A Catania i gazebo nelle piazze sono stati chiusi con un giorno d’anticipo, dopo che sabato scorso erano stati praticamente presi d’assalto da una folla di aspiranti tesserati. Una partecipazione altissima si è registrata anche a Librino, quartiere periferico della città, che a sorpresa si è scoperto per la prima volta fedele sostenitore dei democratici. A Enna, invece, la commissione nazionale per il congresso si è trovata costretta a prorogare la scadenza del tesseramento fino al 7 marzo, vista “l’eccezionalità delle situazione politica ennese”, manco fosse un porto franco estraneo alle normali dinamiche di partito. Non ci sono solo i “prestiti infruttiferi” da 10 euro e le iscrizioni degli affiliati ai clan di Napoli a impensierire il Nazareno. È un vero e proprio tessera-gate quello che è pronto a esplodere all’interno del Pd quando mancano due mesi alle primarie.

Tessera-gate al Sud
“Non voglio voti senza sapere da dove vengono”, ha detto nelle scorse ore il ministro Andrea Orlando, sfidante di Matteo Renzi e Michele Emiliano nella corsa alla segreteria, riferendosi probabilmente a quello che sta succedendo nel Sud Italia. Già principale artefice delle dimissioni di Renzi da Palazzo Chigi dopo aver bocciato il referendum costituzionale con percentuali molto superiori alla media nazionale, il Mezzogiorno è infatti tornato ad essere nuovamente il terreno di uno scontro a colpi di veleni e accuse incrociate tra i democratici. Questa volta, però, l’oggetto da contendere è molto meno nobile di un principio costituzionale: farsi trovare pronti in vista delle primarie del 30 aprile. Obiettivo che per i ras acchiappavoti della politica locale ha un solo significato: munire di tessera quante più persone possibili in modo da conquistare rilevanza negli organismi interni. E dunque se fino alle metà di gennaio il tesseramento sembrava andare avanti con difficoltà, nei giorni precedenti alla scadenza del 28 febbraio ecco che è praticamente esploso.

Catania: troppe tessere? Chiudete prima
Ne sanno qualcosa a Catania dove sabato scorso i vertici cittadini – su mandato del segretario regionale Fausto Raciti – hanno deciso di chiudere i gazebo per il tesseramento, che invece sarebbero dovuti rimanere aperti anche domenica. Il motivo? Erano stati praticamente invasi da centinaia di cittadini desiderosi di fare parte dell’universo democratico: in poche ore, sarebbero state circa 2mila le tessere emesse, al costo di 15 euro l’una, praticamente un quarto degli 8mila tesserati catanesi. Un segnale positivo per un partito ancora convalescente dopo l’uscita della corrente di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza.

In Sicilia, però, quando arriva una buona notizia in un momento tragico è buona norma porsi qualche domanda. E infatti la componente storica del Pd catanese è subito partita all’attacco. “Nessuno di noi ha paura del congresso, caro segretario, semmai non condividiamo le furbate o i brogli sul tesseramento, soprattutto qui a Catania. Ci faremo sentire nei prossimi giorni”, aveva scritto su facebook Concetta Raia, deputata regionale siciliana. Un messaggio esplicitato adesso che il tesseramento è concluso. “Io – dice la deputata – ero contraria ai gazebo aperti in tutta la città, le tessere si fanno nei circoli. Spero solo che tutto sia stato fatto seguendo le regole anche se mi segnalano insoliti movimenti in alcune zone della città piuttosto che in altre. Io non ero presente e non posso dirlo ma non vorrei che qualche giovane nuovo esponente del Pd stia cercando di dare un peso alla sua posizione all’interno del partito solo in vista del congresso. Questo è un partito che deve ricordarsi della propria storia, in questo modo sta cambiando e non certo in meglio”.

