“Se le valvole Egr si bloccano (…) il motore si può bloccare. E il problema è che può accadere all’improvviso, senza dare segnali. Questo significa che si può bloccare in autostrada, durante un sorpasso, in una curva. E questo è molto pericoloso”. Sono le parole con cui Antonio Erario, dirigente del ministero dei Trasporti, ha risposto giovedì scorso a una domanda sul presunto utilizzo di dispositivi di manipolazione delle emissioni (defeat devices) da parte di Fiat Chrysler, nel corso di un’audizione della commissione Emis, la commissione d’inchiesta del parlamento europeo sul comportamento emissivo delle auto in circolazione nel nostro continente. Solo il caso ha voluto che quella risposta sia stata pronunciata appena un’ora prima della notizia dell’atto di accusa che l’Agenzia per la protezione ambientale americana (Epa) ha mosso contro Fca sul presunto utilizzo di defeat devices.

Erario era di supporto al viceministro dei Trasporti Riccardo Nencini, chiamato a rispondere a Bruxelles delle lacune del report preparato lo scorso luglio dal suo dicastero, dopo i test eseguiti su 14 modelli di diesel euro 5, tra cui sette Fca. E a rispondere delle accuse mosse contro Fca da parte delle autorità tedesche, che hanno scoperto in alcuni modelli omologati in Italia la riduzione del funzionamento dei sistemi di controllo delle emissioni (le valvole Egr citate da Erario) dopo 22 minuti di marcia, appena due minuti in più della durata del test di omologazione europea. Così, nel corso del test le emissioni di ossidi di azoto (NOx) restano entro i limiti di legge. Ma, secondo le accuse, questo non è più vero in condizioni di utilizzo normale della vettura. Una prova evidente della presenza di defeat devices, secondo le autorità tedesche. Una strategia per evitare guasti alle valvole Egr, e di conseguenza al motore, secondo la versione più volte ribadita da Fca e che trova d’accordo il ministero italiano, l’ente responsabile dell’omologazione dei modelli sotto accusa.

M5S: “Dobbiamo scegliere tra auto che non si spengano all’improvviso e auto pulite?” – Se non venisse a un certo punto limitato il funzionamento del sistema di riduzione delle emissioni, il motore rischierebbe di bloccarsi all’improvviso. Questo ha detto Erario, facendo leva su una sorta di deroga al divieto di dispositivi di manipolazione prevista dalle norme europee, qualora questi siano giustificati dalla “necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli”.  Ma la risposta di Erario non ha convinto diversi membri della commissione Emis, come Eleonora Evi del M5S: “Secondo il ministero, che ripete a pappagallo le ragioni di Fca, per non avere auto pericolose in circolazione che potrebbero spegnersi da un momento all’altro è necessario ‘modulare’ il funzionamento dei sistemi di riduzione delle emissioni. Insomma, per le auto diesel della Fiat devi scegliere tra un’auto sicura che non si spegne improvvisamente mentre guidi in autostrada e un’auto pulita. Assurdo. Se accettiamo questa ipotesi, dobbiamo dedurre logicamente che tutti gli altri costruttori di auto sono degli irresponsabili che non hanno a cuore la sicurezza dei loro clienti?”.

Commissione Ue: “Quasi esaurito il tempo per le spiegazioni dall’Italia” – La linea portata avanti sinora da Fca e dal nostro ministero, non ha mai convinto sinora nemmeno il governo tedesco, che da mesi chiede chiarimenti. E non deve essere apparsa troppo valida nemmeno alla Commissione europea, se all’indomani del coinvolgimento di Fca nel dieselgate in Usa, la sua portavoce Lucia Caudet ha detto: “Abbiamo ripetutamente chiesto alle autorità italiane di presentare spiegazioni convincenti e stiamo esaurendo il tempo, perché vogliamo concludere molto presto il negoziato sulla compatibilità della Fiat con la legge Ue”. Parole pronunciate in riferimento al processo di mediazione in atto tra Roma e Berlino, con la commissione a fare da mediatore, dopo che le autorità tedesche hanno formalmente messo in discussione le omologazioni di alcuni modelli Fca di cui è responsabile il nostro governo.

Berlino vs Roma, una diatriba che va avanti da un anno. Ecco la cronistoria – Le autorità tedesche accusano dunque Fca. Quelle nostrane difendono a spada tratta l’operato della casa italo-americana. Uno schema che va avanti da mesi. Le prime accuse a Fca arrivano lo scorso febbraio dall’associazione ambientalista tedesca Deutsche Umwelthilfe, che in seguito a una serie di prove condotte in collaborazione con l’università di Berna sostiene di avere riscontrato anomalie sulla Fiat 500X, che nel corso delle prove avrebbe superato i limiti di NOx da 11 a 22 volte nelle prove a caldo, in condizioni dunque diverse da quelle del test di omologazione europeo e più simili a quelle di guida reali su strada. Deutsche Umwelthilfe parla di “chiara presenza di defeat devices”.

