Oltre tre anni per consegnare la fabbrica nelle mani di chi aveva perso. Le acciaierie ex Lucchini di Piombino passano dal gruppo algerino Cevital al colosso indiano Jindal, al quale nel 2014  andò male la corsa all’acquisizione del siderurgico. L’annuncio del ministro Carlo Calenda era arrivato giovedì sera, ma le firme ancora non ci sono. Erano attese in mattinata, ma dall’India tardano a ratificare l’accordo. “Con il presidente della Regione Toscana abbiamo atteso la firma di Jindal che però era in Corea del Sud e ora sta tornando in India e deve riunire il board. Loro hanno il documento firmato dall’Algeria”, sottolinea Calenda dopo che inizialmente il via ufficiale era atteso per le 9 al ministero dello Sviluppo Economico. Alla domanda se fosse fiducioso per la firma, Calenda ricorda di avere “sempre detto che ci voleva prudenza, finché non vedo la firma ci sono sempre rischi in queste operazioni ma spero che rischi non ci siano”.

La situazione di incertezza viene inquadrata dal governatore Enrico Rossi: “Gli indiani hanno chiesto tempo per effettuare alcuni approfondimenti circa i termini dell’intesa. Resto ancora fiducioso circa l’esito positivo della trattativa”. Se e quando tutto sarà nero su bianco, il governo potrà dire di aver completato il ‘gioco dell’oca’ iniziato quando l’esecutivo era guidato da Matteo Renzi, che festeggiò la vendita descrivendola come un “grande successo”. Ma del poderoso piano industriale incensato dall’allora viceministro Claudio De Vincenti, in Toscana non hanno mai visto nulla e nell’ultimo anno – con gli impianti sostanzialmente fermi – è toccato al ministero dello Sviluppo Economico trovare una soluzione, arrivata mediando tra Cevital e chi il governo aveva escluso.

Dopo anni di rassicurazioni e un rilancio mai arrivato, infatti, Cevital è stata spinta a disimpegnarsi e ha trattato la vendita con Jindal, interessata ad entrare nel mercato europeo dell’acciaio per contrastare ArcelorMittal, che l’ha sconfitta nella gara per l’Ilva. Piombino è un’occasione strategica, un cavallo di Troia che gli indiani avevano provato a piazzare già negli scorsi anni. Ma il progetto di Cevital aveva convinto maggiormente il governo: “È un’acquisizione strategica. Piombino è un pezzo di futuro dell’Italia”, twittava felice Renzi nel giorno dell’accordo.

Un anno fa la prima marcia indietro, poi la situazione è precipitata costringendo il governo a prolungare l’amministrazione straordinaria ed estendere i contratti di solidarietà fino alla fine del 2018. A novembre è arrivata alla messa in mora da parte di Calenda che ha parlato apertamente di “presa in giro”. Eppure gli algerini hanno comunque voluto trattare sul prezzo, anche a fronte delle inadempienze messe nero su bianco dal commissario Piero Nardi. Adesso l’acquisizione di Jindal, che richiederà ancora diverse settimane e alcuni passaggi formali. Al momento sulla società rimane forte il controllo del ministero dello Sviluppo e della Regione Toscana. Gli indiani dovranno ora fare la due diligence per verificare gli impianti e i conti di Aferpi, la controllata attraverso cui Cevital detiene l’impianto, poi la parola passerà ai consigli di amministrazione delle due società per suggellare definitivamente l’accordo.

L’impegno all’acquisto non contiene ancora dettagli ma è stato salutato positivamente sia dai sindacati che dai rappresentati della Regione e del Comune di Piombino. Jindal – ha spiegato Calenda – prenderà “gli stessi impegni” e anche “dal punto di vista occupazionale non ci sono modifiche”. In pratica è prevista la piena occupazione dei circa 2.200 dipendenti. Non mancano però le incognite. In particolare, il Comune aveva predisposto la “variante Aferpi” che prevede lo spostamento dell’area a caldo lontano dalla città. Un’operazione che potrebbe cozzare con i tempi di Jindal, intenzionata a sfruttare il momento positivo del mercato e a contrastare velocemente il rilancio dell’Ilva da parte della cordata guidata da ArcelorMittal.

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