L’opa degli ex cuffariani
Il riferimento è a Luca Sammartino e Valeria Sudano, i due deputati provenienti dall’Udc di Totò Cuffaro e Saverio Romano poi convertiti al verbo renziano. Per Raia sarebbero loro che intendono lanciare un’opa sul partito, ottenendo peso all’interno del Pd grazie ad un discreta pattuglia di tesserati. Accuse che ovviamente i diretti interessati rispediscono al mittente. “Come può un qualsiasi cittadino comune che vuole partecipare democraticamente alla politica locale, regionale e nazionale, esprimere le proprie opinioni, insomma essere parte della democrazia attiva, iscriversi al Pd se trova chiuse le sedi e i gazebo? Il mio è un richiamo al rispetto delle regole democratiche di confronto scritte nello statuto del partito. Il Pd catanese è vittima del sistema sindacale che troppo spesso lo governa in questa provincia. Basti constatare che le sedi dei circoli troppo spesso coincidono proprio con le sedi della Cgil”, dice Sammartino replicando indirettamente a Raia: il marito della deputata, infatti, è Giacomo Rota, segretario catanese della Cgil.

Librino: dal 90% di No alla tessera del Pd
Nel frattempo un’inaspettata svolta dem si segnala anche a Librino, difficile quartiere della città etnea, dove nel week end sono stati avvistate vere e proprie file davanti al circolo del Pd. A segnalare l’anomalia a livesicilia.it è Sonia Messina, abitante del quartiere ed ex responsabile delle periferie del Pd di Catania. “Sono rimasta quantomeno sorpresa dal fatto che il quartiere dove abito, storicamente non certo vicino al Pd, si sia innamorato del mio partito. E dire che al referendum il 90 per cento aveva votato per il No”, dice Messina che poi al fattoquotidiano.it racconta anche altro. “Definirei poi quantomeno sorprendente che proprio di fianco al circolo dove venivano fatte le tessere abbia aperto i battenti il patronato del presidente della municipalità”. In questo caso si tratta di Lorenzo Leone, presidente della sesta circoscrizione cittadina, fedelissimo di Sammartino e anche lui convertitosi al verbo renziano.

Enna: prorogato il tesseramento
Qualcosa che non va nel tesseramento c’è anche ad Enna, dove la commissione nazionale per il congresso ha dovuto addirittura prorogare di sette giorni il termine ultimo per iscriversi al Pd. Il motivo? Una specifica richiesta inviata al Nazareno da alcuni amministratori della provincia, che avevano denunciato “l’impossibilità a poter effettuare regolare iscrizione”. “La mancanza di una preventiva ed adeguata pubblicità, sulle modalità del tesseramento, hanno impedito l’adesione al partito, rendendo illegittima l’esclusione di quanti avrebbero voluto parteciparvi attivamente. Peraltro, in assenza di una reale pubblicità, non si comprende come sia stato effettuato il tesseramento, tenuto conto che la federazione di Enna è commissariata”, si legge nella lettera firmata da 24 tra sindaci, assessori e consiglieri comunali di Enna e provincia. È per questo motivo che il commissario del Pd cittadino Ernesto Carbone – quello che scrisse “ciaone” dopo il referendum sulle trivelle – ha chiesto di prorogare la chiusura del tesseramento segnalando “l’eccezionalità delle situazione politica ennese” e “la necessità di ristabilire un clima politico adeguato al sereno svolgimento del congresso”.

Le 4mila tessere di Mirello
E, ovviamente, trattandosi di Enna non poteva mancare Mirello Crisafulli, l’ex “impresentabile” cacciato dalle liste del partito nel 2013, nemico giurato di Renzi poi divenuto sostenitore del Sì al referendum con tanto di foto che lo immortalava in versione uomo sandwich. Dalemiano della prima ora – “Sono amico personale di Massimo”, ama ricordare – Crisafulli non ha ancora deciso se abbandonare o meno il partito per seguire l’ex leader dei Ds, e valuta di offrire il suo sostegno ad Orlando in vista delle primarie. Nel frattempo, secondo i rumors interni ai dem, si sarebbe dato da fare nell’ultima campagna per le iscrizioni: i suoi sostenitori avrebbero sottoscritto ben 4mila tessere. Non poche in una città che conta 28mila abitanti. In pratica, escludendo neonati e minorenni, il 20 percento degli ennesi si è iscritto al Pd su input dei supporter di Mirello: uno in ogni famiglia.

Twitter: @pipitone87

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