Intanto anche le autorità tedesche stanno conducendo test sui modelli di diversi marchi. E a maggio iniziano a presentare il conto alla Fiat, scoprendo la riduzione del controllo delle emissioni dopo 22 minuti, la questione ancora oggi al centro della contesa. Il ministero tedesco convoca per il 19 maggio i rappresentanti di Fca, che però non si presentano. E a difesa della casa automobilistica scende in campo il ministro dei Trasporti Graziano Delrio che garantisce “piena collaborazione”, ma precisa che “il confronto sulle emissioni dei veicoli Fca deve avvenire tramite le due autorità di omologazione nazionali”.

Qualche giorno dopo, il 7 giugno, il ministro Graziano Delrio, in riferimento a una serie di test condotti in Italia su sette modelli di Fca, tra cui non c’è il modello identico a quello messo sotto accusa dai tedeschi, anticipa i risultati del discutibile report che verrà concluso solo a fine luglio, escludendo l’utilizzo di defeat devices sulle vetture testate. Un’affermazione che nei giorni scorsi è stata in parte smentita da Maria Vittoria Prati, responsabile dei test dell’Istituto dei motori del Cnr che ha contribuito al rapporto ministeriale. A inizio settembre Berlino torna all’attacco: in una lettera inviata a Bruxelles, il governo tedesco sollecita l’apertura di un tavolo di consultazioni per cercare di risolvere il disaccordo sull’esito dei test sulle auto Fca. I sospetti sull’utilizzo di defeat devices non riguardano più solo i motori diesel montati su modelli di Fiat 500 X, ma anche su Doblò e Jeep Renegade. Il governo tedesco chiede la mediazione della commissione europea sulla disputa per la possibile violazione da parte dei veicoli Fca delle regole sulle emissioni, procedura di mediazione su cui ora la portavoce della commissione Lucia Caudet dichiara il tempo quasi scaduto.

Intanto anche la commissione Emis si occupa della faccenda. A ottobre vengono chiamati in audizione a rispondere delle accuse tedesche sia il dirigente del ministero Antonio Erario, che il responsabile tecnologico di Fca Harald Wester. Entrambi ribadiscono quella che è sempre stata la linea: nessun sistema di controllo emissioni viene disattivato dopo 22 minuti, ma solo “modulato”. E il tutto serve a proteggere il motore da guasti. Altrimenti, ha sostenuto due giorni fa Erario, il motore rischia di spegnersi all’improvviso.

@gigi_gno

Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera di precisazione da parte di Maria Vittoria Prati, ricercatrice dell’Istituto Motori del Cnr:

In merito agli articoli apparsi su ilfattoquotidiano.it il 12 gennaio 2017 “Dieselgate, la ricercatrice Cnr smentisce Del Rio”, il Fatto Quotidiano il 13 gennaio 2017 “L’anomalo studio del Cnr sugli scarichi”, ilfattoquotidiano.it il 15 gennaio 2017 “Dieselgate e FCA: non solo Usa”, mi dispiace constatare che il poderoso lavoro svolto sia stato utilizzato superficialmente solo per fare uno scoop. Intendo precisare che sono stata intervistata telefonicamente da un vostro giornalista che mi ha chiesto spiegazioni sul Report del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, inviato alla Commissione europea in agosto, dal titolo “Programma di prove per la valutazione del comportamento emissivo di vetture Diesel Euro 5 commercializzate in Italia con prove in laboratorio e su pista”. Nel corso dell’intervista ho cercato di spiegare la complessità dello studio e ho illustrato i principali risultati raggiunti. Ho inoltre ribadito la validità e la correttezza del lavoro scientifico svolto, rispondendo alle obiezioni del giornalista relative a dati ancora non riportati e alle diverse metodologie utilizzate. Mi preme sottolineare che le conclusioni del rapporto possono essere comprese solo a seguito di un’attenta lettura dello stesso. Comunque intendo chiarire, rispetto a quanto riportato nell’intervista, che al termine di un anno di test approfonditi su veicoli dei principali costruttori non abbiamo avuto nessuna evidenza scientifica della presenza di defeat device vietati installati su di essi.
Napoli, 16 gennaio 2017

Risponde l’autore dell’articolo:
Prendiamo atto della precisazione, che non smentisce né il senso dell’articolo né i singoli virgolettati attribuiti a Maria Vittoria Prati, che confermiamo in toto. “Non abbiamo avuto nessuna evidenza scientifica della presenza di defeat device vietati installati”, precisa ora la ricercatrice. Noi non abbiamo mai scritto il contrario, ma abbiamo correttamente riportato quanto ci ha detto al telefono: “Abbiamo concluso che non siamo riusciti a capire se vi fosse o meno un defeat device”, “Noi non siamo stati in grado di capire se vi fosse o no un defeat device” e “Se questo è un defeat device o è una strategia del costruttore per preservare il motore, io al momento questo non glielo so dire”. Dunque i test non hanno dato prova della presenza di defeat device, ma neanche della loro assenza. Il che è ben diverso da quanto ha dichiarato il ministro dei Trasporti Graziano Delrio.

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