Porta con sé la famiglia all’Olimpico, fa il giro di campo in versione papà, con in braccio la piccola e per mano gli altri due. Mette la moglie al centro di tutto, la cita più volte, e per raccontare di sé parla anche di lei. Ci tiene a dire che con lei ha scritto quella lettera, raccontandole quello che sono stati i suoi 25 anni con la maglia numero 10.

Venticinque anni che insieme hanno tradotto in parole, anche perché, si sa, il Capitano gioca meglio di come parla, ma il bello è proprio questo. Ammette di aver pianto tanto, tutte le sere, senza timore di sembrare per questo meno “gladiatore”.

E poi quei gesti, verso la piccola di casa, così semplici ma così importanti. Quel toglierle e rimetterle il ciuccio, quel prenderla in braccio proprio come piace a lei, con la confidenza che solo un padre presente può avere.

E’ un’immagine bella quella che ieri sera ci ha regalato Francesco Totti, un’immagine di Papà-Campione niente affatto scontata in un paese dove il maschio non può piangere e la cura della famiglia è sempre e comunque appannaggio delle madri. Un’immagine che resterà, quella di papà Totti e che farà bene anche all’immaginario collettivo di un paese molto patriarcale e poco paterno.

Evviva i papà, evviva il Capitano.

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