Riprende con questo post (qui il primo e il secondo) la serie sulla retorica della distribuzione della ricchezza, sui dati che la sostengono e dell’utilizzo a fini di bassa macelleria politica che ne deriva.

La ricchezza (che molti confondono con il reddito) in teoria sarebbe la differenza tra ciò che si possiede (case, auto, quadri, conto in banca, vestiti, suppellettili, azioni ecc.) e i debiti contratti. Ma come si fa a calcolare il valore di beni spesso illiquidi e come si stila una graduatoria dei ricchi a livello mondiale? Ed è giustificato il biasimo, a prescindere, verso chi ha risparmiato?

Partiamo da un banale esempio. Oggi ho donato un euro a mia figlia. Questo gesto si è tradotto in un prodigioso balzo nella scala delle disuguaglianze globali. Dal fondo dove sono relegati quelli gravati da debiti (ricchezza negativa) e quelli senza patrimonio, è risalita di colpo verso metà classifica.

Al contrario, un individuo con un reddito elevato, ma che non ha mai risparmiato, appena chiede un prestito per pagare la festa di matrimonio della figlia o le vacanze ai Caraibi, diventa ipso facto più “povero” di un minatore boliviano con salario da sussistenza che però vive in una baracca di proprietà e possiede una stufa e due pentole per cucinare.

Chi sarebbe l’individuo più povero della Terra? Un congolese abbrutito nella giungla? Un lebbroso curato nell’ospedale di Madre Teresa? Un bonzo eremita dedito alla preghiera e alla meditazione? Un aborigeno australiano? Assolutamente no. Con molta probabilità è un trader a cui la Sec ha comminato una multa da 6 miliardi di dollari che lui non potrà mai pagare. Questo debito mostruoso gli graverà sulle spalle a vita anche se dubito che morirà di fame e di stenti.

Insomma la “ricchezza” è un concetto molto utile propagandisticamente, ma scivoloso dal punto di vista pratico in quanto paragonare gli asset di un petroliere texano indebitato a quelli di un pescatore yemenita è una palese assurdità. Al limite, la classifica potrebbe basarsi sulle differenze nei livelli di consumo. Ma ne scaturirebbero aspetti paradossali di diversa natura: la “ricchezza” è consumo differito. Quindi io potrei avere un reddito molto alto e consumare molto meno della mia segretaria che adora scarpe e borse griffate. Non per questo potrei essere definito più “povero”.

Tale paradosso arriva dritto al punto G che eccita gli indignados planetari: le diseguaglianze e il relativo guazzabuglio etico e morale di cui ad esempio trasuda quel concentrato di fake data, intitolato Il Capitale nel XXI Secolo, scritto da Piketty per sollazzare i fiketty.

Chi è riprovevole nella scala dei valori antiplutocratici? Mettiamo a confronto una persona che ha lavorato tutta la vita, ha risparmiato, ha comprato casa, ha fatto studiare i figli, con uno che si è sputtanato i soldi suoi, quelli della moglie e magari quelli ereditati dai genitori facendo la bella vita a donne e alcol (Dijesselbloem Santo subito).

II primo, secondo i fiketty, è un nemico del popolo, un losco figuro che sfrutta il proletariato, fonte delle intollerabili disuguaglianze che distruggono la fibra della società, minano la convivenza civile e azzerano il welfare. Il secondo è una vittima del libbberismo intollerabile e dunque meritevole di fottere nuovamente il prossimo attraverso la redistribuzione del reddito architettata dal Gosplan sulla Rive Gauche.

Chi sarebbe da esecrare secondo i fiketty o i geni della comunicazione di Oxfam, la multinazionale di punta nell’assistenza ai bisognosi (ma soprattutto a quelli che ci lavorano)? Chi ha vissuto in maniera frugale e ha investito in un’azienda che dà lavoro a 100 dipendenti, o un emerito imbecille che un’azienda l’ha ereditata e fatta fallire fottendo banche, dipendenti e fornitori? Magari grazie a Montepaschi da cui otteneva prestiti attraverso qualche politico al quale pagava la stecca?

E quando questo moralismo si è transustanziato in voto nell’urna cosa è successo? Cosa hanno partorito le filippiche fikettyane che, seminate dai campus (dove studiano i figli di papà abbigliati con jeans sbrandellati), impollinate dagli editoriali del New York Times e concimate nei talk show di Cnn, hanno finito per mettere solide radici nella testa dei semi-analfabeti? Un miliardario pa-peronista, sciovinista, nazionalista con venature razziste alla Casa Bianca. Dai sogni sulla presa del Palazzo d’Inverno alla realtà della presa a calci nei glutei.

Infine, per non deludere i lettori più esigenti, che nei commenti pretendono sempre i mitici dati, concludo il post con un elementare esercizio di contabilità sul radioso avvenire che la Rivoluzione bolscefiketta schiuderà alle masse diseredate. Prendiamo l’annuale rapporto di Oxfam che esce in occasione dell’evento organizzato dal World economic forum a Davos  cui partecipano (per la modica quota di 30mila dollari) quelli alla ricerca di nobili giustificazioni per l’uso del jet aziendale.

Nel 2016 il marketing della multinazionale ci informava che “sessantadue supermiliardari hanno accumulato la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone, la metà più povera della popolazione mondiale”. Quest’anno addirittura sono bastati otto individui per arrivare a tale traguardo.

Immaginiamo, ordunque, che il glorioso governo bolscefiketto mondiale agli ordini dell’intrepido Quadrumvirato Sanders, Corbyn, Varoufakis e Bergoglio espropri i patrimoni di Bill Gates, Warren Buffett, Carlos Slim e tutti i mega plutocrati: in totale 1,76 trilioni di dollari. Sapete quanto toccherebbe ad ognuno di voi? Un bonus una tantum di 244,5 dollari a cranio (1760 miliardi di dollari diviso 7,2 miliardi di individui sulla faccia della Terra). Se invece il gruzzolo venisse graziosamente distribuito alla metà più povera della popolazione, si tratterebbe di un beneficio da 489 dollari. Probabile che il Quadrumvirato, investito dall’impeto delle masse imbufalite dal magro bottino, finirebbe quadrum-evirato sulla pubblica piazza.

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