La questione catalana presenta un forte interesse scientifico dal punto di vista del diritto internazionale, innescandosi nel solco formato da recenti manifestazioni di prassi internazionale, quali quelle per l’indipendenza del Quebec o del Kosovo. Preciso che non sono un sostenitore dell’indipendenza catalana a ogni costo e che ciò non avrebbe comunque molto senso, dato che non sono né cittadino spagnolo né tantomeno catalano. Sono però cittadino europeo, oltre che italiano, e in quanto tale interessato al rispetto della democrazia e dei diritti politici su tutto il nostro continente e oltre. Per tale motivo sono rimasto negativamente impressionato dalla selvaggia repressione scatenata dal governo Rajoy contro milioni di cittadini spagnoli e catalani che stavano semplicemente esercitando in modo pacifico un proprio elementare diritto democratico e cioè dichiarare o meno la loro preferenza per l’instaurazione di una Repubblica catalana indipendente.

Si può in altri termini discettare riguardo alle conseguenze giuridiche di tali atti, che taluni ritengono di nessun rilievo da tale punto di vista. Non si può invece negarne il valore politico né si può accettare la repressione avvenuta quel giorno né la conseguente criminalizzazione del movimento indipendentista, culminata con il mandato d’arresto internazionale, successivamente ritirato, dell’ex presidente catalano con i suoi quattro ministri. Mandando contro una buona parte del popolo catalano che voleva solo votare democraticamente truppe armate di manganelli e pallottole di gomma, il governo spagnolo ha senza dubbio violato la Convenzione europea dei diritti umani, dando un ulteriore pessimo segnale in un’Europa nella quale si moltiplicano inquietanti fenomeni di esaltazione del passato fascista che si sperava e pensava superato per sempre. Un passato fascista che in Spagna ha un solo nome: franchismo.

Tali fenomeni inquietanti hanno peraltro la loro radice nella crescente disaffezione della gente nei confronti della politica e della sua ispirazione generalmente antipopolare in Europa. Peraltro, la stessa consultazione referendaria del primo ottobre ha evidenziato l’esistenza di un malcontento estremamente diffuso, in Catalogna ma probabilmente anche altrove, che parte da un inevitabile giudizio negativo sul governo spagnolo per la corruzione in cui sta affogando e le sue spietate politiche neoliberali, ma esprime anche insoddisfazione e disagio a fronte di un quadro costituzionale che si è rivelato del tutto asfittico e inadeguato. Situazione di grave inadeguatezza, ulteriormente aggravata e evidenziata dall’improvvida decisione della Corte costituzionale sullo statuto catalano, decisione fortemente voluta e ispirata da quello stesso Rajoy.

Significativa appare del resto la circostanza che le organizzazioni colpite dalla repressione abbiano deciso di portare la propria protesta proprio a Bruxelles e cioè nel cuore dell’Europa. Se è vero che proprio l’Europa soffre le stesse malattie dello Stato spagnolo e di altri stati, quali soggezione alle politiche neoliberali e alle lobby che le predicano, corruzione, insufficiente funzionamento dei meccanismi democratici che provoca disaffezione crescente dalla politica e anche rigurgiti di fascismo e di razzismo, è pure vero che essa dovrebbe giocare un ruolo di mediazione politica in situazioni come quella catalana impedendo lo slittamento verso conflitti sempre più aspri e incontenibili. Occorre quindi auspicare che le istituzioni europee, dando senso alla loro stessa esistenza, vogliano accettare un ruolo di promozione del necessario dialogo politico tra il popolo catalano e il governo spagnolo, nel nome dei principi democratici iscritti nei propri trattati istitutivi oltre che, beninteso, del buon senso più elementare.

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