Tutti tranne uno. L’unica eccezione, in questo lungo elenco di ministri passati indenni all’esame dell’Aula, è costituito da Filippo Mancuso. A partire dalla primavera del 1995, da Guardasigilli in carica nel governo Dini, il giurista palermitano appena approdato in politica ordina delle ispezioni negli uffici giudiziari milanesi, dove il pool di Mani Pulite è accusato di ricorrere a metodi un po’ troppo rudi nella conduzione delle indagini. Quando Mancuso comincia a criticare anche alcuni atteggiamenti del pool antimafia di Palermo, è la stessa maggioranza a promuovere la richiesta di una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Il governo fa ben poco per difenderlo, e il Senato stavolta approva. Seguono accanite proteste da parte di Mancuso, il quale rifiuta di dimettersi e solleva un conflitto di attribuzioni nei confronti del Senato, del premier e del Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro. Viene investita della questione la Corte Costituzionale, che però dà torto a Mancuso.

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