Tra gli addetti ai lavori circolava da tempo la convinzione che Alitalia non sarebbe stata venduta nei tempi indicati dal governo e cioè nell’autunno del 2017. Ora sulla previsione c’è il suggello dell’ufficialità: il consiglio dei ministri ha concesso ai tre commissari che guidano la ex compagnia di bandiera altri 300 milioni di euro in aggiunta ai 600 elargiti alcuni mesi fa. Lo scopo ovvio di questa nuova immissione di denaro è quello di consentire all’azienda di passare la nottata della magra (di passeggeri e di incassi) stagione invernale e quindi di procrastinare i tempi della cessione di altri 6 mesi. Bene che vada, quindi, Alitalia sarà venduta in primavera. Ma a ben guardare alla fine non è detto che succeda davvero: dopo la primavera arriva l’estate che per tutte le compagnie aeree del mondo è la stagione d’oro. Se Alitalia dovesse presentarsi a quell’appuntamento non proprio sotto terra, la tentazione di proseguire il cammino potrebbe diventare fortissima. E’ vero che di lì a poco i commissari dovrebbero restituire al governo italiano quasi 1 miliardo di euro, ma come insegna anche la concessione del nuovo prestito da parte del governo, i soldi pubblici, quando si parla di Alitalia, contano, ma sono una variabile indipendente.

Erano tanti i segnali che davano come possibile un rinvio della data della vendita e che circolavano da settimane tra gli addetti ai lavori. Il primo elemento ostativo erano le elezioni che si terranno nei primi mesi del prossimo anno: nessun governo avrebbe voluto arrivarci con la vicenda Alitalia di nuovo sanguinante a causa di una vendita non proprio favorevole, con il conseguente e indisponente corollario di un’ennesima mattanza sociale a base di licenziamenti, compressione dei salari e ammortizzatori, addirittura peggiore di quella prospettata prima del referendum di primavera.

Perché di questo si tratta quando si parla della vendita Alitalia: nessuno vuole comprare tutta la compagnia in blocco, parte aviation cioè gli aerei, gli slot e i voli, più la parte handling, i servizi di terra, il carico dei bagagli, il chek in etc… Paradossalmente la parte di terra è la meno difficile da vendere perché più competitiva rispetto a quella dei voli. L’handling è già stato abbondamente bastonato dalle passate gestioni, soprattutto dieci anni fa al momento del passaggio dall’azionariato pubblico ai “patrioti” di Silvio Berlusconi. Il settore è stato ristrutturato, gli stipendi drasticamente ridotti e ora l’handling Alitalia non serve solo la compagnia di riferimento, ma i due terzi dei movimenti di Fiumicino, aeroporto destinato a un grande sviluppo nei prossimi anni.

E’ la parte dei voli la vera palla al piede dell’azienda Alitalia. I motivi sono stati elencati mille volte: contratti di leasing degli aerei a prezzi da amatori, costo dei carburanti fuori mercato, una flotta squilibrata dove il numero degli aerei per il medio raggio e il regionale sopravanza di moltissimo il lungo raggio e dove nello stesso medio e corto raggio sono evidenti le stranezze come l’immisione in servizio voluta ai tempi di Roberto Colaninno dei velivoli brasiliani Embraer. Nessuno nel mondo è disposto a prendersi questa roba se non ha la certezza di poter poi procedere a colpi di spada alla fase successiva dei tagli. E i tagli alla vigilia delle elezioni spaventano a morte il governo. Air France e l’americana Delta che sembravano interessate all’affare hanno dichiarato la loro indisponibilità alcuni giorni fa. Lufthansa resta interessata alla partita, ma molto probabilmente vorrebbe rimpicciolire Alitalia inserendola in quel sistema low cost che sta costruendo con Air Berlin, Germanwings, Eurowings. Un mosaico di compagnie da opporre a Ryanair che sta mordendo anche il mercato tedesco avendo raggiunto il 6 per cento del totale dei voli (in Italia Ryanair trasporta da anni molti più passeggeri di Alitalia).

Da tempo i tre commissari Alitalia si comportano non come manager che hanno la prospettiva della vendita a breve, ma ragionando su tempi di gestione medi se non proprio lunghi. Qualche giorno fa hanno avviato una nuova stagione di cassa integrazione con un incremento delle persone interessate con lo scopo dichiarato di risparmiare in vista della stagione magra dell’inverno. Alla fine dell’estate Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari hanno dato via a uno dei più imponenti ricambi al vertice dirigenziale sostituendo la bellezza di 30 manager. Tra essi anche nomi di peso, uomini che nel bello e soprattutto nel brutto hanno fatto la storia di Alitalia negli ultimi anni, come l'”inamovibile” Giancarlo Schisano, o Antonio Cuccuini, il capo del personale, sostituito da Luciano Sale convinto a lasciare Wind Jet. Quale azienda al mondo cambia tutta la prima linea dirigenziale alla vigilia dell’arrivo di un nuovo proprietario? Evidentemente già allora i commissari sapevano che la vendita non ci sarebbe stata ad autunno. E infatti ora si parla della prossima primavera. Forse.

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