La violenza sulle donne? Si combatte fin dalla più tenera infanzia. Educando “alle differenze”. “La consapevolezza data in modo adeguato a partire dagli zero anni è fondamentale per piano piano cercare di decostruire e superare gli stereotipi e tutti quegli obblighi sociali e culturali che vengono imposti in forma tacita”, spiega dall’associazione Scosse Elena Fierli, insegnante e mamma.
È proprio il progetto portato avanti da “Educare alle differenze“, network di 250 associazioni in tutta Italia che esiste da 4 anni e si dà appuntamento ogni anno per attività di formazione e autoformazione. Quest’anno a Roma, con un’iniziativa alla scuola Di Donato che si è appena conclusa, lo scorso anno Bologna, mentre per il 2018 sarà la volta del sud con Palermo.
Si parla di educazione alla sessualità, di bullismo, di famiglie di ogni tipo: “Le differenze non sono una minaccia ma una risorsa per tutti”, dice Monica Pasquino di Scosse. “È la risorsa principale per prevenire la violenza di genere. Le politiche securitarie sono un tassello poco efficace: è piuttosto necessario insegnare che si è diversi, che si può essere donne e uomini in tanti modi. E che i sentimenti e l’amore sono oggetti complessi dove innanzitutto ci deve essere rispetto per l’altro e per l’altra”.
Elena insiste sulla libertà: “Fin dall’infanzia dobbiamo dare delle risposte che siano adeguate alla curiosità, anche rispetto a quello che succede in un corpo che crescendo sta cambiando. Questo porta a vivere la propria sessualità e le proprie scelte di vita in modo molto più sereno. È la vera prevenzione della violenza”. Oltre gli stereotipi: “Ma se abbiamo sporcato tutti insieme, perché sono le femmine a dover pulire?”, dice Matilde De Gregorio, insegnante di Teramo che ha quest’anno una quarta elementare. “Sono questioni culturali, come è culturale la percezione di come vestiamo e di cosa indossiamo”. “Mia figlia quando aveva quattro anni mi ha chiesto la maglietta della sua squadra di calcio preferita, il Barcellona“, racconta Elena. “Il giorno del suo compleanno è entrata in classe con la maglietta e la maestra non le ha neppure fatto gli auguri e le ha detto ‘perché sei vestito da maschio oggi’? Da quel giorno lei non è stata più libera di indossare quella maglietta e nonostante avesse solo 4 anni si è chiesta: ma perché una femmina non può indossare la maglietta di una squadra di calcio? È una sottile forma di violenza”. Mentre nel frattempo “ai bambini si richiede di essere attivi, creativi, dinamici, in qualche modo virili già da quando sono piccolissimi. Di proteggere, trascinandoli a volte in una deriva assolutamente patriarcale”.
[Musica: Flying Komodo, Devil women]
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