Nei giorni scorsi sono stata a Bruxelles per assistere al Forum Europeo sui diritti del fanciullo, organizzato ogni anno dalla Commissione Europea. Quest’anno l’incontro – che coinvolge circa 300 persone da tutti i Paesi membri, su invito della Commissione – era dedicato ai minorenni privati della libertà personale. Le quattro grandi aree di discussione riguardavano l’istituzionalizzazione dei ragazzi, ancora terribilmente presente in molti Paesi soprattutto dell’est Europa, l’istituzionalizzazione di tipo psichiatrico, la detenzione penale e la detenzione amministrativa dei minori migranti.

Tanti argomenti interessanti sono stati trattati durante i due giorni di lavoro. Sono stati presentati dati, informazioni qualitative, esempi concreti, buone e cattive prassi, riflessioni che hanno riguardato Stati dove le norme, le pratiche, i livelli di assistenza, gli standard sono molto diversi tra loro e necessitano di dialogo al fine di migliorare la situazione del continente sul tema.

L’Unione Europea condanna con fermezza ogni tipo di privazione della libertà personale rivolto a minorenni all’interno dei propri confini, qualora non sia strettamente necessario. Certo, non è facile stabilire quando la detenzione di un minore sia strettamente necessaria. E non è facile stabilire chi debba deciderlo. Ma lavorare per ridurre a extrema ratio una pratica che influisce pesantemente, e spesso in maniera irrecuperabile, sullo sviluppo emotivo, mentale, fisico di un bambino o di un adolescente è un obiettivo fondamentale che per fortuna l’Ue ha deciso di affrontare con decisione.

Una sola mancanza si è sentita fortemente durante il Forum di Bruxelles. Una mancanza tuttavia profonda e non colmabile con gli altri impegni presi. Un silenzio assordante. Nessuno ha infatti menzionato la detenzione cui noi italiani costringiamo tanti minori – accompagnati e non –  nei campi di detenzione sul territorio libico. Sappiamo bene che, sebbene abbia smentitoil governo italiano ha fatto accordi con bande criminali della Libia, nelle cui mani è oggi il Paese, affinché i migranti – e tra loro inevitabilmente molti minorenni – non vengano fatti partire alla volta delle nostre coste ma vengano invece trattenuti in campi di detenzione dove sono sottoposti a torture, abusi, condizioni di vita inumane. Le tasse degli italiani pagano la prigionia e la morte di queste persone.

L’Europa dovrebbe avere un cuore più grande dei suoi stretti confini. Non si può condannare la detenzione dei ragazzi migranti nei Paesi Ue e accettare complicemente che un Paese Ue firmi simili patti.

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