C’è una data d’inizio della follia che ha portato alla morte delle due bimbe di Cisterna di Latina al ferimento della madre. È il 4 settembre dello scorso anno, sei mesi fa. Via Pontina, dopo Latina. Davanti alla Findus, lo stabilimento dove lavora Antonietta Gargiulo, la donna rimasta ferita da tre colpi di arma di pistola sparati dal marito, è fuori con i colleghi per fumare una sigaretta. Una pausa dal lavoro, qualche chiacchiera, i racconti delle ferie. L’appuntato scelto dei carabinieri Luigi Capasso arriva già alterato. Va davanti ad Antonietta, la moglie, l’aggredisce di fronte ai colleghi. La strattona, la umilia, tanto che gli altri operai intervengono. “È stato quello il momento della fine del rapporto – racconta a ilfattoquotidiano.it l’avvocata Maria Belli, che assiste la donna – da quel giorno si sono allontanati”. Antonietta si presenta al commissariato della Polizia di Stato di Cisterna di Latina, il comune dove vivevano, presenta un esposto sul fatto. “Non una denuncia – spiega il legale – perché non voleva danneggiare il marito, che già aveva avuto problemi disciplinari in passato”.

Da quel 4 settembre il carabiniere – morto suicida dopo aver ferito la moglie e ucciso le due figlie – non rientrerà più a casa. Prende un alloggio di servizio nella caserma dell’arma a Velletri, dove era arrivato dopo il trasferimento ad Aprilia. “Dopo quell’esposto Luigi Capasso era stato chiamato dal commissariato – spiegano a ilfattoquotidiano.it dalla Questura di Latina – e redarguito. Lui aveva assicurato che era sua intenzione cercare di ricostruire il rapporto con la moglie. Una storia classica, ne vediamo tantissime ogni giorno”. Nulla, spiegano le fonti investigative, faceva presagire l’imminente tragedia. Forse un profilo non valutato attentamente, forse un timore da parte della moglie Antonietta nel voler andare fino in fondo, con una denuncia. Dettagli che ora dovranno essere analizzati dai magistrati di Latina.

Le bambine, raccontano i testimoni, erano terrorizzati dal padre. “Da un po’ di tempo – ricorda l’avvocato Belli – era geloso, possessivo e aggressivo”. Anche dopo la separazione di sei mesi fa Luigi Capasso continuava a mantenere un rapporto morboso, soffocante con la moglie: “A volte lei se lo trovava in banca mentre faceva la fila, aveva l’impressione di essere seguita”. Un rapporto ormai finito, che lentamente si preparava a diventare tragedia.

La cronaca racconta il drammatico timing dell’ultimo giorno del carabiniere. Nella stazione di Velletri si occupava di servizi amministrativi. Aveva terminato il suo turno alla mezzanotte di martedì 27 febbraio, ritirandosi nel suo appartamento di servizio. Poche ore dopo, verso le 5.20 è arrivato davanti al garage di Antonietta, a Cisterna di Latina, dieci chilometri da Velletri. L’ha aspettata, ha sparato un primo colpo alle spalle. Lei è fuggita verso il portone e lui ha esploso altri due colpi. Poi ha preso la borsa della donna ormai a terra, con le chiavi dell’appartamento che aveva lasciato a settembre. È salito, è arrivato davanti alle due figlie, 7 e 13 anni. Una mezz’ora dopo la vicina ha sentito gli altri colpi, tre, forse quattro, esplosi dalla sua pistola di servizio. È il momento più tragico, l’uccisione delle figlie. La dinamica, il tempo passato dopo il ferimento della moglie, porta ad immaginare un’azione premeditata.

Quando alle 7 sono arrivati i colleghi di Luigi Capasso – almeno ottanta gli uomini dell’Arma intervenuti sul posto – già non si ascoltavano più le voci delle bimbe, facendo temere il peggior scenario fin dalle prime ore del mattino. Lui dal balcone ha parlato per ore con gli esperti in negoziazioni con rapitori. Fino alle 13, quando è rientrato in casa, sparendo dalla vista dei colleghi. Da quel momento nessuno lo ha più visto o sentito. Poco dopo le 14 il reparto speciale del Gis – il gruppo di intervento dei carabinieri arrivato da Livorno – ha fatto irruzione: il collega si era già ucciso, con un ultimo colpo sparato dalla pistola d’ordinanza.

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