I governi europei, per impedire le partenze dalla Libia, stanno attivamente sostenendo un sofisticato sistema di violenza e sfruttamento dei rifugiati e dei migranti da parte della Guardia costiera libica, delle autorità addette ai detenuti e dei trafficanti. E “sono consapevolmente complici della tortura e degli abusi subiti da decine di migliaia di rifugiati e di migranti detenuti dalle autorità libiche in condizioni spaventose”. Amnesty International, nel rapporto dal titolo La rete oscura libica della collusione, punta il dito contro i governi europei e sottolinea poi come, dalla fine del 2016, “i paesi membri dell’Ue – in particolare l’Italia – hanno attuato una serie di misure con l’obiettivo di chiudere la rotta migratoria del Mediterraneo centrale, con poco interesse per le conseguenze per quanti sono intrappolati” in Libia. Secondo l’ong per la difesa dei diritti umani, gli europei di fatto sostengono “un sistema sofisticato di abusi e di sfruttamento dei rifugiati e dei migranti” da parte della Guardia costiera, dei responsabili dei centri di detenzione dei trafficanti, con l’obiettivo di impedire loro di attraversare il Mediterraneo.

Il direttore dell’ufficio Ue di Amnesty, John Dalhuisen precisa inoltre come i governi Ue non siano “solo pienamente consapevoli di questi abusi, ma, sostenendo attivamente le autorità libiche per fermare gli attraversamenti in mare e mantenendo la gente in Libia, sono complici di questi crimini“. Dalhuisen esorta quindi i governi Ue di “permettere alle persone di arrivare in Europa attraverso canali legali“, facendo pressione sulla Libia perché metta fine alle detenzioni arbitrarie, rilasci tutti gli stranieri e consenta un accesso “incondizionato” nei campi all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

Il caso della Ras Jadir Amnesty poi evidenzia come funzionari della Guardia costiera libica operino notoriamente in collusione con le reti dei trafficanti e ricorrono a violenze e minacce contro rifugiati e migranti che si trovano su imbarcazioni alla deriva. Immagini filmate, fotografie e documenti esaminati dall’organizzazione mostrano una nave donata dall’Italia nell’aprile 2017, la Ras Jadir, protagonista di un’operazione sconsiderata che nel novembre 2017 ha causato l’annegamento di un numero imprecisato di persone. Ignorando i più elementari protocolli, la Ras Jadir ha avvicinato un gommone in avaria a circa 30 miglia nautiche dalle coste libiche. Non ha lanciato in acqua gli scafi semirigidi di salvataggio per facilitare i soccorsi, costringendo i naufraghi ad arrampicarsi sugli alti bordi della nave, col risultato che molti sono finiti in acqua.

La Sea-Watch 3, una nave di una Ong che era nelle vicinanze, si è diretta verso la zona mettendo in azione gli scafi di salvataggio. Come mostrano le immagini, a quel punto il personale a bordo della Ras Jadir ha iniziato a lanciare oggetti costringendo gli scafi ad allontanarsi. Altre immagini mostrano persone già a bordo della Ras Jadir venir colpite con una corda ed altre gettarsi in mare per cercare di raggiungere gli scafi della Sea-Watch 3. Anche se azioni sconsiderate e pericolose della Guardia costiera libica erano state documentate già in precedenza, questa pare essere stata la prima volta in cui in un’operazione del genere è stata utilizzata una nave fornita da un governo europeo.

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