del bilancio della Cassa Depositi e Prestiti. Le liste per il rinnovo dei vertici della società che gestisce il risparmio postale dovranno essere depositate entro il 21 aprile. Nel mezzo i tempi della politica e le incognite sulla formazione di un nuovo governo che dovrà decidere del futuro della Cassa Depositi e Prestiti, braccio finanziario di Roma e ultima cassaforte del risparmio italiano.

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