Micotossine nel grano importato, i controlli del Ministero della Salute non rilevano irregolarità. E mentre Aidepi, l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta, sottolinea che “non c’è motivo di credere che il frumento estero non sia sicuro”, Coldiretti invita a una riflessione più approfondita. E conta i giorni che mancano per l’introduzione dell’obbligo in etichetta di indicazione dell’origine del riso e del grano per la pasta. Queste analisi sono davvero rassicuranti o forniscono un dato miope dell’effettiva sicurezza della materia prima? “Ci sarebbe stato da preoccuparsi – spiega a ilfattoquotidiano.it Rolando Manfredini, responsabile sicurezza alimentare di Coldiretti – se i controlli avessero dato risultati diversi, ci fa piacere che non sono state rilevate irregolarità, ma questo non toglie che vi siano molte differenze tra il grano italiano e quello canadese”.

I RISULTATI DELLE ANALISI DEL MINISTERO – Il Piano nazionale ministeriale per il controllo delle micotossine è stato pubblicato il 18 settembre scorso e non ha rilevato irregolarità in alcun campione di grano importato tra quello analizzato. A rendere nota la notizia Aidepi e Italmopa, l’associazione di categoria che rappresenta l’industria molitoria italiana a frumento tenero e a frumento duro. “Sono stati analizzati e risultati conformi ai controlli sulle micotossine (aflatossine, deossinivalenolo, ocratossina A, zearalenone) – spiegano le associazioni – sia i campioni di grano duro proveniente da Messico, Canada, Usa, Ucraina, sia quelli di grano tenero proveniente da Ucraina, Canada, Russia, Usa, Moldavia e Kazakhstan”. Tra l’altro, Aidepi ha ricordato come “le analisi sulle micotossine fanno seguito ai controlli, sempre realizzati dal Ministero della Salute, su pesticidi e fitofarmaci divulgati a giugno”. Anche in quel caso, nessun campione di grano duro era risultato fuorilegge. “La pasta è buona e sicura” ha dichiarato Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani di Aidepi, auspicando “che i dati allentino la tensione di questi ultimi mesi, frenando le insinuazioni e le accuse di chi, come Coldiretti, ha strumentalmente lanciato una campagna per screditare la qualità e la salubrità delle materie prime della pasta”.

Va da se che restano, comunque, alcune perplessità manifestate da tempo ormai tra gli addetti ai lavori. Una fra tutte riguarda proprio una delle micotossine per cui sono stati eseguiti i controlli, ossia il deossinivalenolo (don). Come spiegato in un’intervista a ilfattoquotidiano.it da Alberto Ritieni, docente di chimica degli alimenti all’Università Federico II di Napoli, che da anni in laboratorio analizza le micotossine nel grano, “se assunto in minime quantità l’effetto del don può non comparire mai”. Ma in Italia come si può parlare di minime quantità quando si parla di pasta? È un fatto, poi, che il valore di don consentito è calcolato su una media europea di consumi “in cui il secondo paese consumatore di pasta è la Germania con circa 7,4 chilogrammi all’anno contro i 26 chili dell’italiano medio”.

LA GUERRA DEL GRANO – Per Aidepi proprio la ‘battaglia del grano’ e i presidi organizzati al porto di Bari, rischiano di danneggiare la competitività della filiera italiana del grano duro e della pasta. “Ogni nave che entra nel porto viene controllata – ha aggiunto Felicetti – Poi arrivano i controlli Ue, quelli delle autorità italiane, quelli dei molini, e infine quelli delle aziende pastaie. Che se non riconoscono come valido il prodotto lo rimandano indietro”. Si è detto per nulla sorpreso dei risultati delle analisi del ministero della Salute il presidente di Italmopa, Cosimo De Sortis, secondo cui si tratta “dell’ennesima conferma dell’assoluta salubrità del grano di importazione e del pieno rispetto delle normative comunitarie, tra le più severe al mondo, in materia di sicurezza alimentare e di presenza massima di contaminanti nei prodotti alimentari”.

LE PERPLESSITÀ: DALLE DIFFERENZE DI TRATTAMENTO AGLI ACCORDI COMMERCIALI – Rolando Manfredini sottolinea le differenze tra il grano italiano e quello canadese. Mentre il primo viene raccolto in estate, in piena maturazione, il secondo viene raccolto tra fine settembre e gli inizi di ottobre, in autunno quindi. “E viene fatto maturare artificialmente – aggiunge – ossia utilizzando un seccante, il glifosato, nella fase della pre-raccolta, sostanza che da noi è vietata. Questo espone la materia prima a valutazioni negative dal punto di vista della sicurezza alimentare”. E non è un caso se, proprio ieri, la Francia ha bandito il diserbante. Il premier Edouard Philippe, infatti, ha deciso che il glifosato verrà completamente vietato in Francia entro il 2022. “Questa è una delle ragioni – continua Manfredini – per cui aspettiamo che entri in vigore l’obbligo dell’indicazione di origine del riso e del grano per la pasta, che consentirà ai consumatori di sapere da dove viene la materia prima”. I due decreti ministeriali relativi sono stati pubblicati in Gazzetta ufficiale la scorsa estate, avviando una fase di 180 giorni per l’adeguamento delle aziende al nuovo sistema. L’obbligo definitivo scatterà il 16 febbraio per il riso e il 17 febbraio per la pasta. “Si tratta di una novità importante – spiega a ilfattoquotidiano.it Rolando Manfredini – perché al di là dei risultati delle analisi per noi c’è una grande differenza tra il grano italiano e quello canadese, in primis per quanto riguarda la metodologia di trattamenti”.

Ma l’Italia, e più in generale l’Europa, potrebbe trovarsi presto a dover affrontare un altro problema, quello degli effetti dell’applicazione del Ceta, l’accordo commerciale tra Unione europea e Canada, partita in via provvisoria il 21 settembre scorso. La scorsa settimana Greenpeace ha lanciato un allarme: “Se andasse a buon fine l’obiettivo dell’etichettatura di origine per il grano duro, che importiamo dal Canada in grandi quantità e la maggiore trasparenza sulla materia prima con cui viene fatta la pasta comportasse un calo delle vendite per il Paese esportatore di frumento, il Canada potrebbe anche chiedere un risarcimento all’Italia”. Anche per Coldiretti non si tratta di una evenienza remota: “Oltre alla possibilità di essere perseguibili, l’accordo bilaterale – conclude Manfredini – ci penalizzerà perché la produzioni tipica subirà la concorrenza sleale di prodotti di imitazione, liberalizzati per la prima volta”.

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