In un articolo apparso questa settimana su Bloomberg Businessweek si legge che Steve Bannon ed Henry Kissinger, il segretario di Stato di Richard Nixon, hanno avuto diverse riunioni e stanno preparando un progetto per allertare la Casa Bianca e l’America su ciò che Bannon considera la principale minaccia economica per la nazione: la Cina. Così Bannon riassume la sua visione apocalittica a Bloomberg: se non ridefiniamo i rapporti con la Cina, saremo distrutti economicamente. Il maggior problema economico e commerciale che abbiamo è l’esportazione di tecnologia americana in Cina. Dobbiamo stare attenti, conclude, potremmo finire come in passato quando eravamo una colonia dell’impero britannico, uno stato meramente tributario. Bannon si riferisce alla Jamestown Colony della Virginia, costituita nel 1607 ed all’Inghilterra del 17esimo secolo. Naturalmente si tratta di un’esagerazione, ma la comparazione illustra bene il rovesciamento dei ruoli mondiali rivestiti da Cina e Stati Uniti, cambiamento in atto da almeno vent’anni. Bannon teme quello che tutti ormai sanno, che la Cina sia il nuovo potere dominante mondiale e che la risposta degli Stati Uniti sarà bellica.

Per avere più credibilità, si è fatto affiancare da Henry Kissinger, considerato un pezzo da novanta dei rapporti tra Pechino e Washington. Kissinger, che ha la bellezza di 94 anni, fu l’artefice negli anni Settanta della politica di apertura alla Cina di Mao, leggendario il suo “incontro segreto” con la leadership cinese nel 1971 che permise a Nixon di perseguire la politica della porta aperta open door policy nei confronti della Cina e susseguentemente di rafforzare le relazioni tra le due nazioni. Da allora Kissinger ha visitato la Cina più di 80 volte ed è ancora considerato da molti il più brillante stratega geopolitico del nostro tempo. Se Kissinger è d’accordo con Bannon allora sicuramente gran parte degli americani almeno ascolteranno le sue tesi.

Fino ad ora Steve Bannon ha inquadrato lo scontro tra le due nazioni in termini economici. Secondo lui la Cina danneggia gli Stati Uniti perché applica pratiche commerciali sleali, e cioè il trasferimento forzato di tecnologia americana, il cosiddetto know-how, alle aziende cinesi. Bannon è anche convinto che questo tipo di attitudine nei confronti dei partner commerciali è tipica della Cina. Così ha spiegato a Bloomberg a cosa si riferisce: “Ci sono stati 4.000 anni di storia diplomatica cinese, tutti centrati su una gestione commerciale barbara, a parte gli ultimi 150 anni.  L’obbiettivo è sempre ridurre i barbari [e cioè gli stati stranieri] ad uno stato tributario. Il nostro tributo alla Cina è la nostra tecnologia che poi è ciò che serve per entrare nel loro mercato. Negli ultimi 10 anni le imprese cinesi si sono appropriate di 3,5 trilioni di dollari. Gli stiamo dando l’essenza del capitalismo americano: la nostra innovazione tecnologica”.

Cosa pensa Henry Kissinger di tutto questo? Lo ha spiegato durante una conferenza alla Columbia University all’inizio di questa settimana. In primis ha ribadito che l’America e la Cina devono mantenere buone relazioni economiche per evitare lo scoppio della terza guerra mondiale, che porterebbe alla distruzione globale. Una visione apocalittica alla Bannon insomma. Poi ha parlato specificamente della Road Initiative, il progetto che vuole collegare la Cina all’Asia centrale. Secondo Kissinger la potenza cinese appoggiata da un nuovo baricentro commerciale in Asia sposterà l’asse del mondo dall’Atlantico al Pacifico. Se ciò avvenisse le regioni dell’Eurasia e gli stessi Stati Uniti dovranno decidere come relazionarsi con questo nuovo potere geopolitico. E certo all’Occidente questo cambiamento non farà piacere.

Bannon e Kissinger, dunque, condividono l’idea che la Cina e l’America si muovano lungo una traiettoria che potrebbe portaci ad una nuova guerra mondiale e l’unico modo di evitare tale conflitto è attraverso un’alleanza economica. Ma le regole le dovranno dettare gli Stati Uniti, e già questo rende qualsiasi accordo impossibile. Sia Bannon che Kissinger si stanno muovendo perché sono convinti che più il tempo passa più sarà difficile per Washington imporre le sue condizioni o mantenere una posizione contrattuale forte. La prova del nove di questa teoria potrebbe fornircela a breve l’incalzare della crisi mondiale con un vicino della Cina, la Corea del Nord.

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